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Il punto blu

DIALOGO COL DOLORE

DINO AZZALIN - 12/05/2023

Mario Grasso

Mario Grasso

Anni fa, credo sia stato la fine degli anni ‘80 su segnalazione dell’amico e poeta siciliano Angelo Maugeri, allora presidente degli scrittori della Svizzera italiana, mi arrivò un libro fitto di una poetica densa e molto colta, dal titolo emblematico di “Concabala”, per le preziose edizioni di Vanni Scheiwiller, che recava la firma di Mario Grasso autore di Acireale a Catania.

Non ricordo esattamente cosa scrissi, ma lo recensii volentieri per il giornale della mia città. E sono certo che mi colpì la mole di suggestioni poetiche che conteneva, anche perché era un malloppo di oltre duecento pagine e aveva a tratti dei rimandi alla “sicilianità” di allora, quando Leonardo Sciascia (suo amico) imperversava, Gesualdo Bufalino non aveva ancora vinto lo “Strega” e Camilleri non era ancora diventato l’astro nascente della Sellerio con il “Maresciallo Montalbano”.

Ne avevo apprezzato la ricerca linguistica e l’ossessione per i dialetti della Trinacria. Infatti, Mario Grasso dirigeva “Lunario Nuovo” ed era già un grande poeta e non solo siciliano e “Concabala”, forse la sua maggiore opera poetica, di cui anche in questo libro viene ripresa, fu un’ Opera che non passò inosservata. Un poema “marino”, scrisse Giusi Sciortino, che creava il suo peculiare codice simbolico proprio con-cabala, lo dice la parola stessa, una dottrina ebraica atta a identificare l’arte che presume di indovinare il futuro per mezzo di numeri, lettere e segni.

L’operazione di decifrazione di questi simboli e riferimenti socio culturali del testo spetta sempre al lettore che s’immerge in questo viaggio. Un’opera straordinaria in un’edizione di pregio come quelle che faceva l’editore Scheiwiller.

Qualche settimana fa, a pochi mesi dalla sua morte (ottobre 2022), mi è arrivato da Catania un librino, l’ultimo, davvero elegante “A sollevare il giorno …La metafora intendi” edito da Prova d’autore (da lui fondata): anche questo un titolo davvero emblematico che già Silvio Ramat, nella sua eloquente e sapienziale prefazione, indica come “un dialogo con il proprio dolore” e che si districa in verità tra la vicenda della morte del padre e la propria dipartita, visto che il libro è postumo.

Due sezioni dove si rincorrono l’una e l’altra vita, dove si congiungono l’una e l’altra morte in un dialogo magmatico e ossessivo, spesso evocativo e circolare che racchiude una ricchezza poetica di un reale doloroso come la malattia e la morte, che solo i grandi autori sanno dipanare con lievità e potenza riflessiva.

Dopo alcuni aspetti tra cui le suggestioni dialettali della lingua siciliana, e testi di altissimo valore poetico, si conclude “A sollevare il giorno…La metafora intendi”, con il suo respiro -che- ogni albero ripete/ -che- spargono “tante foglie il suo sorriso/fatto maschera nuova/consapevole/dentro il cuore mutevole del mondo/non accenna a sorprendersi se scrivi/soffri, ami/o maledirsi nascere gli basta/essere una molecola sospesa/dentro vento che fugge col cifrario/.”

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