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Opinioni

ARBITRI CHE ODIANO LA VAR

CESARE CHIERICATI - 12/10/2018

var“Chiaro ed evidente”, due aggettivi che stanno cambiando la breve storia della Var, la Video assistenza arbitrale entrata lo scorso campionato nel panorama calcistico italiano mutandone, in positivo, abitudini e costumi almeno per quanto concerne lo sviluppo e gli esiti del gioco in area di rigore. Sono solo quattro i casi in cui è lecito per i direttori di gara farvi ricorso: segnatura di un goal, assegnazione o meno di un calcio di rigore, espulsione diretta di un giocatore, errore di identità nell’attribuzione di un fallo. Solo l’arbitro e gli assistenti di bordo campo (guardalinee e quarto uomo) possono chiedere l’intervento della Var, composta da due ufficiali di gara (un titolare e un vice) che collaborano con l’arbitro grazie all’aiuto di filmati.

La procedura di intervento è semplice: 1. Il tandem Var informa l’arbitro se c’è una situazione da rivedere 2. Rivedono e spiegano cosa è accaduto in base a quanto ripreso dalle telecamere da diverse angolazioni 3. l’arbitro, disegnando nell’aria con le mani il perimetro di un schermo, può rivedere a bordo campo la situazione dubbia. Alla fine di questo iter, che nella concitazione della partita può risultare insopportabilmente lungo, è comunque il direttore di gara a decidere. Diciamo che così come è stata applicata nel campionato 2017/2018, la Var lo ha trasformato da monarca assoluto a primus inter pares, una diminuzione di status che, pur tra qualche errore di troppo, aveva contribuito ad attenuare i dubbi sulla regolarità del gioco dentro l’area e a svelenire il clima agonistico sia sul campo sia sulle tribune. In definitiva più certezze, più elementi di verità e meno discrezionalità.

Non tutti i fischietti pero l’hanno presa bene, alcuni più di altri si sono sentiti messi sotto tutela, limitati. Soprattutto quelli afflitti da eccessivo protagonismo alimentato da una quota di narcisismo in eccesso. Ecco allora che abbastanza sotto traccia quest’estate è avvenuta una sorta di restaurazione con l’introduzione nel protocollo dei due aggettivi di cui sopra. Nel campionato in corso le decisioni arbitrali possono quindi essere cambiate solo in caso di “chiaro ed evidente” errore. Il che ha restituito alla classe della giacchette nere, così si chiamavano un tempo, parte del potere perduto. Infatti il ricorso alla tecnologia è nettamente diminuito con una inevitabile impennata dei casi dubbi non investigati coi nuovi mezzi e conseguenti malumori e proteste. A farne le spese in particolare il Torino di Urbano Cairo e di Walter Mazzarri. Contro Roma, Napoli, Udinese e Frosinone, dunque il cinquanta per cento delle partite disputate, ci sono stati episodi meritevoli dell’ausilio Var che è invece mancato non sappiamo se per insipienza degli arbitri controllori o per inveterata e permanente supponenza della categoria. Fatto sta che l’arbitro Pessuto, da appena due domeniche promosso in A, sulla seconda rete dei frusinati non ha chiesto il Var per un fallo sul portiere granata Sirigu che per proteste è stato poi anche ammonito. Per sua natura essendo uno sport di contatti, il calcio, soprattutto sotto porta, è più popolato di dubbi che di certezze, comprese le simulazioni e le furbate dei giocatori. Separare il grano dal loglio è impresa ardua, servono preparazione tecnica, condizione atletica, abitudine alla pressione spesso inurbana dei tifosi e pure una buona dose di sangue freddo.

Con la grande velocizzazione del gioco tutto poi si è fatto più complicato e difficile. Per tacere degli enormi interessi che oggi molto più di ieri si muovono dietro al pallone. Una scelta arbitrale può spostare milioni di euro influendo per esempio sulla partecipazione o meno a una coppa europea e quindi “indirizzare” i destini di una società e dei suoi azionisti. Per tutte queste ragioni la tecnologia in campo va accettata e usata con grande umiltà, una qualità che scarseggia nella classe arbitrale da sempre addestrata all’autoreferenzialità e al decisionismo spesso gratuito e controproducente. Lo dimostra del resto il fallimento imbarazzante degli arbitri di linea, ora aboliti, che, pur vicinissimi all’area, per malintesa solidarietà di categoria facevano quasi sempre finta di non vedere ciò che il collega non aveva in effetti visto. E che avrebbero avuto il dovere di segnalare. L’impiego della tecnologia Var li ha, per fortuna del calcio, definitivamente cancellati. La strada è stretta, ma è quella giusta.

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