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Società

SOVVERSIVO DI GESÙ

EDOARDO ZIN - 02/06/2023

esperienzeDi don Milani, di Barbiana, della sua scuola se ne è parlato tanto la scorsa settimana in occasione del centenario della nascita del priore di Barbiana. Ma don Lorenzo non fu solo un maestro eccezionale. È stato un prete che credeva fortemente nel Verbo incarnato, di cui ogni uomo è immagine e somiglianza.

Pochissimi hanno parlato del “prete” Milani ordinato tale nel 1947 dall’arcivescovo di Firenze, cardinale Elia Dalla Costa, di cui mia madre – sua parrocchiana a Pozzoleone – aveva una tale venerazione da tenere il suo ritratto sul comodino.

Con il suo linguaggio da Gianburrasca guarnito da espressioni graffianti, don Milani sembra riflettere la “memoria sovversiva” legata alla figura di Gesù – di cui parla il teologo Metz – unita a quella di “credente nell’uomo.” Ma fu veramente tale?

Don Lorenzo venne inviato come cappellano a San Donato di Calenzano, un piccolo borgo vicino a Prato, per aiutare il vecchio “proposto”. Più che al catechismo, don Milani percepì che l’istruzione civile doveva precedere quella religiosa e inventò una scuola serale dove invitò suoi amici e conoscenti a tenere lezioni sotto forma di conferenze. L’uditorio era formato da gente incolta, che votava comunista. Era il periodo in cui la Chiesa italiana, ossessionata dal pericolo comunista, assumeva le stesse strutture, i metodi e in qualche modo lo scontro simili a quelli della controparte. Era una Chiesa trionfante qui in terra, scordandosi che solo nella Gerusalemme Celeste incontreremo l’apoteosi della Fede.

L’opposizione di don Milani al comunismo era nettissima, ma percepiva il rancore che la massa popolare portava contro la Chiesa dovuto al grave stato di disagio e che questo rancore derivava dal disgusto dalle false propagande sia del PCI che della Chiesa. Si schierò dalla parte dei più poveri con rispetto delle loro scelte anche se compiute a favore del comunismo. Per questo fu perseguitato dalla sua stessa Chiesa, che amava moltissimo – e lo trovò sempre obbedientissimo – dalla politica, dalle associazioni cattoliche, dalla stampa, dagli industriali.

L’esperienza pastorale di don Milani va contestualizzata anche nel clima religioso di quei tempi: regnante era Pio XII, poi Giovanni XXXIII condannò l’errore, ma non l’errante: don Lorenzo non ebbe modo di seguire il Concilio perché malato di leucemia. Nelle parrocchie si praticavano a quei tempi le “pie pratiche”. A questo proposito, riporto qui una nota che don Milani annota nella cronaca della parrocchia di San Donato. “A San Donato passa il Signore: serenata di fiori, veli bianchi, festa di paese. Trionfo della fede? Ma il gruppo di uomini che seguono il Signore non è la parrocchia, è solo una piccola chiesuola. Il prevosto prega: “Perdonali perché non sono qui con te!” Il cappellano: “Perdonaci perché non siamo là con loro!”.

Nel libro “Esperienze pastorali”, che uscì nel 1958, don Milani biasima le formule religiose e i gesti prefissati, condanna le “case del popolo” come gli oratori, il collettivismo del cammino religioso prevalente nell’Azione Cattolica, l’astrattismo, il formalismo, la distanza dalla realtà quotidiana della gente e l’azione pastorale ripetitiva e stantia compromessa dall’atteggiamento politico dei cattolici. Si legge del povero pretino che si interroga seriamente sui comportamenti della gente durante la Messa, alla catechesi ricca solo di nozioni, alla mancanza di senso della comunità.

Il libro, uscito in un primo tempo con l’imprimatur del cardinal Dalla Costa fu ritirato, ma continuò a girare; uscì una seconda edizione con l’imprimatur del vescovo di Camerino e questa volta intervenne il Santo Offizio che lo ritirò definitivamente, creando non pochi danni economici al piccolo editore.

Ma di quel libriccino resta l’intuizione di don Milani per il valore della parola, della sua potenza, della scuola che insegna a farne un mezzo di riscatto sociale. Rimangono il primato per i poveri, l’istanza della concretezza, il profondo radicalismo evangelico.

Due giorni prima di morire nel giugno 1967, dopo un lungo periodo di silenzio, don Lorenzo proclamò queste parole: “Un grande miracolo si sta compiendo in questa stanza.” “Quale?” “Un cammello che passa per la cruna di un ago”. Era nato in una famiglia della ricca borghesia, ma attorno al suo capezzale c’erano i suoi ragazzi che amò – e Dio lo perdonerà! – più di Dio stesso.

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