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Zic & Zac

DALLA SICILIA AL PNRR

MARCO ZACCHERA - 10/06/2022

lavori interminabili all’Aeroporto di Palermo

lavori interminabili all’Aeroporto di Palermo

Ho accompagnato la scorsa settimana una coppia di amici cileni in Sicilia.

Conoscendola da 20.000 chilometri di distanza volevano assolutamente vistarla, affascinati della sua storia e dagli scenari ed esempi culturali che l’hanno resa famosa nel mondo.

Il benvenuto a Palermo è all’aeroporto di Punta Raisi (ora Falcone e Borsellino) in perenne ristrutturazione e dove – da decenni – si accede al terminal sempre nel consueto slalom tra le transenne, mentre nei giorni successivi ho rivisto la solita terra meravigliosa e dai monumenti unici, ma sepolti tra cumuli di immondizie, sporcizia, degrado, strade a pezzi, palazzi puntellati, disordine.

Se le transenne dell’aeroporto sono ormai da tempo arrugginite, lo sono anche i cartelli stradali che segnalano le infinite deviazioni e i nuovi crolli, segno che nessuno nel frattempo è intervenuto.

Una umiliazione profonda come italiano (e con gli amici cileni sbalorditi) quando mi facevano notare gli onnipresenti cumuli di rifiuti perfino ai margini della Valle dei Templi, tra mancanza di servizi e parcheggi polverosi. In giro per tutta l’isola strade (“autostrade”?!) gratis ma fatiscenti e con decine di deviazioni stradali, ponti sconnessi, soprattutto ovunque una sporcizia ostentata e sconcertante. A simbolo un materasso bruciato appoggiato al cartello che – salendo da Porto Empedocle – informa che siete quasi arrivati al tempio di Giunone, meraviglia di 2600 anni fa.

Non è certo solo la Sicilia ad essere conciata così, basti pensare ai rifiuti e ai cinghiali per le vie di Roma, ma anche – spesso – alle aree di servizio intorno alle “nostre” autostrade del nord (per esempio appena fuori Malpensa), ma certamente al sud il fenomeno è moltiplicato.

Colpisce soprattutto la sciatteria e l’incuria che accompagnano spettacoli e panorami unici, con il disinteresse, il senso di abitudine e di sopportazione di chi non si indigna nemmeno, auto-dichiarandosi impotente.

Non tutto – va sottolineato – è così: Selinunte, per esempio, è tenuta molto bene e anche un disabile può spostarsi con dei mezzi accessibili, mentre invece nessuno ha pensato a questi dettagli in troppe alte situazioni.

La stessa Catania mi è sembrata una città rinnovata e vivace, a Monreale il duomo (privato) è esempio di visita organizzata e razionale con indicazioni perfino in spagnolo, a differenza di una Palermo che appare decisamente abbandonata a sé stessa.

In giro per l’isola si notano tante piccole iniziative di rilancio, di evidenti tentativi di riscatto, ma sembrano naufragare nell’indifferenza.

Ma perché ridursi così?

Eppure mille cartelli sottolineano come la specifica opera (purtroppo di solito già cadente o semidistrutta) era stata pagata o cofinanziata dall’Unione Europea e che quindi non è vero che già in passato non si abbiano avuto a disposizione somme enormi per tentare un riscatto che però alla fine non si è mai visto.

Sembra infatti che nessuno sia mai responsabile. Per esempio le “autostrade” siciliane sono gestite dall’ANAS, ma possibile che non ci sia un responsabile per i cantieri infiniti, il cemento che si sbriciola, i parapetti scannati? Alla fine la soluzione è chiudere, deviare, sospendere il passaggio. Da Catania a Palermo ci sono decine di cantieri (fermi) e decine di viadotti chiusi al traffico: perché? Nessuno ha collaudato quelle opere, nessuno le ha verificate, nessuno è impegnato al ripristino in tempi certi? È certamente duro lavorare sotto il sole e d’estate, ma ci sono anche altri orari e stagioni dove ci sarebbe tutto il tempo di operare, eppure quasi tutti i cantieri sono desolatamente abbandonati, con in giro materiali arrugginiti: perché?

Di qui un diretto riferimento al PNRR mi è sembrato evidente: che garanzia c’è che “questa volta” i soldi verranno spesi meglio e con quali priorità? Perché forse la vera “mission” italiana non sarebbero tanto puntare su nuovi investimenti (controllati poi da chi?) ma uno sforzo collettivo per mantenere anche solo quello che abbiamo avuto in dono dai nostri antenati. Un patrimonio da saper mostrare agli occhi del mondo, da razionalizzare ricavandone vantaggi enormi e milioni di nuovi posti di lavoro grazie ad un turismo rispettoso, integrato, moderno.

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