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Politica

PROVINCE E CITTÀ REALI

OVIDIO CAZZOLA - 21/09/2012

Il blog di Giuseppe Adamoli, apparso su Varesenews una decina di giorni fa, mi trova totalmente d’accordo. Vorrei aggiungere alcune osservazioni.

Il decreto istitutivo della Provincia di Varese, del 2 gennaio 1927 n.1, assegnava alla nuova istituzione i Comuni costituenti l’ex circondario del capoluogo staccandoli dalla provincia di Como e una parte dei Comuni dell’ex circondario di Gallarate staccandoli dalla Provincia di Milano. In tutto 198 Comuni con una popolazione di 327.692 abitanti, secondo il censimento del 1921.

Un primo esame concreto delle condizioni di vita e di sviluppo in cui il nuovo ente si sarebbe venuto a trovare, indusse però il Governo, con successivo decreto 31 marzo 1927 n.468, ad aggregare anche i Comuni di Busto Arsizio, Castellanza e Sacconago. La popolazione raggiungeva quindi 366.451 abitanti.

Proteste di Busto dopo quelle di Gallarate. Ma Mussolini, si sussurrava, aveva preferito Varese come capoluogo per la sua vicinanza al confine italo-svizzero oltre che per la fiducia nei gerarchi locali.

L’antica rivalità ha consentito, oggi, a seguito degli orientamenti governativi, un rapido pronunciamento di Busto a favore di un accorpamento con Milano, nell’Area metropolitana milanese. Ma la prospettiva che si presenta, con le decisioni annunciate di riduzione e di accorpamento delle Province attuali, è complessa.

Se non ci si limiterà alla semplice cancellazione della rappresentanza politica diretta attraverso l’elezione dei Consigli e delle Giunte provinciali trasformando questo ente in un ente di secondo livello, definito dal voto dei Sindaci dei Comuni della Provincia, si può ragionevolmente avere dei dubbi sulla realizzazione di risparmi sulla spesa pubblica.

Dismissioni e accorpamenti delle realtà amministrative esistenti da decenni, avrebbero conseguenze complicate e, temo, assai onerose.

La questione non riguarda solo le amministrazioni delle Province, ma tutto il sistema organizzativo sanitario, commerciale, industriale, delle professioni che fa oggi riferimento, e si articola, per Province, con sedi autonome e personale autonomo addetto.

Sono stati considerati questi costi o si sono fatte solo sbrigative considerazioni?

C’è poi una storia distinta tra Provincia e Provincia radicata, per le Province più antiche, in decenni o addirittura in secoli di relazioni. Che ha assai più rilievo della ‘spending review’. Il bisogno vero che abbiamo sta nella considerazione, ormai non procrastinabile, dello stato delle relazioni territoriali che non possono continuare ad essere parcellizzate a fronte di evidenti integrazioni avvenute.

È del tutto evidente che la parte meridionale della Provincia di Varese ha ormai assunto una consistenza aggregata in termini economici, residenziali e d’immagine, diversa dalla parte settentrionale caratterizzata dal paesaggio prealpino, articolata nelle valli e al bordo dei laghi, che si estende naturalmente nell’area ticinese oltre confine, separata per vicende storiche che risalgono ormai a cinquecento anni fa.

Ma questo non giustificherebbe una presa di distanza sbrigativa che privilegi la semplice diversità rispetto agli indubbi vantaggi della complementarietà e del dialogo. Occorre avere la massima attenzione per quanto si sta per decidere, non accettando revanscismi o semplici calcoli quantitativi.

La storia ha un suo valore profondo, un futuro auspicabile deve vincere anche sulle globalizzazioni regionali evitando di accettare processi come quelli che vorrebbero favorire, in termini acritici e non articolati, l’Area metropolitana milanese.

Deve prevalere anche sulla frammentazione dell’Area prealpina nella quale le realtà comunali storiche necessitano di una profonda e intelligente collaborazione per avere un ruolo di proposta culturale ed economica. Il nostro destino deve affidarsi, radicato nella storia, a un rinnovato riconoscimento della necessità di relazioni culturali e sociali ad ogni livello delle nostre organizzazioni di vita.

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