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Parole

QUEGLI OMBRELLI

MARGHERITA GIROMINI - 21/07/2017

ombrelliAnno 2017: arrivano le “ombrelline”.

Una foto scattata durante una manifestazione politica in Abruzzo mostra sei ragazze che sul palco fanno da reggi – ombrello ai relatori per ripararli dal sole e dalla pioggia. Il governatore della Regione si difende, spiega che le ragazze, tutte volontarie, si sono offerte spontaneamente.

Il mio pensiero va alle veline, alle letterine, alle meteorine, alle olgettine, alle ragazze pop pon, a tutte le “ine” del nostro linguaggio comune. Ci metto anche le signorine, persone che continuano ad essere chiamate con il diminutivo anche a sessant’anni nel caso, considerato ancora una disgrazia, in cui non si siano sposate guadagnandosi il diritto all’appellativo “signora”.

Nei giorni successivi ho avuto modo di imbattermi in note di derisione verso quella che, a mio parere, è una spia del problema socioculturale che produce la svalorizzazione del femminile: in fondo, alle ragazze piace il ruolo di sorridente valletta e di gentile sostenitrice; non c’è nessuna discriminazione, gli ombrelli avrebbero potuto reggerli anche i maschi. Volendo, appunto, ma non è capitato.
Si sono lette difese al limite dell’isterico: attenti alle donne che stanno acquisendo il predominio sociale, occupano tanti posti di potere, sono pronte a sposare uomini ricchi per poi distruggerli con divorzi miliardari, godono di speciali privilegi di cui non ci accorgiamo neppure. Banalità, affermate e diffuse a fronte di statistiche che dichiarano percentuali sempre basse sulla presenza delle donne nei mondi della finanza, della politica, della cultura.

Ma torniamo alle “ombrelline”. Mi soffermo sulla foto: un’immagine che ognuno interpreta come vuole. Ma che a me fa l’effetto di una foto triste, con gli uomini seduti comodi, le gambe accavallate, con le donne dietro, il braccio teso a sostenere l’ombrello per tutto il tempo del dibattito.

Tematiche di genere a parte, io vedo sei donne che reggono l’ombrello ad altrettanti uomini. Se in piedi al posto delle ragazze ci fossero stati sei ragazzi, avrei pensato che stessero svolgendo un lavoro retribuito.

I politici presenti hanno provato a spostare il problema sul tema del dibattito, finito in secondo piano. E infatti: qual era il tema? La polemica sugli ombrelli è prevalsa, cosa per me positiva perché una discussione sui temi della parità, anche solo linguistica, può fare solo bene.

Non poche donne hanno reagito al tentativo di normalizzazione/banalizzazione dell’avvenimento: Laura Boldrini e Susanna Camusso, tra le altre. Pronte le donne della Direzione nazionale del Pd che hanno scritto sui social: “La prossima volta l’ombrello reggetevelo voi!”.

“Siamo agli inizi del secolo scorso” ha affermato un politico, maschio, sempre sui social. Una voce isolata.

E dunque, dato che ci troviamo agli inizi del XXI secolo, mettiamo un po’ più di impegno nella battaglia al sessismo presente nella lingua italiana. È quasi del tutto vinta la battaglia linguistica sul femminile delle professioni e dei ruoli: sono pochi oggi a storcere il naso quando sentono parlare di sindaca, avvocata, architetta, assessora. Perché è noto che più si usa un termine inizialmente cacofonico più si familiarizza con il suo suono e si riesce a inserirlo nel linguaggio quotidiano.

D’ora in avanti badiamo ai diminutivi usati per le donne: all’apparenza sembrano vezzeggiativi, mentre ad un esame più attento rivelano la loro natura di “alterati dispregiativi”.

Mi sa che ci serve una piccola riforma della grammatica.

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