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Storia

SCHIENE DRITTE NELLA MILANO D’EPOCA

ROBERTO GERVASINI - 26/10/2012

Tra le circostanze propizie per dare forza ai sentimenti unitari della nazione italiana occorre tenere conto (lo diciamo sereni) anche dei funerali. Il 10 dicembre 1846, rientrando a Milano da Parigi, moriva improvvisamente Federico Confalonieri. I funerali a Milano, in san Fedele, videro folla di popolo e di tutta la nobiltà. Solo qualche settimana prima, il 19 novembre 1846, era deceduto l’arcivescovo di Milano, l’austriaco conte Karl Kajetan von Gaisruch, nominato nel 1818 su pressione degli Asburgo, al quale subentrò un italiano, non senza giubilo popolare, il bergamasco monsignor Carlo Bartolomeo Romilli.

L’idea religiosa si associava all’idea politica in un momento storico che vedeva nascere grandi attese per una federazione di Stati italiani, favorita dall’elezione del terziario francescano Giovanni Maria Mastai Ferretti, col nome di Pio IX, e con il diffondersi a Milano delle idee del Gioberti, del Rosmini e della “scuola” del Manzoni. Il clero lombardo trovava in questi anni una conversione alle idee di libertà non certo gradite al Governo austriaco il quale cercò di osteggiarlo con ogni mezzo, financo incredibile da credersi ai giorni nostri. Una circolare dal feldmaresciallo Radetzky, prima della Pasqua, così recitava: “Siccome il clero italiano, ad eccezione di pochi religiosi, appartiene ai nostri più aperti e pericolosi nemici, così incarico il presidio dell’eccelso Comando Generale di vegliare per mezzo di ordini segreti a tutti i comandanti dei reggimenti ed altri corpi, affinché le truppe non facciano la confessione pasquale presso nessun altro sacerdote se non è il rispettivo cappellano militare, onde sottrarli dal pericolo di essere dai confessori sedotti”.

“La medesima vigilanza – si proseguiva – dovrà usarsi in occasione delle così dette prediche quaresimali. È meglio che il soldato si astenga dall’andare a predica che l’ascoltarne una che l’abbia a rendere fellone. In conseguenza di ciò hanno da adottarsi, sotto l’osservanza del segreto, le più opportune disposizioni”.

Radetzky lasciava quindi intendere quale fosse la sua posizione rispetto alla religione e i suoi ministri. La religione veniva subordinata agli interessi della politica asburgica e alla ragione di Stato; insomma, ridotta a uno strumento del governo. Ma la mente diabolica del forcaiolo Radetzky e il Governo austriaco non potevano limitarsi a questa circolare.

I più forti oppositori delle idee del Gioberti erano i gesuiti. Il governo austriaco pensò quindi di mettere un argine alle nuove idee di libertà e di invitare a Milano nientemeno che il padre gesuita Carlo Maria Curci, teologo napoletano, che sarà cofondatore, nel 1850, di Civiltà Cattolica. Le aspettative del governo asburgico furono subito frustrate. Padre Curci, memore delle incomprensioni e dell’ostracismo dimostrato dal defunto cardinale austriaco von Gaisruch verso la Compagnia di Gesù, non risparmiò critiche e censure allo stesso, al punto che i milanesi iniziarono a considerare gli appunti al cardinale tedesco anche come un’accusa fatta al governo austriaco. I milanesi trovarono una ragione in più per ascoltarlo e si recarono quindi in gran moltitudine alle prediche di padre gesuita Carlo Maria Curci, rendendo vana e controproducente la strategia del Governo austriaco.

Ai lettori di questa breve nota le considerazioni finali. Restano alla fine le opere, i fatti. Ben altri spiriti animavano la Milano civile e culturale rispetto al degrado di oggi. Milano era allora capitale morale, davvero.

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