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Società

LA DONNA NELLA CHIESA

LIVIO GHIRINGHELLI - 01/02/2013

Nel recente Sinodo sulla nuova evangelizzazione tenuto a Roma dal 6 al 28 ottobre 2012, che ha visto la partecipazione di duecentosessantadue Padri ed oltre cento tra esperti e osservatori, con lo scopo di riscoprire i modi con cui le persone si accostano a Gesù, avendo come icona il suo incontro con la Samaritana al pozzo, due temi si sono imposti all’attenzione: rivalutare il ruolo dei laici; valorizzare la presenza delle donne nella Chiesa. Sullo sfondo l’esigenza di capire come dialogare oggi con le domande che ci si pongono dall’antichità.

Quanto alle relazioni tra i generi si è dovuto constatare che ormai nella Chiesa i due terzi dei membri sono donne, eppure molte di loro avvertono d’essere discriminate. Onde la proposizione n. 46, che recita: la Chiesa apprezza la pari dignità delle donne e degli uomini nella società; i suoi pastori riconoscono le capacità speciali delle donne, quali l’attenzione agli altri e la capacità di sostegno, soprattutto nella loro vocazione di madri.

Certo il contesto culturale in cui viviamo risulta completamente mutato rispetto a epoche anche recenti e all’androcentrismo prima assolutamente dominante. Due fattori ne hanno in certa misura minato la rilevanza: i progressi della medicina e il salario (dopo avere partorito e cresciuto i figli la donna ha ancora decine di anni di vita e di lavoro in prospettiva; nelle società postindustriali la donna ha acquisito indipendenza dal punto di vista delle finanze e l’uomo è chiamato a condividere, anche se non sempre e in modo adeguato sa farvi fronte, l’educazione dei figli e il lavoro domestico). Conseguenza è che l’uno e l’altra consumano gran parte del tempo fuori casa e che i divorzi sono richiesti per i due terzi dei casi dalle donne. Questo è il senso del discorso tenuto il 4 ottobre 2012 al Pontificio Ateneo Sant’Anselmo di Roma da Padre Hervé Legrand, domenicano, emerito della facoltà di teologia dell’Institut Catholique di Parigi, in occasione del convegno internazionale delle teologhe sul tema: “Il Vaticano II, assumere una storia, preparare il futuro”.

Al momento poche donne figurano nei consigli parrocchiali, nell’insegnamento della teologia; nella prassi quotidiana, nella pietà popolare e nel magistero perdura il vecchio modello, sì che le donne simbolicamente appaiono complementari agli uomini e nel culto la figura di Maria resta un riferimento soltanto per le donne, benché nella Marialis Cultus la si presentasse come esempio per tutti i cristiani. Hervé Legrand ritiene pericoloso il concetto di specificità, di specialità inerente alle donne (se in un insieme ci sono soltanto due elementi, uno dei due non può essere più speciale dell’altro), come la sopravvalutazione della maternità rispetto alla paternità; marito e moglie vanno per lui pensati in una reciprocità ontologica fondamentale.

Invero il Vangelo si rivela più in sintonia con l’idea di un partenariato tra uomo e donna, che coll’androcentrismo. Già il decreto Apostolicam Actuositatem induceva ad allargare la presenza delle donne nell’apostolato. Un primo passo sarebbe quello proposto da padre Renato Salvatore, superiore generale dei Camilliani: si affidi alle donne il ministero del lettorato, attualmente proibito dal diritto canonico; ma le proposizioni finali del Sinodo consegnate al Papa non lo prevedono. Anche nelle Chiese ortodosse permane la visione della donna come complementare all’uomo.

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