Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Divagando

LA RICREAZIONE È FINITA

AMBROGIO VAGHI - 18/05/2018

flattaxQuello che a molti per oltre due mesi era sembrato impossibile ha subito un’accelerazione come alla partenza di un gran premio di formula 1. Il Presidente Mattarella, ormai stanco di aspettare vedendo compromessi gli interessi del Paese, aveva dichiarato di avere pronto nel cassetto un governo di garanzia, di tregua che affrontasse scadenze di Stato improrogabili e portasse a nuove elezioni. Pronto a cessare le sue funzioni non appena si fosse costituita una maggioranza politica in Parlamento. Una proposta vista come il fumo negli occhi da parte della Lega e dei Cinquestelle che li ha indotti ad accelerare i tempi.

Hanno subito parlato di “un patto” di governo. Un patto come si fa tra chi non ha reciproca fiducia e ha bisogno di stipule notarili.

Si è giunti dove certi dirigenti politici e insigni politologi italiani non avevano mai pensato, cioè che potesse celebrarsi un matrimonio giallo-verde leghista- grillino. È stato innanzitutto sottovalutato il pericolo per l’avvenire dell’Italia e dell’Europa rappresentato dalla nascita di un governo formato dai due vincitori tanto lontani nei programmi, nei comportamenti, nella loro gestione interna. Un fronte di partiti estranei ai valori della Costituzione che pure un anno e mezzo fa, al referendum, dissero di volere difendere. Ad alcuni sembrava una cosa fuori dal mondo, da scartare in partenza come via d’uscita, tanto appariva impraticabile. Non è stato tenuto in conto che alla fine davanti ad una soluzione che li avrebbe emarginati Salvini e Di Maio avrebbero messo da parte le loro pur grandi differenze e avrebbero tentato di raggiungere un accordo qualsiasi. Non bisognava perdere l’ultimo tram e l’hanno acchiappato.

Prima che ciò avvenisse il Presidente Mattarella aveva visto il pericolo e non aveva escluso un percorso della crisi che recuperasse alla politica costruttiva il Movimento 5 stelle e riassegnasse una funzione positiva al PD togliendolo dal nullismo di una chiusura aventiniana. Evidentemente questo non è stato compreso e l’invito dei Cinquestelle al PD per un confronto non fu accettato. Così decise la maggioranza del PD guidata dall’ex segretario dimissionario Matteo Renzi. Chi fa politica non dovrebbe respingere inviti. Un’occasione perduta dal PD per sfruttare l’evento sul piano della comunicazione, per presentare le soluzioni che intendeva dare ai problemi più gravi del Paese, dimostrare che non era possibile concordare un programma per governare insieme e i fare emergere tutte le contraddizioni del campo grillino. Né andava esclusa una valutazione del processo di “costituzionalizzazione“ in corso in detto campo.

Il fine corsa minacciato dal Presidente Mattarella ha avuto il suo effetto ed i due partiti vincenti hanno cercato di concludere in pochi giorni quanto non fecero in oltre due mesi. Ma dopo la fulminea partenza da Gran Premio già ai primi giri hanno incontrato le ovvie difficoltà tanto da essere costretti a chiedere tempo e ripetuti rinvii.

Mattarella dimostratosi oltre modo paziente verso coloro che in più occasioni gli avevano mancato di rispetto, ha comunque trovato il modo di ricordare come si sarebbe comportato.

  • Non avrebbe dato incarico a costituire il nuovo governo a chi non avesse dimostrato in precedenza un accordo di programma che avesse assicurato una preventiva maggioranza. Niente incarichi al buio a ricercare voti in Parlamento.
  • Avrebbe esercitato con rigore il suo potere di nomina dei singoli ministri. Niente figure incompatibili soprattutto per conflitti di interesse.
  • Avrebbe vigilato sull’assoluto rispetto degli impegni internazionali assunti dall’ Italia.

L’accordo coi punti di convergenza tenuti sempre segreti, sarebbe nato a Milano, non lontano dagli occhi vigili di Berlusconi, in una strana sala parto offerta al Pirellone dal presidente leghista della Regione Lombardia Attilio Fontana, il quale avrebbe desiderato condividere il lieto evento come padrino d’eccezione.

L’euforia era un assai fuori misura. Grossi nodi rimanevano ancora da sciogliere sia in ordine al programma sia sulla persona designata a gestirlo come Presidente del Consiglio, un personaggio esterno essendo alla fine messisi all’angolo sia Salvini che Di Maio.

A un certo punto uno dei promessi sposi ha fatto sapere che stavano lavorando per dare vita ad un governo politico di legislatura. Novità assoluta da parte di chi aveva sempre gridato “al voto, al voto”, subito, senza governi di transizione. E Salvini con ritorni di fiamma rinnova la richiesta di incarico a presentarsi in Parlamento anche in assenza di preventivi accordi politici, alla ricerca dei voti per governare. Evidentemente sicuro il leghista di riceverli da vecchi e nuovi eletti timorosi di affrontare una nuova campagna elettorale dagli esiti incerti. Una pressione indebita sul Presidente della Repubblica giustamente preoccupato di dare al Paese un governo in vista delle imminenti importanti scadenze interne (legge di Bilancio) ed internazionali.

Intanto oltre 1.000 parlamentari da 80 giorni stanno disoccupati girandosi i pollici come se il Paese non avesse bisogno del loro lavoro di legislatori per tante urgenze,

In attesa di un approfondimento dei punti programmatici e delle personalità che lo comporranno tentiamo un primo giudizio sul governo ancora in gestazione al momento in cui scriviamo dando per scontato che alla fine i “patteggianti “ troveranno la bossiana quadra.

Sarà il governo più di destra che l’Italia abbia mai avuto dopo la caduta del fascismo, tanto che lo stesso Berlusconi se ne è clamorosamente tirato fuori. Forza Italia ha già dichiarato di essere all’opposizione sia della flat-tax sia del reddito di cittadinanza. Non li voterà, astenendosi poi o bocciando tutti quei provvedimenti sui quali non sarà d’accordo.

Lega e M5S dovranno dimostrare come conciliare nei fatti le loro propagandistiche promesse elettorali con la realtà della gestione governativa. Flat-tax, abolizione della legge Fornero, reddito di cittadinanza sono cose che costano decine di miliardi che non esistono nelle casse dello Stato. Bisogna recuperarli come vanno ricuperati almeno 15 miliardi se si vorrà evitare l’aumento dell’IVA e una stangata sui consumi. Conti pubblici da tenere a posto e migrazione sembrano i più difficili nodi da sciogliere.

Per i grillini la ricreazione è finita. Finiti gli anni passati in Parlamento ad esporre cartelli, a fare gazzarra senza avanzare una proposta.

Purtroppo non saranno rose e fiori per tutti gli italiani, buona parte dei quali si accorgerà che cosa vuol dire dare retta e votare chi vende fumo.

Sarà un governo pericoloso non solo per le problematiche economiche ma anche sul piano dei rapporti internazionali. Gli atteggiamenti ed i rapporti poco chiari di Salvini con la Russia di Putin preoccupano assai. Aggiungiamo, sempre da parte di Salvini, gli abbracci con la francese Marine Le Pen. Fatti che rappresentano il ribaltamento del sistema di alleanze internazionali rispetto alla fedeltà atlantica e al processo di integrazione europea.

È tempo che ognuno faccia e bene la sua parte nell’interesse non delle poltrone ma del Paese. Il Partito Democratico ha annunciato opposizione dura, speriamo accompagnata da proposte costruttive chiare e ben comunicate all’esterno delle aule parlamentari. Nei due mesi trascorsi nella vana attesa di un governo ha fatto ben poco per dividere l’avversario e rompere la pericolosa saldatura Lega -M5S. Si è tenuto ai margini forse deludendo anche le aspettative del Capo dello Stato. Solo in queste ultime battute ha denunciato nuovamente i vergognosi ritardi dei vincenti chiedendo a Mattarella di porre fine alle meline con la presentazione del suo governo di garanzia e transizione.

L’ex segretario Matteo Renzi dimissionario ha fatto tutto quello che un dimissionario non dovrebbe fare, non sedare le divisioni interne minando l’autorità delle persone delegate a sostituirlo. Ora sarà tutto affidato alle decisioni della più volte rinviata Assemblea Nazionale. Un organismo statutario pletorico di oltre 1000 componenti, creato nella prospettiva maggioritaria e superato dai tempi. Dovrà decidere in una sola giornata. Una conta o poco più. Eppure il PD aveva e ha un grande bisogno di effettuare una approfondita analisi dell’ultimo catastrofico esito elettorale. Se non chiarisce al meglio dove sono finiti i milioni di voti persi nelle periferie urbane e sociali, il come e il perché, ben difficilmente potrà tracciare stando all’opposizione una efficace linea politica e riprendere quota come perno di un nuovo centrosinistra. Una formazione che lavori sempre per includere, creare nuove alleanze politiche e sociali, farle maturare nel tempo, non ricercarle alla vigilia di confronti elettorali.

Cose queste che richiedono un’ampia discussione in un congresso da convocare al più presto. Non per fare processi o ricercare responsabilità personali ma per riflettere sugli errori e non limitarsi alla politica del giorno per giorno, alle pure scelte tattiche. Il PD deve tracciare una strategica linea politica di ampio respiro, con obiettivi e valori ideali alti che riscaldino le menti ed i cuori delle nuove generazioni per raggiungere i quali valga la pena di impegnarsi in politica, destinare parte del proprio tempo e le proprie personali capacità per una società solidale più equa e più giusta. Senza i contrappesi di una forte formazione politica di centrosinistra, anche la stessa nostra democrazia è destinata a correre grossi rischi.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login