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Attualità

A VANVERA

EDOARDO ZIN - 09/06/2023

donmilaniMi par di sentirlo mormorare da Lassù: “O bischeri, vi ho spiegato che le parole non van dette a vanvera e che prima di pronunciarle occorre controllarle sul vocabolario. Mi sono giunte fin quassù troppe insulsaggini pronunciate da chi ha spiluzzicato qua e là frasi da me dette o scritte, ma che vanno filettate…”

È vero: il priore di Barbiana si sforzava di dare ai suoi ragazzi le “cento parole” che servono per la vita, per non farsi sopraffare, per difendere ciò di cui non si può fare a meno, a cominciare dal lavoro, ma è altrettanto vero che faceva cancellare la miriade di locuzioni convenzionali inutili e il lessico superfluo. E nei poveri locali di Barbiana regnava un profondo silenzio sia quando parlava il priore, sia quando interveniva un compagno perché tutti venivano coinvolti e spontaneamente si rivitalizzavano quando davano il loro contributo.

Al contrario, oggi, c’è, da una parte, l’inflazione della parola, quando essa non viene sopraffatta da cifrari, codici e segni che nulla hanno a che fare con la parola, dall’altra, dall’estremo intercalare di idiomi vuoti, appena appena comprensibili destinati a dar conto solo del reale. E la fantasia? E l’invenzione? E la metafora? E la visionarietà? Sembra che famiglia, scuola, politica, agenzie educative, anziché educare al potere della parola, come voleva don Milani, vogliano imporre il potere sulla parola. L’articolo 3 della nostra Costituzione esige che occorre “rimuovere gli ostacoli… che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini… impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione all’organizzazione… del Paese”.

Ci sono dittature mascherate che limitano il diritto di parola, dove si scelgono gli addetti alla comunicazione per dominare il sistema democratico, svuotandolo del suo significato originale; dove i capi si attorniano di persone fedeli alla “loro” parola e sono disposti solo a eseguire e ubbidire. Il parlamento, il luogo deputato principalmente alla “parola”, che deve essere ascoltata e discussa, diventa il luogo della rissa, della menzogna, dell’accusa che, quando viene smascherata, è motivo per spiccicare ipocrite scusanti. Nei comizi, poi, la parola diventa seduzione accompagnata da gesti teatrali con i quali il detentore del potere manipola gli uditori. E ciò induce alla paura, al sospetto, alla non credibilità dell’istituzione che il comiziante rappresenta e alla perdita di fiducia nella società. Non parliamo, poi, dei dibattiti televisivi e dei social dove la parola viene snaturata e sfigurata: “Non i contenuti e le idee sono importanti, ma i duellanti, non la forza dell’argomentazione, ma la virulenza dell’urlo, non la capacità di convincere, ma il potere di sopraffare, non si tratta di ascoltare, ma di assistere a uno spettacolo” (Umberto Eco)

La scuola, poi, per educare a parlare deve ritornare ad essere anzitutto luogo dell’ascolto, dove viene dissotterrato il libro. Mi fanno pena quei ragazzi sommersi dal chiasso, che parlano tra di loro, scomposti e disordinati in mezzo ad insegnanti che cercano d’imporre il silenzio, urlando più di loro! Non è in questo modo che la scuola diventa luogo di democrazia! Prima di prendere la parola, si alza la mano e l’insegnante incoraggia con domande a parlare i più recalcitranti. Silenzio, ascolto educano ad impossessarsi della parola, che non è solo un suono buttato fuori dalla bocca, ma espressione di un pensiero.

E accanto al silenzio, occorre il libro, non il computer, la scheda stampata, il libretto con le domande a cui si risponde con delle “crocette”, che non richiedono alcuno sforzo intellettivo. Perché si è persa la bella abitudine di udire l’insegnante che legge un libro e a comprendere quello che legge? Perché l’immagine ha soppiantato la parola! Quando si ode uno che legge equivale non solo percepire le parole, ma anche i pensieri, lo stato d’animo e persino il significato inconscio del messaggio che viene trasmesso dall’autore del libro. Ascoltare non è un comportamento passivo, quasi negativo, ma è un processo molto attivo che richiede tutte le nostre facoltà.

Dopo i tanti elogi fatti al priore di Barbiana, sarà bene mettere in pratica i suoi ammonimenti. Nel libro biblico dei proverbi ho trovato scritto: “Come un pazzo che scaglia tizzoni e frecce di morte così è colui che inganna il suo prossimo e poi dice: “Ma si tratta di uno scherzo.” Ormai ci sono in giro troppi giocolieri della parola Auguriamoci che non tutti li prendano sul serio.

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