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Cara Varese

STARE NEI GIORNALI

PIERFAUSTO VEDANI - 13/12/2013

Il primo quotidiano nel quale ho messo piede all’avvio della mia esperienza giornalistica fu l’Ordine di Como. Direttore era don Peppino Brusadelli, uno dei formidabili moschettieri della stampa cattolica nel periodo del suo massimo splendore, gli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso: gli altri furono monsignor Andrea Spada, guida dell’Eco di Bergamo, monsignor Ernesto Pisoni (da noi a Varese al Luce e al Corriere Prealpino durante la guerra e dopo la Liberazione) direttore del milanese Italia, e il laico Raniero La Valle, leader del bolognese Avvenire d’Italia, ispirato dal mitico cardinale Lercaro.

All’Ordine trovai la grande amicizia, anzi l’affetto, di colleghi come Gagliardi, Dario e Spadoni, atteggiamenti invece molto più distaccati da parte di altri. Atteggiamenti che favorirono la mia scelta di passare alla concorrenza, cioè alla Provincia quando mi si presentò l’occasione. Ho provato credo la stessa sensazione degli sportivi che, diventati degli ex, devono misurarsi con la loro vecchia squadra, ma io lo sono stato senza nutrire rancori, senza ignorare vincoli di amicizia e il rispetto che si deve a qualsiasi avversario che incontriamo nelle battaglie che la vita ogni tanto ci riserva.

Le battaglie tra cronisti per arrivare primi, bruciare gli avversari nella pubblicazione della notizia sono il sale del nostro lavoro, uno stimolo continuo alla curiosità, alla ricerca, alla caccia della verità, a essere scomodi per qualsiasi potere che nasconde le sue pecche, che ama presentarsi sempre come un rassicurante giglio. Questo gusto del continuo confronto con le istituzioni pubbliche e private non riguardava mai l’ambito politico, strettamente riservato agli specialisti, che io consideravo degli sfortunati per via di termini, formule, espressioni e bizantinismi fumosi, con i quali facevano della comunicazione un’area il cui accesso era poco raccomandabile per la stragrande maggioranza dei lettori.

Anche a Como la concorrenza, la necessità assoluta di battere l’avversario erano sollecitate dai direttori ma pure dai vertici delle società editoriali che presentavano affinità di appartenenza a ceti, mentre la questione religiosa non era certamente un problema per gli azionisti del quotidiano laico, né vi erano angosce sul fronte cattolico per iniziative o scelte anticlericali dei presunti “nemici” ideologici.

La divisione, la contrapposizione erano forti solo sul mercato ed erano espressione chiara, inconfutabile delle preferenze dei lettori comaschi. Che si ritrovavano nella Provincia pur essendo essi assidui e rispettosi frequentatori di chiese e sacramenti.

Dieci anni dopo il mio arrivo a Varese, era il 1973, mi ritrovai in una situazione analoga con l’uscita di un secondo quotidiano, il Giornale, fondato per combattere il monopolio della Prealpina. L’errore dei nuovi editori probabilmente fu di non diversificare i contenuti del loro prodotto rispetto a quelli di un concorrente da quasi un secolo sulla piazza. Per noi giornalisti della Prealpina fu una sorta di resurrezione dopo il lungo letargo connesso alla mancanza di concorrenza: in un anno guadagnammo addirittura diecimila copie vendute in più ogni giorno.

In questi giorni chiuderà l’edizione varesina de La Provincia: gli editori bergamaschi sostanzialmente hanno ripetuto errori commessi da altri in passato: sono venuti a giocare la partita in casa nostra indossando una maglia non dissimile e i varesini, il territorio non hanno risposto alla chiamata a una novità che in fondo non erano tali.

Sicuramente la concorrenza è stata occasione di nuovi stimoli professionali per i colleghi delle due testate e a guadagnarne sono stati i lettori, ma la chiusura dell’edizione varesina della Provincia non può essere collegata solo a una eventuale strategia editoriale inadeguata: ci sono altri segnali allarmanti di crisi nel settore della carta stampata e vengono dalla grande rivoluzione scatenata dal web e che nella nostra provincia ha visto la sbalorditiva avanzata di Varesenews dovuta non solo alla validità del mezzo ma alle strategie editoriali e allo spirito di sacrificio del manipolo di redattori che hanno affrontato con coraggio e determinazione la nuova frontiera della comunicazione.

È lo stesso spirito dei collaboratori di RMFonline che stanno dando sostanza a questa testata: partono dalle analisi di fatti e situazioni di ieri e di oggi per offrire testimonianze, indicazioni di saggezza.

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