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Zic & Zac

L’EQUIVOCO AFRICANO

MARCO ZACCHERA - 18/01/2018

Bidonville a Nairobi

Bidonville a Nairobi

Ogni volta che ho l’occasione di trascorrere un po’ di tempo in Africa o tra le realtà di paesi economicamente disastrati rifletto di come superficiali siano le conoscenze collettive su certi problemi rispetto alla realtà – drammatica – che si vive in buona parte del pianeta.

Da una parte c’è un senso di malessere e preconcetto nell’affrontare il discorso (quando non uno sprezzante razzismo, più o meno camuffato) ma dall’altra non vogliamo renderci conto di come la politica abbia creato e condizionato l’ampia parte “povera” del globo e di quanto questi problemi siano incombenti sul nostro futuro.

In generale sembra sia impossibile concretamente avviare politiche positive, oneste, credibili per risolvere questioni legate all’immigrazione e allo sviluppo sostenibile che a distanza di anni si ritrovano puntualmente più incancrenite.

Dobbiamo renderci conto che tra molto meno di un secolo – andando avanti di questo passo – chi sosterrà la civiltà europea ed occidentale sarà solo una infima minoranza, che le razze si saranno incrociate sempre di più, che l’insicurezza e la paura saranno realtà diffusa, che l’Islam avrà conquistato quasi tutta l’Africa e l’Eurasia e che i nostri nipoti si ritroveranno su un pianeta inquinato, povero, con risorse naturali compromesse. Anche – se non soprattutto – per colpa nostra.

Dobbiamo decidere ora se occuparcene o meno: la mia generazione sarà morta da tempo, ma come a un bambino sono i genitori che impongono le vaccinazioni perché non si ammali, così oggi – in una situazione ancora relativamente gestibile – si potrebbero attuare politiche molto concrete non solo per limitare i danni, ma soprattutto per difendere quelli che sono (o dovrebbero essere) i cardini e i principi di una realtà europea, occidentale, democratica che in qualche modo credo potrebbe garantire qualità di vita migliore, più stabilità e giustizia nel mondo.

Se non si interviene velocemente è tutto già scritto: l’impero romano decadde e scomparve in situazioni simili, solo che oggi tutto è più veloce e – soprattutto – lo spaventoso aumento della popolazione sta comunque compromettendo nel profondo le capacità produttive e naturali del pianeta.

Ricordo bene quando nel novembre del 1980 arrivai per la prima volta a Nairobi e in Kenya c’erano 14 milioni di abitanti, poveri al 90%. Oggi quel paese ha oltre 40 milioni di abitanti e i poveri – anche fossero scesi all’80% – sono quindi diventati numericamente tre volte di più.

Nel frattempo si sono distrutte le foreste, inquinata l’acqua, la gente vive in situazioni spesso drammatiche e le bidonville intorno alle città sono lì a dimostrarlo mentre scuole e ospedali sono drammaticamente insufficienti.

Peggiore è la situazione in molte altre parti del mondo come in Africa Centrale, nel Sahel, in tanti piccoli stati come il Burundi – realtà sconosciute ai più – dove perfino i cigli delle strade sono coltivati a fagioli pur di raccogliere qualcosa da mangiare, ma – mi ricordava sempre don Carlo Masseroni, 45 anni d’Africa – “…quando arrivai qui nel 1968 tutte le famiglie avevano per lo meno una lanterna a petrolio, oggi quasi nessuno può permettersela”.

Sarà un caso, ma intanto i musulmani hanno conquistato gran parte dell’Africa e dell’Asia, crescono enormemente in Europa e gli investimenti degli stati “ricchi” del Golfo Persico hanno fruttato ampie simpatie religiose in Africa, dove ora controllano decine e decine di milioni di nuovi adepti.

Un continente dove dal punto di vista economico e politico gli europei perdono terreno mentre tutto il business, a cominciare da quello energetico, è in mano alle grandi finanziarie internazionali e soprattutto ai cinesi, una piovra che sta succhiando le risorse africane nell’assoluto disinteresse dell’Europa e del mondo, altro che il colonialismo bianco di un secolo fa!

Bisogna pure aprire gli occhi: i manager cinesi controllano di fatto le leadership, le elezioni, le politiche energetiche. Investono, prestano soldi per le infrastrutture che prima di tutto servono a loro (e che i governi locali non saranno comunque mai in grado di restituire) facendole costruire da altri cinesi trattati spesso come schiavi, mentre l’Europa sostanzialmente tace, oppure manda avanti ben pochi progetti divisa sempre tra mille rivalità. È significativo vedere comunque la bandierina europea su numerosi finanziamenti umanitari (mercati, acquedotti locali, scuole) mentre i cinesi se ne fregano di questa solidarietà pur minimale e costruiscono ferrovie, ponti, aeroporti, oleodotti, dighe, spesso con risultati ecologicamente disastrosi e per di più utilizzando manodopera esclusivamente cinese!

Per decenni la presenza dei missionari (non solo quelli cattolici) ha portato avanti una politica positiva ma limitata, ha contribuito a costruire le leadership locali con le scuole, aveva proposto metodi comportamentali, ma la vena si è purtroppo inaridita, il personale è anziano e scarso, le chiese locali molto più deboli soprattutto dal punto di vista finanziario: piccole realtà davanti agli investimenti religiosi islamici e a quelli economici cinesi.

Tra l’altro l’Italia non ha mai considerato adeguatamente il valore di questa presenza di decine di migliaia di religiosi, “volontari” per fede e non per business.

Oltre al disinteresse, Italia ed Europa agiscono a proprio danno con una incredibile ipocrisia: penso agli infiniti vincoli ecologici che giustamente ci auto-imponiamo per qualsiasi cosa e poi i nostri media sono indifferenti davanti alla distruzione accelerata di una buona parte del pianeta, per esempio di quell’Africa ricca di minerali, foreste, pesca: tutto viene distrutto a ritmo elevatissimo (come avviene per gli oceani) e NESSUNO sembra porsi il problema.

Da noi ci sono furibonde campagne di stampa per salvare le tartarughe o le balene: ottime cose, ma non si guarda a cosa di ben peggio si crea con le “concessioni” di pesca che prosciugano e distruggono i mari, con milioni di piccoli pescatori che ora rischiano la fame o agricoltori senza reddito perché la poca acqua disponibile è consumata nelle produzioni agricole delle multinazionali.

Basta che un governante africano corrotto permetta a cifre ridicole una pesca sconsiderata nei propri mari per pochi anni ed ecco che il mare si svuota per sempre: nessuno all’ONU gli dirà nulla, anzi, il voto di quel paese verrà blandito per mille campagne politiche: un sistema così non può continuare.

Alla radice di tutto c’è indubbiamente la voracità umana, la violenza, lo sfruttamento ma c’è anche l’ignavia, l’ipocrisia dell’ONU, la nostra e di quel mondo che definisco “di sinistra” senza voler offendere nessuno, ma che negli anni ’60 del secolo scorso ha trasformato il de-colonialismo in dittature militari (naturalmente “democratiche”) e oggi mantiene centinaia di milioni di persone nella povertà a vantaggio di limitate leadership dove è di moda il “razzismo al contrario”, dove cioè è il nero – anche se cretino – a voler comunque comandare al bianco.

Non tutti i neri sono cretini, per carità, ma se a capo di una struttura si mette un incapace quella struttura crollerà mentre la logica sarebbe non di guardare al colore della pelle (o alla tribù di appartenenza) ma alle effettive capacità di imprenditori, governanti, autorità responsabili. Sarebbe servita una politica della responsabilizzazione dei nuovi paesi, ma è venuta la politica del cimitero con eccidi insensati,

Con la stessa demagogia accogliamo profughi senza regole e non ci rendiamo conto come così si depauperano le leadership dei paesi abbandonati da quei migranti, ci teniamo in casa a costi folli dei disadattati e non facciamo nulla per risolvere a monte il problema ovvero investire sul posto, controllare la corruzione, imporre scelte minimamente logiche e sostenibili, a loro e nostro vantaggio.

Servono investimenti mirati e verificati (quanto servirebbe a tutti i ragazzi europei un soggiorno a “toccare con mano” certe realtà…) soprattutto per creare nazioni più solide, classi dirigenti locali preparate e responsabili.

È importante il volontariato personale, spesso encomiabile e comunque formativo a livello di coscienza individuale, ma dovremmo smetterla di pensare che con la carità distratta a un “vu cumprà” davanti al supermercato si risolvano i problemi del mondo. Servono organizzazione e controllo: imponendo che tutte le Associazioni che vogliono occuparsi di “terzo mondo” chiedano i soldi ma contemporaneamente mostrino i bilanci, a cominciare da quelle “Agenzie” internazionali dove la gran parte dei fondi si perde in stipendi, amministrazione, logistica, strutture quando non aperta corruzione e ben poco arriva al “consumatore finale” che intanto muore di fame o di malattie. È la “resa” strategica di ogni investimento che conta.

Vorrei continuare con mille esempi, ma di fondo c’è sempre una enorme ipocrisia, un frullato di politicamente corretto e di media che portano all’ignoranza collettiva, al disinteresse e per contro alla ostentazione del superfluo, nell’ottica di spingere di fatto verso una società fondata sullo spreco dove invece la prima regola del pianeta dovrebbe essere per tutti quella di razionalizzare e risparmiare energia e cibo dove possibile, per riequilibrare le risorse e anche invitare ed incentivare ad una maggiore consapevolezza demografica senza la quale non può esserci futuro sostenibile.

A parte le tematiche religiose e la follia di pensare ad una potenziale integrazione con il mondo islamico che non la vuole, all’autolesionismo di nascondere e non voler difendere con orgoglio i nostri valori di riferimento storico e culturale vorrei parlarvi di tante altre cose, per esempio di rivoluzionare il concetto di immigrazione, di cambiare la politica degli aiuti internazionali, della necessità di verifiche e controlli dando anche delle possibili soluzioni concrete e quindi avremo tempo di riparlarne convinto che questo sia il vero e più pressante problema strategico del mondo.

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