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Attualità

LA QUOTIDIANA INGIUSTIZIA DENTRO LE CARCERI

FRANCO GIANNANTONI - 18/01/2013

Ricordate quel 30 gennaio 2010 quando, sotto la spinta della protesta e dello sdegno generali, non solo dei detenuti e degli operatori del settore, scattò come fosse un allarme di guerra lo “stato d’emergenza” per il sovraffollamento delle celle? Sembrò che la soluzione dello scandalo nazionale, uno dei peggiori, fosse dietro l’angolo e che l’Italia potesse essere in condizione di guadagnare in breve tempo la stima dell’Europa. Il governo, sulla carta, si disse pronto a fare degli stanziamenti per costruire nuovi penitenziari e per riassestare e potenziare quelli recuperabili.

Da quel fatidico giorno che accese tante speranze non è accaduto niente. Proprio niente no, perché sono avvenuti alcuni fatti.

L’Europa ha sanzionato sette giorni fa con una multa di centomila euro e un cartellino giallo la barbarie del supercarcere di Busto Arsizio costruito una trentina di anni fa e definibile “decente” e quello di Piacenza, ridotti a siti infernali con tre-quattro detenuti racchiusi in uno spazio destinato a due persone. Marco Pannella, il vecchio leone radicale-libertario, ha dovuto giungere per l’ennesima volta alle soglie della vita, con uno sciopero della fame e della sete che ai più ha interessato relativamente, per gridare alto che non si può andare avanti così.

Qualche giorno fa l’ha seguito Dario Fo, il Nobel per la letteratura, che ha iniziato a San Vittore, un corso per detenuti di educazione teatrale e che ha trascorso alcune ore dentro le celle con i detenuti, uscendone alla fine smarrito e offeso.

In questo mare tormentato nessuno dei politici ora in una mediocre tenzone per conquistare Roma o il Pirellone, a meno che io mi sia distratto, ha speso una parola per questo argomento. Né Bersani né Monti né Berlusconi che per ora del carcere ha sentito solo parlare da lontano. Quando si sostiene che il Paese sia fragile, immemore, leggero, distante dalla gente significa questo. Che agitare i grandi problemi serve qualche minuto solo per lo spettacolo e qualche lacrimuccia per poi perdersi nella notte dei tempi. La risposta al quesito è molto semplice: è una battaglia politica che non produce voti. Tutto qui.

Diamo un po’ di cifre per capire meglio. Da tre anni, dal giorno fatale che ho citato, non è stato costruito un posto-letto in più. In compenso i detenuti sono passati da 64.791 a 66.529 (i posti letto sono 45 mila!!!) e il tasso d’affollamento ha raggiunto il 141,4 % contro una media europea del 99,6%.

I nostri penitenziari sono i più popolati dell’intera Europa. Il presidente della Repubblica nel saluto di fine anno ha dichiarato testualmente: “È una realtà angosciosa”.

Vediamo cosa ci riferisce l’Osservatorio di Antigone, l’associazione che si batte per i diritti e le garanzie nel sistema penale, nel suo recente rapporto sulle condizioni in cui versano i detenuti di ogni età, sesso, religione, caratura criminale.

Il titolo del saggio é emblematico e va diritto al cuore: “Senza dignità”, un urlo al dileggio dell’uomo. Leggiamo assieme e osserviamo se siano dati da Paese civile e non da repubblica delle banane con nani e ballerine e corti appresso: più del 40% dei detenuti non sconta una condanna definitiva ma è in custodia cautelare. Assurdo almeno per coloro che hanno compiuto reati modesti e che non inquinerebbero né prove né mai fuggirebbero. Eppure molti PM e GIP non sentono ragioni anche in casi minori. Neppure un terzo della popolazione carceraria gode delle misure alternative. Meno di un quinto lavora in carcere con salari da 30-50 euro al mese (ci sono stati veri e propri sfruttamenti). Meno di un quarto frequenta corsi scolastici. La maggior parte dei detenuti esce di cella 4 ore al giorno solo nelle famose “ore d’aria”, agghiaccianti percorsi in un cortile che assomiglia un lager. Condizioni sanitarie. Discutibili spesso non verificabili. Mancano i dati. In Toscana è ammalato il 73% dei detenuti per cui si può pensare che il dato possa valere per le altre regioni.

Decessi. Nel 2012, 154 vittime, di cui 60 per suicidio. Giovani tossici che s’impiccano o si tagliano la gola o le vene o ingurgitano lamette per “meritare”, loro desiderio, il Pronto Soccorso. A cosa si giunge! Il Ministro Paola Severino (ancora per poco) ha cercato di fare qualche cosa. Donna attenta e sensibile, avvocato di valore assoluto, si è mossa come ha potuto. Ma lo zoccolo delle resistenze, delle disattenzioni e delle dimenticanze è molto solido.

Ora “Antigone” ha studiato una proposta di legge d’iniziativa popolare. Prevede tra le tante cose gli arresti domiciliari per chi deve scontare meno di tre anni e una revisione di quelle leggi come la Fini-Giovanardi e la Bossi-Fini che provocano sovraffollamento, carcerando piccoli spacciatori e consumatori di droghe. Chi volesse aderire legga il testo del documento e firmi su www.associazioneantigone.it

Dei Miogni di Varese scriverò un’altra volta. Carcere della fine ‘800, con 38 celle, in pieno centro città, deve essere trasferito. Lo impongono la logica e la decenza. Direttore e agenti fanno il possibile. I volontari si fanno in quattro per migliorare la vita dei detenuti, condotti da quei giganti della solidarietà umana che sono Dino Golzi e la moglie. Se ne parla da anni di abbattere i Miogni e lì di fare dell’altro. Sarebbe per il Ministero anche un affare economico. L’area è appetita.

Ogni anno arriva qualcuno in visita da quelle parti, dal parlamentare PD Marantelli ai consiglieri regionali Cattaneo e Alfieri, al sindaco leghista Fontana. Fanno un giretto e una foto di gruppo. Dicono che fa schifo poi tornano alle loro occupazioni. E i Miogni sono lì, come la Caserma Garibaldi, quotidiano monumento varesino alla miopia e all’impudenza.

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