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Qui Haiti

CHE GRANDE INTERVENTO

JANUSZ GAWRONSKI - 16/11/2018

scuolaLa scuola metodista è stata chiusa con i catenacci, poi inchiodata con tavole storte, perentorie. P. non si vede, è chiuso in casa. La moglie resta nella parte alta della piazza, sfidante.

-Anouch, devi stare molto attento con P.

-Perché?

-Non lo conosci. È capace di tutto. Anche uccidere.

-Può darsi. Io però ti dico questo. I problemi della scuola li ha causati lui. Qui stiamo rincorrendo una situazione folle. Se la scuola ha chiuso, lui deve solo ringraziare se stesso.

-…

-Ti dico anche questo: che quando parla con me, P. ci prova a fare la voce grossa, ma alla fine è come un asinello, che si fa attaccare esattamente dove uno decide di attaccarlo.

Uno della diaspora si è attivato per farci avere le chiavi della scuola. Inizialmente ritenevo che fosse essenziale riuscire a subentrare. Mi pareva essenziale poter utilizzare almeno i banchi, le sedie, le lavagne. Poi ho chiamato Christian, che li produce, ed è emerso che sono facilmente costruibili, basta saper saldare.

-Janusz, se li fai in ferro, il materiale per un banco/seduta da tre-quattro allievi di costa al massimo milleduecento gourde – diciassette dollari e mezzo.

-Ma … allora insegnami, che me li faccio da solo!

-Posso provare a mandarti lì il nostro fabbro, per una settimana. Che ne dici?

-Non avrà problemi a insegnare ad altri il suo mestiere?

-Qui sono strani, Janush, per loro non esiste la gelosia del know-how, gli basta che paghi il prezzo.

-…

-Piuttosto, non so quando si libererà, ha una grossa commessa.

-… e io, Christian, non ho il tempo di aspettare. Che ne dici se ti mando lì due o tre dei miei, per un giorno, a imparare?

-Così sarebbe molto più semplice, in effetti.

-Lunedì?

-Fammi sentire, fondamentalmente credo si possa fare. Il fabbro è un mio stipendiato, alla fine fa quello che gli dico di fare.

Sull’eventuale utilizzo della scuola di P., interrogo i notabili in merito. Rispondono insieme, all’unisono, senza sfumature di posizione. Sui metodisti: che sono irrimediabilmente corrotti. Ammesso che offrano le chiavi, esigeranno di intermediare i fondi, ne tratterranno una bella parte. Sulla coppia P.-moglie: che è meglio non avvicinarsi neanche al loro territorio.

-Capisco. Dirò una bruttissima cosa, ma la dirò. Che la scuola di P. resti chiusa, inchiodata, come un monumento muto, il quale ogni giorno ricorderà al villaggio del loro tradimento.

La diaspora può pensare quello che vuole, ma i miei nella scuola metodista non vogliono entrare, quasi fosse maledetta. Pesa la figura del direttore, la lunga storia delle violenze, mai denunciate, mai sopportate.

Scambio messaggi con il donatore americano, il quale, partita la coppia P., è tentato di tornare a finanziare. Il nostro gesto di aprire una nuova scuola lo incoraggia. Lui vorrebbe il controllo assoluto dell’istituto, per non rischiare di cadere nuovamente nella situazione di aprile, quando si è trovato prigioniero di una direzione indesiderata, che non poteva licenziare.

Sopralluogo all’usine, l’edificio GasMuHa temporaneamente prestato alla scuola. È un edificio alto, il più grande e imponente del villaggio. Qui nelle intenzioni degli espatriati si sarebbe prodotto ghiaccio per i pescatori. Finché tutto è andato storto. Il padre ha avuto problemi con la giustizia. Il figlio J è stato assassinato da un gruppo di fuoco della concorrenza. L’amico R., all’epoca ricchissimo, ha dilapidato un centinaio di milioni di dollari, vinto alla lotteria, in donne, fino a non avere nulla. L’edificio trasuda energia e fallimento umano.

Luc ce lo ha concesso in affitto per nove anni, rinnovabili per altri nove, a nostra scelta. Possiamo effettuare migliorie, in un’ottica di permanenza prolungata. Era occupato da alcune famiglie, che sono state rilocate. Qualcuno ha portato via le masserizie.

-Gli intonaci non sono belli.

-Anouch, chiamiamo un boss e facciamo sistemare.

-Sì, Nené. Ci pensi tu?

-Chi chiamo?

-Se chiedi a me, ti dico Jean Jean, che è veloce, e ha bisogno di lavorare. Per; dovete dire voi del villaggio.

Nené mi guarda beffardo.

-Anouch, potrei chiamare il tuo amico R.!

  1. era quello che barava sui preventivi del prete, e anche sui nostri, fino a qualche mese fa. Faccio il gesto dell’ombrello.

-In Italia si fa così, Nené.

Nené ride di gusto.

-Va bene, allora chiamo Jean Jean.

-Era qua dietro, qualche minuto fa. Con E.

Interviene madame Evena: JJ sì, E. assolutamente non lo vogliamo, dopo le ultime malefatte con R.

-Le classi dove le mettiamo?

-Di posto ce n’è tantissimo, Anouch. Qui, nella più grande, metterei i piccoli, con i giochi, i tavolini, i materassi per dormire.

-Anche per loro i banchi?

-Tavolini, da quattro, mr. Anouch. Uno per lato. Se ne metti cinque o sei, si spintonano, si mordono … può finire male …

-Si mordono?

-Sì, mr. Anouch. Sono piccoli. La scuola lentamente insegnerà loro le regole della convivenza.

-…

-Quindi, niente sedute comuni, ma sedie piccole, individuali, dove ogni bimbo è padrone.

Facciamo la lista dei primi lavori, da eseguire a tempo di record: è il diciannove, il primo ottobre i bambini si aspettano di entrare.

-La cucina dove la mettiamo?

-A destra, Anouch, nella stanza di là.

-No, – interviene Rodney – meglio fuori, davanti al deposito, no? Così ogni giorno si attingono le scorte, si è già lì.

-In effetti. Cucina all’aperto?

-Sì, sfruttando anche l’ombra degli alberi.

-Serve una tettoia?

-Si dovrà fare, ma non subito. Intanto, i rechaud respireranno, l’aria porterà via il calore delle marmitte.

La preparazione del cibo è un tema delicato e importante.

-Come impediremo il solito assalto alle scorte alimentari?

-Semplice, Mr. Anouch – risponde madame Evena – recintiamo la proprietà, mettiamo un guardiano all’ingresso, a scuola entreranno unicamente scolari e insegnanti.

-…

-A qualcuno sarà concesso, come da tradizione, di portare il cibo a casa.

-A casa? Sono contrario, ragazzi. Offriamo cibo ottimo e abbondante ai bambini, e stop.

Da ultimo, discutiamo delle toilette, che non esistono. Nenè suggerisce di fare latrine. Io chiedo wc con acqua corrente. L’acqua l’abbiamo, a pochi metri. Per quello che possono costare, i wc cambiano la vita. Identifichiamo l’area dove realizzare la fossa biologica. Gli haitiani guardano verso di me, per istruzioni. In un’isola dove non esiste acqua corrente, non esiste neanche una cultura fognaria. Non ho la più pallida idea di come si faccia, una fossa biologica. Immagino sia una sequenza di due vasconi, stagni, ognuno da sei/dieci metri cubi, con un troppopieno finale. Scriverò a Massimo, lui mi dirà. Domattina la squadra lascia i campi e viene qui a scavare.

Luc ha fatto tagliare tutti gli alberi in queste settimane. Ci ha affittato la proprietà, ma si è ritenuto proprietario della legna.

-Luc, la legna faceva parte dell’affitto!

-No, che dici, Mr. Anouch!

-Allora almeno fai pulire e portare via, che fra undici giorni qui ci saranno cento bambini!

L’anziano mugugna. So già che dovranno fare anche questo i nostri.

L’apertura di una nuova scuola pare un’operazione avvincente. Parliamo di libri, divise, sicurezza, maestri, orari, tettoie, riso, cemento, didattica, obiettivi. Siamo pervasi da un senso di missione, servizio agli ultimi. Da Roma, G. dona i primi euro, per partire. Ne servono molti di più. Vedremo.

Intanto il mare, in fiamme, si carica ancora, sprigiona nuvole, si accorda coi venti, calcola il gesto, di scagliarci in testa il primo uragano della stagione.

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