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Il racconto

IL DOPO

GIOVANNA DE LUCA - 10/02/2022

tessutoPensavo sere fa che questi ultimi due anni di cui abbiamo vissuto il travaglio volgono sembra alla fine del peggio. In tutti i sensi.

E per vizio di mestiere pensavo a Dante uscito dall’Inferno che gli “avea contristato li occhi e il petto”. Ma certe fiere, metaforicamente parlando, sono sempre in agguato, dentro e fuori di noi.

Abbiamo il nostro Virgilio, la nostra Beatrice?

Senti così a causa dell’età, mi si potrebbe dire. E va bene. Però sono accadute cose che con l’età non c’entrano.

Mi riferisco all’allentarsi dei rapporti sociali e, più particolarmente, allo sbiadirsi se non all’interrompersi di tante amicizie, escludendo, si capisce, quelle “storiche” più radicate.

La forza di separazione tra “no vax” e “pro vax” è stata potente. Senza arrivare all’indegnità degli insulti nelle piazze la distinzione nata come differenza di valutazione è diventata intolleranza, fastidio, allontanamento, e per alcuni è stata una porta in più verso la solitudine. Per gli anziani in modo particolare. L’amicizia è come l’amore: deve essere alimentata. Se non ci si vede più, se non si condividono più certe piacevolezze della vita o della cultura o, perché no, anche gli incontri intorno a un tavolo o, perché no, anche qualche innocente pettegolezzo, emergono le differenze, le cose che dividono diventano preponderanti.

Se tutto il peggio sarà buttato alle spalle, il tessuto sociale inteso come intreccio di solidarietà ed amicizia andrà ricostituito: avremo bisogno di Virgilio e di Beatrice, cioè di una forza che venga dal di dentro. Una forza che voglia dire credere nel futuro, pensare che la vita vale la pena d’essere vissuta, ripulita di tanti atteggiamenti sbagliati che hanno anche una ricaduta sociale.

Da chi ha titoli per farlo sentiamo analisi e commenti sul disagio giovanile e le sue conseguenze: sappiamo che la famiglia è al primo posto nelle responsabilità dell’educazione dei figli, ma che certo non è la sola. In teoria tutti sappiamo/sanno cosa si deve e cosa non si deve fare. E le parole sono belle e non vuota retorica se ad esse seguono i fatti.

Io penso all’uomo della strada, anzi alla categoria meno fornita di strumenti di difesa: quella che vive dei modelli di ricchezza e appariscenza, non assenti in trasmissioni televisive “trash”, o che vede trionfare personaggi sul nulla. E a quel modello si affida, perché mai gli è stato detto che anche lui vale, per ciò che è e non per ciò che appare.

Ci sarà un bel lavoro da fare, per ognuno e per chi è deputato a svolgerlo.

E, prima di tutto, dobbiamo credere che farlo sia possibile. Anche senza Virgilio e Beatrice!

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