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Società

LA SCUOLA CHE NON CHIUDE

LUISA OPRANDI - 26/07/2013

Tredici anni di esperienza di stage estivi organizzati per conto della scuola nella quale insegno e la realtà vitale e costruttiva degli oratori del nostro territorio mi portano ad alcune considerazioni che mi piacerebbe non fossero sottovalutate e che il sistema istruzione non ignorasse totalmente.

Tra la scuola e la vita è necessario che la distanza sia sempre più accorciata. Vale per il discorso della conoscenza del mondo del lavoro per gli studenti delle classi terminali, ma anche per la relazione con il territorio e  la gente, che giovani in crescita devono iniziare a maturare, arricchire e intessere in forma positiva. Ragazze e ragazzi delle scuole superiori impegnati come educatori negli oratori feriali sono un bellissimo esempio di attenzione alle nostre comunità: tempo, passione, entusiasmo a favore dei più piccoli rappresentano il segno tangibile di un “testimone culturale” che passa con naturalezza dalle mani degli adulti alle nuove generazioni.

Da questa esperienza, vissuta  a mia volta e a suo tempo e della quale  ho conservato negli anni ricordi stupendi, oltre un decennio fa e in collaborazione con Gigliola, una collega di scienze impegnata nel sociale, è iniziata la proposta degli stage estivi anche per gli alunni del nostro liceo: vengono così impiegati nelle scuole materne della provincia, presso le sale giochi dei reparti di pediatria degli ospedali, le biblioteche, i centri di assistenza ad anziani e disabili, le ludoteche, i campi estivi comunali, i parchi, le associazioni e soprattutto gli oratori. La scuola fa da tramite e da ponte con le realtà territoriali alle quali i ragazzi si indirizzano.

Da un lato ciò rafforza il legame che il mondo dell’istruzione sceglie di mantenere con la realtà locale, ai suo vari livelli: significa incontrarsi, conoscersi, condividere progetti, mettere in comune le risorse umane e progettuali. D’altro canto il ragazzo stesso comprende l’importanza di un percorso scolastico che non è fatto solo di materie, professori, libri, compiti, verifiche e voti, ma che è molto di più, che esce dalle mura della classe e si proietta in una  dimensione di solidarietà e di volontariato che à altrettanto importante per la propria crescita.

Quindi, concretamente, potrebbe essere stimolante per i docenti impegnare la parte dei mesi estivi, non compresa nei trentadue giorni di ferie previste, in progetti di supporto, collaborazione, accompagnamento degli studenti in attività di impegno civile e sociale. E sarebbe altrettanto utile che gli studenti, fatto salvo un periodo di riposo almeno equiparato a quello dei propri insegnanti, fossero inseriti in percorsi di solidarietà  nelle comunità di appartenenza, in collaborazione con i comuni, le realtà socio assistenziali e formative. Nel rispetto del pluralismo e della libertà individuale di scegliere l’ambito di interesse, ma con la consapevolezza che il percorso scolastico ed  educativo è fatto di scuola e di vita.

Mi fanno sempre più preoccupare infatti certe posizioni drastiche di persone del mondo dell’istruzione che vantano di volere costruire “scuole di qualità” pensando che queste siano rappresentate prevalentemente da classi di alunni dal rendimento buono se non eccellente. Mi fanno sempre più intristire frasi come quelle che mi sono sentita dire da un’amica pochi giorni fa “bocciateli tutti questi ignoranti che poi vanno all’università e non sanno nemmeno parlare”. Personalmente riesco a sentirmi colpita nel profondo ogni volta in cui un adulto sentenzia giudizi nei confronti dei giovani, confondendo la meritocrazia con la valutazione dei risultati e dimenticando la fondamentale  necessità per tutti di una scuola vicina alle persone in crescita. Un giovane che magari sbaglia un congiuntivo ma ha un cuore grande e occhi capaci di vedere un bisogno altrui, mani aperte per mettersi al servizio ed entusiasmo capace di superare la logica stantia del lamento…beh vale molto di più di chi predica l’esigenza di classi dove “chi non ce la  fa sia lasciato a casa”.  E se è anche la scuola, oltre alla famiglie e  ad altre agenzie formative, ad insegnargli a diventare adulto anche così, che bel risultato davvero…

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