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Divagando

ASPETTANDO MATTARELLA

AMBROGIO VAGHI - 02/11/2018

Giovanni Gronchi visitò Varese il 16 dicembre 1958

Giovanni Gronchi visitò Varese il 16 dicembre 1958

La notizia di una probabile visita del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella alla città di Varese mi ha suscitato qualche ricordo. Due di queste massime autorità dello Stato ho avuto l’occasione di conoscerle da vicino. Il primo e l’ultimo in ordine di tempo, cioè Giovanni Gronchi e Giorgio Napolitano. Sì, proprio Giovanni Gronchi, che la stampa locale continua ad ignorare, fu ospite di Varese, Sindaco l’avvocato Lino Oldrini. Fu una visita molto rapida, credo in occasione di un passaggio di Gronchi alla Cassinetta di Biandronno, dove il mitico Giovanni Borghi aveva fatto erigere una moderna residenza per ospitare immigrati dal Meridione che lavoravano all’Ignis. Un fatto sociale che andava sottolineato nell’Italia di allora tanto che quella residenza, trasformata successivamente in hotel, venne dedicata al Papa Paolo VI. Gronchi venne accolto nel salone Estense del Palazzo Comunale da Sindaco, Giunta e da tutti i Consiglieri. Presenti autorità locali civili, religiose e pochi altri invitati.

La figura del Presidente che era salito al Quirinale dopo Luigi Einaudi, per molti portava ancora la macchia della sua partecipazione come sottosegretario del Partito Popolare al primo governo di Benito Mussolini. Gronchi si era ravveduto e il suo antifascismo fu in seguito espresso nella protesta dell’Aventino e nella fondazione del Partito della DC. Recentemente aveva dichiarato aperture ad una collaborazione governativa col Partito Socialista. La figura era altera, non sprigionava empatia tanto che il mio ricordo è sbiadito e sopraffatto da quanto mi capitò poco prima quando Oldrini presentò uno ad uno i Consiglieri Comunali all’arcivescovo di Milano Giovanni Colombo. Il mio nome, Ambrogio, non molto diffuso, provocò meraviglia al massimo reggitore della diocesi ambrosiana. Quando poi gli dissi che entrambi i miei nonni, paterno e materno, erano di nome Ambrogio ne fu addirittura divertito da complimentarsi per l’ambrosianità della mia famiglia.

Il Presidente Gronchi si limitò a rispondere al saluto del Sindaco con un discorso di circostanza. Terminata la cerimonia e partito l’illustre ospite, egli mi rivelò come erano andate le cose. Fu sorpreso quando dalla segreteria della Presidenza della Repubblica gli chiesero di trasmettergli giorni prima il testo del suo discorso. Un consolidato protocollo per permettere al capo dello Stato di rispondere adeguatamente. Una prassi però che meravigliò assai Oldrini, estroverso avvocato penalista di alto profilo, abituato a parlare “a braccio” e dalla battuta pronta.

L’ultimo Presidente che ho visto a Varese è stato, come molti ricorderanno, Giorgio Napolitano nel 2011. Una visita relativamente recente, che ha suscitato entusiasmo popolare e realizzato molti contatti sociali ed istituzionali. Eppure si trattava di una visita di cortesia, non ufficiale, gestita dal Quirinale. Era la seconda tappa del tour iniziato a Torino per celebrare il 150° dell’Unità d’Italia e il Presidente passando una giornata a Varese aveva in diverse occasioni sottolineato il significato della battaglia combattuta qui da Garibaldi, determinante sull’esito della seconda guerra per l’Indipendenza. Trascuro i dettagli perché stanno ancora nei ricordi di molti lettori.

Fui presentato al Presidente sotto i portici del Palazzo comunale dall’amico professor Ghiringhelli come “un autorevole dirigente varesino del Partito Comunista Italiano presente nel Consiglio Comunale per ben 23 anni”.

Nel trambusto del momento le parole giunsero sicuramente male all’orecchio di Napolitano, tanto che mi disse stringendomi la mano: ” Ma tu non hai 23 anni”. “Certo che non li ho… ho i tuoi anni, Presidente – precisai – e 23 sono gli anni passati al servizio della città”. Una bella risata da parte di entrambi.

La prossima visita di Mattarella in onore di Giuseppe Garibaldi viene già “vista da destra o da sinistra” come recitava la rubrica di un diffuso settimanale umoristico del passato.

Ha fatto bene il Sindaco Davide Galimberti ad accogliere le sollecitazioni della “Associazione Varese per l’Italia 1859” di farsi carico, a nome della città, dell’invito al Presidente per partecipare alle celebrazioni del 160° anniversario della Battaglia Varese, il 26 maggio del 2019. Qui Garibaldi sconfisse gli austriaci in una cruenta battaglia nella quale combatterono e caddero da eroi alcune figure del nostro Risorgimento. Galimberti ha interpretato l’orgoglio e i sentimenti di gran parte dei varesini che per tanto tempo ebbero modo di celebrare il fatto storico avvenuto nella loro terra. Un dovere per chi intende rappresentare tutti i cittadini a prescindere dai personali convincimenti sulla figura di Garibaldi e sulla valenza che la battaglia ebbe nel quadro della vittoriosa guerra d’Indipendenza.

Un atteggiamento opposto a quello del precedente Sindaco Attilio Fontana che dieci anni prima rifiutò l’offerta fattagli dalla “Associazione Varese per l’Italia 1859” di presiedere le celebrazioni del 150° anniversario della battaglia. Quale membro fondatore di detta associazione feci parte della delegazione che offriva al Sindaco quell’onore. Ne nacque una discussione per nulla simpatica. Motivo del diniego il fatto che, a detta del Sindaco, quella di Biumo fu poco più di una scaramuccia definita battaglia per esaltare la figura di Garibaldi. Peraltro, secondo Fontana, un avventuriero ladro di cavalli, cosa certificata dall’orecchio mozzato, che sarebbe stato nascosto dai lunghi capelli. Una vulgata già sentita ma per nulla attinente alla battaglia vittoriosa condotta da un migliaio di Garibaldini contro 6.000 austriaci. Costoro furono nuovamente battuti giorni dopo a San Fermo, poco più sopra l’abitato di Como dagli stesso garibaldini che li avevano seguiti a distanza, attaccandoli con la strategia mordi e fuggi della guerriglia. Garibaldi aveva infatti ricevuto dal Re sabaudo Vittorio Emanuele II l’incarico di fare guerra di movimento impegnando il nemico nelle Prealpi lombarde.

Il sacerdote Della Valle, patriota e parroco di Biumo, nel suo noto libro -diario di quelle giornate, introduce l’aggettivo “partigiana“ per determinare la guerra che avrebbe dovuto condurre Garibaldi secondo il mandato monarchico. Questo dice molto a noi e a tutti coloro che hanno conoscenze di come venne condotta dai partigiani gran parte delle lotte della Resistenza italiana contro fascisti e tedeschi.

Tornando al “ gran rifiuto” di Fontana voglio sperare che nel frattempo egli si sia documentato su quanto quella “scaramuccia” abbia influito sull’esito della seconda Guerra d’Indipendenza.

Per punire il popolo dal suo unanime ed entusiastico insorgere contro gli austro-ungarici fu mandato a Varese il terribile generale Urban con 10.000 uomini. Bombardò la città, chiese alla popolazione il versamento di una enorme taglia, arrestò i maggiorenti e patrioti che avevano diretto l’insurrezione decidendone la fucilazione. Quei soldati giunti con tanto di cavalli e cannoni, furono sottratti al grosso dell’esercito Imperiale schierato per la battaglia di Magenta. Secondo gli storici più accreditati questo indebolimento favorì l’esito vittorioso dell’esercito Franco – Piemontese e di conseguenza la vittoria finale nella stessa seconda Guerra dell’Indipendenza.

Coerente con sé stesso l’allora sindaco di Varese non si fece vedere alle celebrazioni del 150°, ma è certo che il 26 maggio prossimo come Presidente della Regione Lombardia l’avvocato Attilio Fontana parteciperà alle celebrazioni della “scaramuccia” con tanto di tradizionale fascia tricolore. È tramontato il tempo dei fazzoletti e delle cravatte verdi esibite polemicamente dai maggiorenti della Lega il giorno della visita del Presidente Napolitano, unitamente alla mancata esposizione della bandiera italiana sul balcone di Palazzo Estense.

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