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Storia

URBAN A VARESE, SORRISI E PAURE

FERNANDO COVA - 15/06/2012

Ecco tre momenti ilari, ma nel contempo di panico e paura accaduti durante la breve occupazione del generale Urban dopo la battaglia di Varese nel giugno 1859.

All’avvicinarsi degli austriaci si cercavano gli stemmi imperiali per ricollocarli sugli edifici pubblici da cui erano stati divelti durante la liberazione di Varese da parte di Garibaldi. Finalmente ne venne trovato uno da collocare nell’ufficio del Commissario Distrettuale. Il giorno successivo grande fu l’indignazione delle autorità austriache quando causa la poca colla ed il vento una striscia di carta sovrapposta allo stemma si staccò lasciando intravvedere una curiosa insegna destinata ai tabaccai la cui scritta era “Sale tabacchi e carta bollata” che non era di certo consona a rappresentare il potere imperiale.

 Cessato il bombardamento il commissario distrettuale Comi si ricordò che doveva provvedere a reperire alcune bandiere austriache da apporre sui principali edifici. Ormai notte, andò in cerca di un negoziante di stoffe aperto, prelevò il tessuto a lume di candela e fece confezionare tre bandiere ponendole al Pretorio, sul campanile e al quartier generale. Al sorgere del sole le bandiere apparvero di colore bianco e turchino anziché nero e giallo. Per Urban fu uno scherzo dei varesini e scaricò sul Comi una serie di ingiurie accusandolo di non conoscere i colori della bandiera della patria. A stento costui riuscì a giustificarsi.

Il 2 giugno, di buon mattino Urban si recò al pretorio e rimproverò il Pretore Sopransi: “Ah! Pretore, Pretore, a Garibaldi si dava tutto, ed a me si lascia mancare persino un po’ di latte”. Rispose il Pretore: “Eccellenza come é possibile che si possa trovare del latte, se tutte le donne, spaventate per quanto succede, non osano entrare in Varese?”. “Al diavolo io non voglio latte di donna, voglio latte di vacca!” replicò serissimo Urban.

 Partiti gli austriaci, si iniziò la ricostruzione e si passò alla liquidazione dei danni di guerra. Oltre a richieste motivate, alcuni inoltrarono domande di rimborso tipo:

- per non aver potuto lavorare…

- per lo spavento sofferto dalla propria moglie Maria…

- per danni derivati a causa della mancata esazione dei dazi…

- per danno sofferto in un orologio a cilindro… lire 40 (costava nuovo 50 lire).

Si può così constatare come anche allora la “furbizia italica” si manifestava alla grande.

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