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Economia

FREDDO POLARE

FABIO GANDINI - 07/07/2023

grassiL’onestà con sé stessi è un pregio umano di grande valore. Quando essa si confà all’essere umano imprenditore, poi, è ancora più rilevante, salvifica, apprezzabile.

Chi fa impresa vive certo di sogni e ambizioni, ma ogni giorno si confronta prima di tutto con la realtà, con i numeri, con gli ostacoli da rimuovere e le difficoltà da superare: non può e non deve quindi raccontarsi storie.

Non lo ha fatto Roberto Grassi, in settimana, davanti ai colleghi schierati per l’Assemblea Generale dell’industria varesina. Nella relazione che, come da copione, il mondo imprenditoriale ogni anno attende per tastare il polso dell’economia territoriale e il “sentimento” di chi la traina, il rinnovato presidente della corporazione è andato dritto, scansando le curve: dritto sui problemi del Varesotto, dritto contro le dimenticanze istituzionali, dritto contro gli imprenditori che non mettono al centro l’uomo, il lavoratore, dando il là a cascata a una serie di questioni che poi riguardano tutti, perché compromettono i sani meccanismi di un intero sistema.

Dalle sue parole è emersa in maniera molto peculiare una grande sofferenza ai poli opposti della provincia di Varese. Per motivi diversi e in condizioni diverse, nord e sud del Varesotto oggi come oggi si interrogano su presente e futuro, simboli cardinali di un territorio che, perse le rendite e i vantaggi di un tempo ormai finito, deve lottare su tutti i fronti per non cadere inesorabilmente nella periferia dell’impero.

Sprofondo Nord: «Senza un Nord della provincia che ritrovi la strada della crescita, non ci può essere futuro». Scriviamo di una terra di confine che negli ultimi anni ha sofferto di una strutturale mancanza di sviluppo, finendo nel dimenticatoio persino delle logiche turistiche, un peccato mortale vista la straordinaria ricchezza culturale e paesaggistica che possiede. Varese ha rinunciato a guardare con interesse alle sue propaggini più settentrionali, costringendole a girarsi verso la Svizzera, e il Ticino, nel caso di specie, gioca sia il ruolo del benefattore che quello del boia, come acutamente ha fatto notare lo stesso Grassi (scrivendolo anche nell’editoriale dell’ultimo numero di “Varesefocus”): il lavoro frontaliero è stato ed è una strada di salvezza per chi abita queste lande, ma impoverisce il Varesotto e la sua capacità attrattiva, dal punto di vista salariale e non solo.

Soluzioni? Tante, ma una è più urgente di altre e la prendiamo di nuovo dalla relazione del presidente: «Facciamo nostra la richiesta di un maggior collegamento con lArea Nord della provincia per favorirne unintegrazione e nuove logiche di sviluppo». Scritto in versione pane e salame: finché per andare da Luino a Milano ci vorranno due ore e mezza, alcun piano di crescita sarà ipotizzabile. Sono le infrastrutture che muovono l’economia, non il contrario.

Il concetto è chiaro anche per il sud e coinvolge Malpensa. Il duro colpo subito da Roma, il blocco ambientale all’espansione di Cargo City, ha compattato istituzioni e imprenditori in un lamento stentoreo. Sempre Grassi: «Tutte le forze politiche, sia quelle allopposizione ma che hanno governato in passato, sia quelle che oggi sono nella maggioranza che sostiene lattuale Esecutivo devono assumersi la responsabilità di aver bloccato negli anni, con una lunga serie di provvedimenti sbagliati, lo sviluppo di una delle infrastrutture più strategiche per la crescita dellindustria del Paese e di aver messo in discussione le legittime aspirazioni di un intero territorio e del suo sistema produttivo. È unoccasione persa di cui pagheremo i danni per molto tempo, in termini di posti di lavoro. Siamo delusi e amareggiati. Non ci sentiamo rappresentati».

«Non ci sentiamo rappresentati»: è la verità, ma fa specie sentire una frase del genere in un momento storico in cui nel governo del “gran rifiuto” siedono un ministro varesino e un partito che proprio qui è nato.

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