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Cultura

LA CULLA DELLA POESIA

DINO AZZALIN - 21/12/2012

In un film di Ken Loach del 1995 “Riff Raff” avviene che al funerale della madre, il figlio, dopo la cremazione, apre l’urna in cima alla collinetta da dove sarà sparsa la cenere, ma per una burla del vento la cenere anziché andare nella direzione contraria inverte la rotta e finisce sui vestiti e sugli occhi dei presenti. Ovviamente tutti si premurano di spolverare i vestiti, sicché la sacra cenere della persona cremata diventa un imbarazzo anziché una lacrima, una fastidiosa macchia grigia anziché un pensiero profondo, senza cogliere il significato stra-ordinario che vi è in nell’incidente, cioè quello di pensare a quante volte ci siamo trovati innanzi all’inconsueto ma abbiamo girato la faccia altrove. Per non guardare in faccia una realtà che ci ha sporcati, accecati, impolverati, abbiamo preferito non spaventarci, e tirare dritto per la nostra consueta strada. E questo mi ha sempre fatto pensare al significato della poesia e all’arte in generale, cioè lo stupore che ci acceca con il suo contagio e i suoi stupori, una connessione tra la vita e la morte che crea una continuità in una forma di vita oltre la realtà e che ci circonda in modo così imbarazzante e parossistico.

La scrittura offre questa possibilità. L’arte, la musica, ogni espressione creativa della mente umana, lasciano aperti questi “abbeveratoi” da cui sgorga quotidianamente l’azione dedicata all’indicibile. Molte volte invece non lasciamo che la poesia o l’arte in generale sfondi i nostri steccati dal di dentro, non ci lasciamo mai andare a degli interrogativi precisi che sono quelli che vengono da dimensioni oltre questa vita apparente. Si può supporre anche al di là di questa idea cercando un suffragio possibile e immaginabile in un contesto di anima o spirito intelligente, che oltrepassi finalmente le barriere della vita e ci mostri la parte più imprendibile della vita stessa. E molto spesso questo ci fa paura così come quando ci troviamo di fronte a un dirupo o a un ciglio insicuro, pensiamo all’ostacolo delle cose insormontabili o apparentemente inspiegabili e come tutte le cose estreme ci mette a disagio nei gesti e nella misura del fato, come una giornata dove gli eventi li vorremmo necessariamente separati tra loro.

L’arte è lontana dal lavoro o dalla occupazione abituale, il lavoro è lontano dall’amore, che a sua volta sembrano essere lontani dalla poesia. Invece dovrebbero nella loro dimensione interagire, essere dentro al nostro quotidiano così come la ricerca dell’amore e della felicità, perché l’amore è solo un pretesto della poesia mai la finalità assoluta. Un libro se non contiene qualcosa che mi stupisce non avrà mai l’entusiasmo della lettura, anche se si tratta di un libro scientifico. Ricordo dai miei studi universitari, il “Dubin” un testo di cardiologia che era il primo a dare del “tu” ai suoi lettori. Ne fui tanto compiaciuto che titolai il mio primo libro di poesie con una frase che avevo letto nel libro “I disordini del ritmo” e ne nacque una indissolubile unione tra le aritmie come impulsi anomali del battito cardiaco e la scrittura poetica vista come un lampo che irrompe nel quotidiano come da una nuova latitudine del cuore. Insomma, proprio come la seduzione del pensiero, i due linguaggi formarono un binomio (scientifico e letterario) che non avrei mai più abbandonato.

Noi ci crediamo colti a fare lo slalom tra le cose che non capiamo anche quando ci sforziamo di spiegarne il diniego con moduli razionali o coi mezzi che ci sono propri, così come ripuliamo la giacca o i capelli dalla cenere nella direzione “giusta” del vento e cioè via da noi. Così ci allontaniamo dall’esistenza dell’unica verità della nostra vita: la morte. Ci crediamo potenti ed eterni che alla prima incertezza abdichiamo con la fragilità di una falena.

Qualche mese fa, un giorno d’estate, passai a trovare un amico che stava morendo, viveva in un piccolo paese italiano sul lago di Lugano, e lui guardando dalla finestra mi disse che da quando prendeva le medicine per sconfiggere il cancro, si sentiva finalmente libero da ogni desiderio umano, persino quello delle donne che erano state una sua passione. Era una specie di visione specchiata dalle acque chete del lago. Guardando con lui fuori dalla finestra mi raccontò una storia d’amore che stava scrivendo fra due giovani, lui eretico dei Catari, lei cristiana e fedele al Papa, nel castello di Quéribus, situato nella regione del Corbières, che fu anche l’ultimo bastione di difesa dei Catari, e che fu sconfitto e occupato solo nel 1255. Voleva completare l’amore impossibile a mo’ di Renzo e Lucia, ma era inchiodato al letto dalle metastasi alle ossa. Allora gli consigliai di dettarlo a una persona,e lui con un certo stupore spalancò gli occhi, e mi disse: “idea geniale” e lo fece con una giovane laureanda in lettere moderne con la quale instaurò un rapporto nuovo.

Qualche mese dopo se ne andò, forse anche sereno, e qualche settimana dopo pure la moglie lo seguì in modo romantico e misterioso, ma la storia è rimasta da qualche parte viva e in attesa di essere continuata. La poesia è come quei due pezzi d’anima nascosti tra le parole delle pagine dettate dall’amico alla sua scrivania, compito di chi le trova è saper cogliere l’esperienza umana che si trasforma in uno spazio di dignità universale. Questo è importante per un poeta che riconosce in questo tatuaggio del sangue la fratellanza di un altro poeta, mistero che Rimbaud poeta, “ladro di fuoco” aveva mutuato nella luce della poesia con la veggente maturità dello spirito. Come diceva Montale dobbiamo vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo ed è la lezione della poesia che ci offre ogni giorno la sua indivisibile totalità di bellezza, dolore e segreti.

E il fuoco offre la cenere di cui abbiamo bisogno per incontrare la nostra sostanza primordiale, la stessa vibuthi che ha accecato la vita dei poeti inondando di luce la vita che altrimenti non avremmo mai visto o l’avremmo definitivamente perduta, spolverandoci da qualche parte i nostri vestiti. Ciò che avviene in poesia è questo sfiorarsi di labbra tra l’anima e il mondo, in questo legame d’amore tra i vivi e i morti nella quiete di un refolo di vento che va finalmente nella giusta direzione.

Buon Natale!

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