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Attualità

DEGRADO, EREDITÀ SCOMODA

CESARE CHIERICATI - 17/03/2017

veloC’è un Klondike giornalistico in questo anticipo di primavera prealpina, è la vena aurifera del degrado urbano di cui tutti i media ufficiali (di carta e online) si nutrono accompagnati dal coro ineluttabile dei social. È la scoperta ricorrente che in alcune zone della città giardino esiste un consolidato degrado: Piazza Repubblica, le stazioni, via Milano. Consolidato perché affonda le sue radici nel recente passato della città, diciamo, con un buona dose di indulgenza, che l’inizio risale almeno a una trentina di anni fa, a prima della seconda Repubblica che anche a Varese buttò a gambe all’aria i vecchi equilibri postbellici senza tuttavia portare grandi novità positive nel rapporto tra la città e i suoi cittadini. Con l’eccezione della giunta Fassa – Biancheri che ebbe l’indiscutibile merito di dare un volto almeno decoroso al centro storico pedonalizzandolo e pavimentandolo al meglio con il porfido rosso di Viggiù. Si pensava che quell’importante investimento fosse un seme di rinascita, un primo passo.

Non fu così. Lo si capì  subito da un fatto in apparenza trascurabile: le fontanelle disseminate in piazzette e incroci (qualcuna ancora rintracciabile) divennero ben presto cestini porta rifiuti e posacenere aggiuntivi mentre su vasta scala si sperimentavano le cosiddette isole ecologiche deputate alla raccolta del vetro e della carta. In meno che non si dica divennero discariche a cielo aperto dove veniva abbandonato di tutto: dai vecchi materassi ai bidet, dai lampadari dismessi agli oli esausti.

Varese scopriva sulla propria pelle che l’etichetta di “città svizzera” era soltanto uno stereotipo consolidato nel tempo. I fatti raccontavano invece di un’inciviltà becera e  di un imbarbarimento endemico confermato ancora oggi dalla trascuratezza con cui nel centro storico spesso si utilizzano i contenitori sotterranei. Quella delle isole ecologiche fu un’emergenza solo più tardi  mitigata dalla raccolta differenziata porta a porta. Capita tuttavia che non appena  si rende conto dell’esistenza di un’area non sorvegliata, centrale o periferica grande o piccola non importa, una minoranza (?) si affretta a disseminarla di rifiuti di ogni genere. È anche il caso del tratto di ferrovia Varese – Porto Ceresio,  fuori servizio dal 2009, che corre lungo Viale Valganna. Un accumulo  di robaccia sparsa a piene mani nell’arco di anni nel disinteresse delle precedenti amministrazioni a trazione leghista e delle Ferrovie dello Stato impegnate a fare affari con l’alta velocità ma cieche e sorde di fronte al modesto impegno di tenere pulito un sedime di proprietà che solca il tessuto urbano cittadino. Un’altra prova provata che il degrado esiste ed è al tempo stesso causa ed effetto di situazioni socialmente pericolose. Infatti anche lì sul ponticello pedonale di collegamento si creano situazioni di grave insicurezza.

Denunciare è un dovere giornalistico a patto però di storicizzare adeguatamente i fatti. Altrimenti si corre il rischio di mettere in conto alla giunta Galimberti, in carica da solo otto mesi non dimentichiamolo, anche le deiezioni canine non raccolte sui marciapiedi di Masnago da padroni menefreghisti, la rissa tra balordi a Biumo, il cestino porta rifiuti non svuotato di via Marzorati  per ricorrenti amnesie dell’Aspem, votata al minimo sindacale, e via elencando.

Proprio in concomitanza con questi episodi di piccole e grandi trascuratezze, al Liceo scientifico Ferraris l’ex magistrato Gherardo Colombo riaffermava agli studenti una vecchia verità: “La giustizia non può funzionare se i cittadini non hanno un buon rapporto con le regole”. Grandi o piccole che siano non importa, le regole vanno rispettate. Sembra invece che una quota rilevante di varesini un buon rapporto con le regole non ce l’abbia affatto. È li a dimostrarlo la miseranda vicenda dei dissuasori di velocità, i cosiddetti “Velo ok”, installati dal Comune in numero di nove e subito divelti in numero di tre per dimostrare ai media e ai social il proprio “sovranismo” stradale. E  dispiace davvero che la Prealpina abbia ritenuto l’episodio degno di fare da titolo d’apertura della prima pagina omettendo di rammentare subito in prima battuta che nelle vie Giordani, Saffi e sulla provinciale della Rasa, dove appunto sono stati divelti i “Velo ok”, in passato ci sono stati gravi incidenti con morti e feriti.

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