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Parole

VIGLIACCHI 2.0

MARGHERITA GIROMINI - 03/12/2021

haterDifficile abituarsi alla deriva prodotta dagli insulti, dalle minacce verbali e non, dalle fake news, dai post pieni di rabbia dei social. Una dose quotidiana di veleni che ci inonda: è il prezzo da pagare per mantenere vive le libertà garantite dalla società democratica.

Io penso che si possa ridurre l’impatto delle dilaganti violenze circoscrivendo le azioni negative e isolandone gli autori. Anche se i tempi per registrare qualche risultato significativo sono lunghi: per imparare ad accogliere e a gestire il rispetto per le diversità serviranno decenni e altrettanti snodi generazionali. Proviamoci allora, a guidare gli autori, palesi o nascosti, di gesti e parole miserevoli alla consapevolezza del peso di determinate azioni.

Va messa in campo una buona dose di pazienza per cogliere i segnali positivi, non numerosi in verità, come la profferta di scuse spesso indotta dalle convenienze con l’intento di fornire alla “categoria” una possibile via per uscire dall’impasse. Ci vuole tutta la nostra buona volontà per accettare pentimenti che pretendono il perdono immediato o una seconda chance, come disse tempo fa una giovanissima bulla.

Scoperta la sua reiterata violenza verbale, accompagnata da sberleffi, video, foto nei confronti di una compagna disabile, venne individuata per lei una significativa punizione disciplinare. Ecco allora la persecutrice preparare per la scuola e per i giornali una lettera aperta contenente dichiarazioni di sicuro ravvedimento. Anche se a una più attenta analisi linguistica si riesce a percepire che il suo pensiero di fondo suona come “Che avrò mai fatto di tanto grave, ma visto che serve scusarsi, lo faccio”, la ragazza bulla ci penserà bene prima di cascarci di nuovo.

In un altro luogo d’Italia tre giovanotti in auto superano il bambino autistico che cammina per strada con la sorella ma improvvisamente invertono la direzione di marcia per andare a sbeffeggiarlo pesantemente. Riconosciuti e richiamati all’ordine anche dal sindaco del paese, i tre contattano la famiglia della vittima, si recano a casa sua, fanno ammenda e si offrono di trascorrere con lui alcune ore di tempo libero: scuse accettate, storia finita senza ulteriori danni.

Ragazzate, sostiene qualcuno, si sa che i giovani, immaturi per definizione, sono spesso ostaggio delle cattive compagnie. Ma che dire allora dei più grandi, quegli adulti di età variabile e di varia estrazione sociale che si improvvisano odiatori a tempo perso? Parliamo degli “hater”, che denominati in inglese potrebbero apparire meno malvagi; o dei “leoni da tastiera”, pronti a mettere nero su bianco orribili pensieri o anche “solo” a cliccare mi piace sotto a frasi indegne che prendono di mira gli ebrei, gli stranieri, i disabili, gli omosessuali.

Quando la Polizia Postale riesce a scovarne qualcuno, non di rado lo si vede regredire allo stadio infantile: l’odiatore piagnucola mostrando vigliaccheria e inconsapevolezza e si dichiara pronto a chiedere scusa o perdono, a seconda della circostanza. Quasi sempre si è trattato di un raptus, o di stress lavorativo o di problemi vitali, il tutto mitigabile con l’attribuzione della colpa a qualcun altro che neppure conoscono personalmente.

La categoria, chiamiamola così, ha capito che conviene chiedere scusa in modo pubblico, che le scuse più sono bizzarre e meglio è: sempre dichiarandosi vittime a propria volta. Ma quando a postare frasi indegne è un politico, già deputato, un noto esponente di un partito, viene da chiedersi come abbia potuto rappresentare la nazione dagli scranni del Parlamento. Siamo di fronte a un adulto che si difende dichiarandosi un estimatore dell’anziana senatrice Segre che lui ha vilipeso ma senza l’intenzione di farlo: purtroppo si è lasciato trascinare nel vortice di un’animata conversazione su un social.

Il passaggio immediato alle scuse, lo vediamo, sa di ipocrisia. Ci si pente per il timore di essere incappati in un reato perseguibile, per la paura di essere espulsi dal partito, per la possibile emarginazione dal gruppo di appartenenza, oltre che per la difficoltà a trovare valide giustificazioni.

Ma poco importa, secondo me, che il pentimento non sia reale. Vale il fatto che l’odiatore, il bullo, il leone da tastiera, abbiano fatto ammenda e mostrato al pubblico un aspetto prima ignoto della propria personalità.

Adesso noi conosciamo il loro lato debole, che è la vigliaccheria, non ci fidiamo dell’apparenza di brava persona, ragazzo o adulto che sia, con cui si sono mossi in precedenza; abbiamo contezza del reale funzionamento del loro pensiero e possiamo seguirne le gesta. Mi auguro che provino qualche forma di disagio, magari un sentimento di inadeguatezza, un insieme di sensazioni che li porteranno a salire i primi gradini di un percorso verso la consapevolezza di sé.

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