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Opinioni

IL GOVERNO AI POETI

DINO AZZALIN - 24/02/2012

Ho letto da qualche parte che l’agonia di questo nostro Paese terminerà il 21 dicembre 2012, ma se i Maya dovessero dimostrare le stesse capacità di previsione che hanno avuto in questi anni (pro domo loro) economisti, agenzie di rating, primi ministri (compresi anche quelli dell’interno), totalmente incapaci di prevedere e di governare questa crisi, ci toccherà convivere fino alla fine del 2012 e anche oltre, con il leit motiv di Lucio Dalla: “Come tutti gli anni anche questo passerà / ed io mi sto preparando / è questa la novità”.

Peccato però che chi ha investito nella condizione dei “normali” ha perso i riferimenti che, un tempo, si chiamavano “posto fisso”, “risparmio”, “futuro”, ed è grave che una nazione come l’Italia, piena di naviganti e di poeti, abbia lasciato i giovani senza lavoro e senza speranza. I nostri padri ci hanno dato una professione, e noi li abbiamo onorati con una vita dignitosa, e invece ora i padri non riescono a garantirla ai loro figli. Molta informazione alternativa e scomoda, sociologi definiti cassandre, ecologisti definiti catastrofisti, giornalisti del bello e del buono, che mai sono stati creduti, anzi sono sempre stati derisi e sbeffeggiati.

Persino Giovanni Testori nel 1992, sulla Stampa di Torino, aveva previsto che dopo il muro di Berlino con i suoi proclami, sarebbe caduto anche il “capitalismo” come forma di modello di consumo militante. Tutto è accaduto con tragica puntualità ed evidenza. Al punto che una casalinga di quelle attente o un musicista di quelli bravi, avrebbe fatto di meglio o cambiato musica o almeno non avrebbe fatto il peggio in cui siamo finiti. Ma ancora una volta, come da tempo ampiamente annunciato, l’inutilità dei politici, la loro assoluta incapacità a governare hanno portato a quello che succede oggi, un Parlamento paralizzato ma pur sempre ricolmo di privilegi e di arroganti furbacchioni, e quel che è peggio destra e sinistra approvano gli stessi provvedimenti in cui si erano dati battaglia (non potevano farlo prima?) o una Lega (ma dov’era Bossi quando Berlusconi negava ancora la crisi?), che mostra sui muri della città il peggio del peggio. Forse aveva ragione Pier Paolo Pasolini, quando sosteneva che le tivvù, tutte, e la scuola media dell’obbligo dovevano essere abolite, perché avrebbero reso l’uomo sempre più imbecille, e spento le coscienze e creando una pressapochista persuasione occulta.

Diamogli torto! Ma i poeti sono sempre rimasti inascoltati. E se potessi vorrei dire al signor Monti di continuare pure sulla strada segnata, cercando di evitare di farci fare la fine della Grecia, ma di occuparsi di più dell’Italia che dell’Europa, e di non dare retta troppo ai cattivi maestri, soprattutto le banche, i finanzieri di rating, che sono tanti in America, forse non quella di Obama, perché se siamo ridotti così è anche per causa loro.

Credo sia il momento di fare dei bagni di umiltà, dicendo le cose come stanno, non fidandosi delle previsioni né delle televisioni, ma cercando in questa nuova grande depressione, non il farmaco che allontani il sintomo, ma una riflessione profonda che ne evidenzi le cause. E ascoltando di più i grilli parlanti ci possiamo rendere conto che sono fallibili anche le infallibili ricette dei politologi e dei futurologi.

Se ci fermiamo un attimo, come di fatto siamo costretti a fare grazie alla crisi, se ridurremo la nostra aggressività, se limiamo i conflitti, se guardiamo gli altri con l’anima in mano, noi capiremmo che la lentezza è una addizione anziché una sottrazione e con il proverbiale adagio di un saggio, saremo più pronti per l’altro, per il diverso, per l’emarginato, per una ripresa non solo economica ma più umana, perché, datemi retta, i veri poveri non sono qui da noi, semmai qui un po’ più indigenti, meno benestanti di prima, ma i veri miserabili sono quelli, e non hanno vista sul Mondo, chi non ha la forza di chiedere, né un rubinetto di acqua pulita a cui dissetarsi. E se neanche dei naviganti (Schettino docet) ci possiamo più fidare, se neppure Celentano viene preso sul serio e anziché unire il Paese, lo divide, allora davvero ci meritiamo Sanremo e l’Isola dei Famosi. E i poeti non hanno bisogno di audience, né di grandi progetti, loro sanno già tutto, e allora su di loro sicuramente possiamo fare affidamento perché sono sicuro che non governerebbero peggio di… trote, triglie e boccaloni.

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