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Qui Haiti

INFERNO

JANUSZ GAWRONSKI - 21/12/2018

?????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????Diario Haiti – 181205 è un video amatoriale, di qualche giorno fa. Ad Haiti tutti lo hanno visto. Non si parla d’altro. Lui è giovane. Lo spingono avanti, verso la riva del mare. Avanza, incerto. Una voce fuori campo lo incoraggia: avancez! Arrivano i colpi, di mitraglietta. Il corpo esplode, si accascia. Chi riprende, con il cellulare, avanza, riprende da più vicino. La voce fuori campo dice: è ancora vivo, aspetta. Una seconda scarica, sulla testa. Il cameraman inquadra qualcosa. Si vede una mano che si abbassa. Un pezzo di cranio, con della materia cerebrale. Risate.

La polizia ritiene di aver identificato, ha arrestato, almeno uno degli autori di questo atto di normale atrocità.

Parte del problema sono le gang, che si affrontano per il territorio. Le gang hanno ripreso quota. Poteva andare diversamente, con la fine della missione dei caschi blu? La popolazione assiste, senza avere voce in capitolo. La popolazione non ha la facoltà di stare da parte: deve schierarsi, per questa, per quella gang. Per questo, la popolazione deve ricevere messaggi inequivocabili, esprimere assenso. Giorni fa illuminati esponenti di una gang sono entrati nelle baracche, con fucili e machete. Persone tagliate a pezzi. Incluso un bambinetto, di appena tre anni. Così. Almeno la gente capisce chi comanda. È una forma di comunicazione efficiente, e costa poco, solo qualche ora di raid, qualche inutile vita spenta. Speriamo che le gang rivali non si siano scoraggiate, abbiano già programmato la contro-comunicazione.

Non si capisce più niente. Ministri, ex ministri, non rispondono al telefono, ignorano i messaggi.

-          Cercavo A.

-          Non c’è, – mi risponde un uomo di pelle chiara, brusco. – è a Cap Haitien.

-          Ma torna, nei prossimi giorni?

-          È a Cap Haitien! No, non torna, non sappiamo.

-          Posso chiamarlo sul cellulare?

-          Se hai il numero, blanc.

-          Gli mostro il numero che ho.

-          È quello.

Niente. A. non risponde. Che diavolo.

Non si capisce chi stia manovrando le agitazioni. La ex maggioranza? Le gang? La polizia fa retate. Circondano un quartiere, in cinquecento. Quindi passano, casa per casa. Sparano solo se serve. Qualche morto a retata, è normale.

Hanno arrestato ottanta persone. Pesci piccoli, ma anche tre capo-gang. Non è male.

Lo zero virgola percento della popolazione maschile di Haiti, che già conta solo metà della gente, questo zero virgola percento, decide e attua praticamente l’intero dispiegamento di violenza del paese. Probabilmente, basterebbe blindare qualche centinaio di persone, buttar via la chiave, per ricominciare a vivere. Un atto sommario, ingiusto, risolutivo. Fossi il dittatore, lo farei senza esitare.

Nella retata è finito il delinquente più ricercato del paese. Incredibile. Una svolta. Tuttavia, è arrivata una Mercedes bianca, targa ufficiale, uomini armati. Lo hanno tolto alla polizia. Sono usciti dal cordone. Il maxi-ricercato è di nuovo libero.

Qualcuno immortala l’auto, mentre si allontana. La targa.

Il presidente del senato annuncia una conferenza stampa. Rivelerà a quale alto ufficiale corrisponde la targa. Tutti vogliono sapere. Finalmente un politico coraggioso. L’attesa è parossistica.

L’indomani arriva. Presidente del senato. Capo della polizia. Giornalisti. Il presidente del senato non parla. Si arrabatta a spiegare che la targa, è emerso nella notte, non corrisponde al modello di auto, alla Mercedes bianca. Non è possibile affermare con sicurezza. Spetta alla polizia indagare. La polizia già sa. Che dica. Il capo della polizia non ci sta. Scaricabarile, penoso. I giornalisti assistono.

-          Devono averlo minacciato, pesantemente.

-          …

-          Ad Haiti, nessuno è davvero al sicuro, neanche la seconda carica dello stato. Se vogliono farti la sorpresa, ci riescono. Tranquillamente.

-          …

-          A te. A tua moglie. Ai tuoi nipotini, i quali, tutti sanno, vanno nella tale o tale scuola d’elite.

A Petion Ville una madre ha accompagnato i figli a scuola. I figli sono scesi, sono entrati. L’auto è ripartita, nel traffico. Sempre il traffico. Si sono fatti avanti, in due, con le pistole. Scendete dalla macchina. Hanno provato a aprire le portiere, che erano bloccate. Lo chauffeur, per calmarli, ha spento il motore, per dire: tranquilli, non scappiamo. La madre di famiglia, padrona, mentre quelli armeggiavano sulle maniglie, gli ha urlato di riaccendere, ripartire. Il traffico nel frattempo si era dileguato. L’auto è saltata in avanti. I banditi hanno sparato, alzo zero, crivellandola. L’auto non era blindata. Miracolosamente, nessuno è stato ferito. Dovevano essere pistole da nulla. Comunque l’auto è tutta bucata.

-          È strano che abbiano agito così, in pieno giorno, nel traffico.

-          A Petion Ville, per di più!

-          Già. C’è più polizia che altrove. Poteva sopraggiungere una pattuglia. Poteva essere presente qualche agente in borghese.

-          La gente, se può, reagisce?

-          Perché no. Sì, a volte sì.

Nei giorni di manifestazione, la gente non osa avventurarsi per le strade. Morirà qualcuno, come al solito. Non molti. Due o tre, ufficialmente. Una decina, al massimo, se una gang fa le cose in grande. Polizia e gang presidiano le strade principali, gli incroci inevitabili. I più pericolosi, oggi, sono a Martissant, Carrefour, Tabarre.

Oggi arriva H. Insieme, dobbiamo andare a un appuntamento, alle 15. Non dovrebbe esserci traffico. Il traffico, ce ne fosse, ma non ce ne sarà, il traffico aiuta a nascondersi. Preferirei ce ne fosse, di traffico, oggi pomeriggio.

Il disastro di Haiti è riassunto dal crollo del cambio. Quattro mesi fa i miei dollari valevano sessantatré gourde per dollaro. Oggi me ne danno settantacinque. In quattro mesi, il diciannove percento in meno. È la misura della fuga di capitali. Tutti vogliono dollari, che si apprezzano. Nessuno vuole gourde, considerati potenziale carta straccia.

-          Prova a immaginare la direzione del flusso, di danaro.

-          Che intendi, Anouch?

-          Chi può, acquista dollari.

-          Ovvio. Come saltare da una piroga a una nave da crociera.

-          Il movimento è: dall’insicurezza, dal tessuto, dal popolo haitiano, alla sicurezza, al tessuto, al popolo americano.

-          Dove vuoi arrivare.

-          La direzione di chi può è quella.

-          Allora?

-          È un segnale.

-          Un segnale.

-          Sì, un segnale. Indica la direzione. Dice cosa dobbiamo fare.

-          Dobbiamo spostarci sul popolo americano?

-          La direzione giusta è quasi sempre inversa alla corrente. Il segnale è chiarissimo. Bisogna restare.

-          …

-          Mai come adesso, restare.

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