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Parole

RIMPATRIATA

MARGHERITA GIROMINI - 25/05/2018

dal film “una gita scolastica” di Pupi Avati

dal film “una gita scolastica” di Pupi Avati

Esiste un forte legame tra la scuola e le storie.

La scuola, quella buona, può raccontarne un numero infinito. La storia del professore prediletto tra i tanti, magari il più severo ma in grado di aiutarci a crescere; le storie dei tanti ragazzi che non hanno dimenticato i giorni passati sui banchi nemmeno se il ricordo è legato a fatiche e a insuccessi.

Ne ho avuto conferma quando un gruppo di studenti di trent’anni fa, oggi ultraquarantenni, mi ha parlato di una rimpatriata con i professori e i compagni della terza media.

Bello questo ritrovarsi a distanza di tanto tempo in nome dell’esperienza scolastica.

Ci vedo una ricerca di senso che parte da lontano, dal momento in cui si è consumato un ciclo di condivisione di esperienze, generatore di amicizie e di legami proseguiti nel tempo.

Gli studenti di allora hanno contattato alcuni professori anche grazie a Facebook. Cosicché alla cena sono mancati solo i pochi che non hanno potuto o voluto esserci.

Gli organizzatori mi mostrano le foto della serata. Visi allegri, gli ex studenti come i professori, ormai pensionati.

Le immagini della rimpatriata non mi suscitano la malinconia che si respira in altri revival, come in certi film, ad esempio “Una gita scolastica” di Pupi Avati, in cui la bella ragazza di un tempo è ora un’anziana donna sola.

Le foto mostrano un momento conviviale tra persone che hanno mantenuto dei vincoli di affetto. Che si sono perse di vista nel corso degli anni ma in poche ore hanno ritrovato la naturalezza di ieri.

Le facce sorridenti ci dicono che quel triennio di scuola media, pur tra le numerose difficoltà della crescita adolescenziale, è stato per tanti un percorso ricco di esperienze e di relazioni importanti.

Ecco le loro storie.

Uno può vantare una buona carriera professionale, un altro è sereno anche se si è dovuto accontentare, un altro ancora si è impegnato più nella famiglia che nel lavoro, qualcuno si dice pentito di non aver proseguito gli studi.

C’è un giovane uomo che ricorda di essere stato uno studente problematico. Negli anni è riuscito a rovesciare le previsioni pessimistiche di molti professori sul suo conto: ha superato i problemi che lo opprimevano quando era il ragazzo fragile a cui erano riservate poche chance.

La scuola è un grande contenitore di storie, variegate e composite, un insieme multiforme di vicende umane affidate alle mani dei docenti a cui spetta il compito delicato e affascinante di ampliare gli orizzonti dei futuri uomini e donne.
I professori raccontano: di questi ragazzi, ma anche di altri, dei tanti incontrati nei lunghi anni di lavoro. Una sorta di galleria privata e intima che solo a loro è consentito esplorare appieno.

Quando è la volta dei giovani emergono aneddoti divertenti della vita in classe, come quella gita di fine anno o le tre mattine degli esami di licenza.

La chiave delle storie ce la fornisce uno di loro. Spiega come mai il professore seduto a capotavola era speciale, benvoluto da tutti i ragazzi anche se nella classe entrava per due sole ore alla settimana. Gli ingredienti principali del suo insegnamento erano la considerazione per ognuno, le parole di incoraggiamento, i rimproveri necessari ma sempre rispettosi, la presenza stimolante nelle difficoltà.

Quel docente, come tanti altri che forse non lo sanno neppure, ha impresso un segno nella sua vita di adolescente bisognoso di supporto e gli ha fornito un modello che ha condizionato positivamente le sue scelte di vita.

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