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Parole

IL PELLEROSSA

MARGHERITA GIROMINI - 20/12/2019

pellerossaEcumenico e appassionato è il richiamo di Papa Francesco all’importanza del presepe.

Inappropriato e quasi quasi minaccioso, quello di Franco Gabrielli, capo della Polizia.

Papa Francesco spiega l’importanza di ripetere l’intuizione che fu del Santo di Assisi: costruire un luogo dove mettere in scena la Natività, allestire uno spazio dove inserire elementi che inducono non solo all’emozione ma anche alla riflessione.

Le famiglie che ogni anno preparano nelle loro case un presepe ripetono gesti antichi anche se non sempre sono pienamente consapevoli dei rimandi storici di ognuno dei simboli presenti.

Conoscerne la storia, approfondire il significato di ogni figura rappresentata nella scenografia del presepe aiuta ad attribuire un preciso valore a quegli aspetti che rimandano al senso profondo della tradizione giunta fino a noi attraverso tanti secoli.

La rappresentazione della Natività parla ai credenti ma anche agli altri, ai non credenti, che al Natale affidano il richiamo al senso della famiglia, allo stare insieme, alla rivisitazione degli affetti, allo scambio di doni come manifestazione della forza dei propri legami.

Nella lunga lettera pastorale Papa Francesco si impegna a ripercorrere ogni momento del presepe, scomponendolo in fasi dalla chiara matrice pedagogica che mostrano l’intento di realizzare un percorso di consapevolezza

Le parole pronunciate da Franco Gabrielli invece suonano come sottilmente ostili e categoriche. “Dovremmo” fare il presepe ed esporre i simboli religiosi del nostro credo perché, rifiutandoci di compiere questo gesto, rischieremmo di apparire come soggetti di cui diffidare, persone che ignorando la propria tradizione religiosa si espongono a possibili “reazioni” dei concittadini.

Non è molto chiaro a quale tipo di reazione saremmo soggetti se ci mostrassimo “resistenti” al presepe.

Forse ci sottoporremmo alla pubblica diffidenza perché, rifiutando di mantenere vivo questo importante simbolo del Natale, contribuiremmo a indebolire la nostra identità già minata dalla presenza degli immigrati.

Così il presepe si fa strumento di contrapposizione nei confronti di chi “non vuole” mantenere ed “esibire” le proprie radici cristiane.

Io continuo a credere che l’adesione al presepe così diffusa tra la gente renda assurdo il solo pensiero che servano sollecitazioni o minacce da rivolgere a chi la pensa diversamente.

Il presepe è la rivisitazione dell’evento su cui si fonda la storia dell’Occidente.

Il suo valore si manifesta in ogni aspetto: nella statuina di una donna pronta al parto, richiamo al significato dell’amore materno come nella figura di Giuseppe, simbolo della forza di una paternità non necessariamente biologica.

È poco natalizio accettare il presepe per paura delle (improbabili) “ritorsioni” di qualcuno, come un ipotetico vicino di casa affetto da spirito revanscista e fondamentalista, pronto a punire chi ha scelto l’albero di Natale anziché il presepe.

Il presepe nasce dentro una religione i cui cardini sono l’amore, la fratellanza universale, l’adesione libera e consapevole alla Parola.

Nel corso degli anni le statuine si sono moltiplicate: la scena si è affollata di personaggi nuovi: accolti perché hanno risposto a un invito di pace e sono lì giunti seguendo una luce, quella di una cometa che rischiara la notte buia.

Voglio qui ricordare Gianni Rodari, giornalista, scrittore, poeta, laico e comunista, di cui ricorrono quest’anno il centenario della nascita e il quarantesimo della morte.

Rodari scrisse una filastrocca sul Natale che oggi risulta più attuale che mai come risposta alle possibili strumentalizzazioni del presepe.

La offro ai lettori come augurio.

Il pellerossa con le piume in testa
e con l’ascia di guerra in pugno stretta,
com’è finito tra le statuine
del presepe, pastori e pecorine,
e l’asinello, e i maghi sul cammello,
e le stelle ben disposte,
e la vecchina delle caldarroste?
Non è il tuo posto, via! Toro Seduto:
torna presto di dove sei venuto.
Ma l’indiano non sente. O fa l’indiano.
Ce lo lasciamo, dite, fa lo stesso?
O darà noia agli angeli di gesso?
Forse è venuto fin qua,
ha fatto tanto viaggio,
perché ha sentito il messaggio:
pace agli uomini di buona volontà.

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