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Cara Varese

L’OBBLIGO CHE CI TOCCA

PIERFAUSTO VEDANI - 24/04/2020

degasperitogliatti

De Gasperi e Togliatti

Tra i varesini che hanno staccato moltissimi foglietti del calendario è montata, silenziosa, la marea della delusione per la decadenza di sostanza e forma del mondo politico, valutato sì nel suo complesso, ma in misura ben più significativa per le sue “stagioni” a livello nazionale. La recentissima storia dell’ascesa e del tonfo dei pentastellati ha maggiore anzianità e consistenza di quella delle giovani sardine che oltretutto nella Varese della prudenza e della conservazione sono ancora nella fase di stagionatura e quindi tenute di riserva, utilizzabili solo per qualche improvviso assalto.

La Varese “conserviera” espugnando Palazzo Estense è diventata famosa, rassicurante, una sorta di Cirio, che andrà serena alle elezioni non con l’angoscia dei tempi in cui a sinistra era praticato il culto di Stalin che nella casa madre, l’Unione delle Repubbliche sovietiche, con Stalin leader prevedeva anche la fucilazione dei dirigenti che “toppavano” onerosi e delicati piani di sviluppo economico. In Italia non solo il Pci voleva e difendeva il massimo della legalità, ma esigeva studio accurato nella preparazione dei militanti che mostravano attitudine a percorsi tesi allo sviluppo della società civile.

Certamente fu forte l’incredulità mista a fascino che inizialmente portò a valutare come “compagni che sbagliano” i primi terroristi ma poi Fassino nella città operaia per eccellenza, Torino, con un memorabile intervento recuperò alla democrazia gli sventati sognatori.

Oggi i registi del PD in Italia giocano la loro partita politica su più tavoli, con il risultato che addirittura la borghesia nazionale a volte sembra orfana della strepitosa qualità di Togliatti e Berlinguer.

L’odierna scarsa stima che si ha per la classe politica certamente, ma non so in quale misura, viene anche dalla velocità dei mutamenti sociali messi in atto dalla rivoluzione tecnologica in tutti continenti. Il web ha portato a contatto con realtà, situazioni, sviluppi inattesi da larghi strati delle popolazioni. Il fenomeno è piombato su di noi sovvertendo, cancellando, migliorando abitudini, tradizioni, realtà che si presentavano come secolari e si sono sviluppate in pochi decenni.

La nostra società, al pari di altre europee, non era pronta a contenere e dirigere l’offensiva di un universo che si può anche pilotare con le tastiere dei pc e dei telefonini. Alla grande svolta non era preparata la società in genere, figuriamoci la scuola oggetto di riforme anche di situazioni non facili come i rapporti con le famiglie, sia per i programmi.

Sono stato un pessimo studente anche se ho fatto un eccellente esame di maturità nel 1951. Anni or sono quando i Rotary si misero a disposizione per illustrare agli studenti delle scuole medie superiori le carriere che si aprivano loro dopo l’esame di maturità; io incontrai i ragazzi di tre scuole e parlai di giornalismo.

E dissi subito la verità citando Barzini, un grandissimo della stampa. Dissi cioè che fare il giornalista è meglio che lavorare. Durante l’incontro mi colpì una realtà inaspettata. Nei miei anni di ginnasio e liceo avevo studiato di più e meglio di quei ragazzi attesi dall’Università.

Anni dopo io e Maniglio Botti- anche lui membro della banda di giornalisti che avrebbe avviato il boom della Prealpina – si decise di verificare sul campo gli effetti del’68 e ci iscrivemmo alla Statale di Milano, “militarizzata” da chi si divertiva a fare il rivoluzionario. Poche lezioni sulle scuole cinesi mi indussero a non lasciare il letto dopo poche ore di sonno per andare a prendermi un 18, voto politico standard.

A Milano avrebbero studiato altri giovani varesini che poi sarebbero stati ottimi professionisti o docenti, ma in pochi si sarebbero accostati alla politica in tempi successivi.

Oggi per i giovani si potrebbe costruire un futuro positivo se già nelle medie superiori si proponesse loro, con la conoscenza dei più importanti lineamenti storici nazionali, anche la nascita e lo sviluppo dello studio del percorso politico negli ambiti civici. E dal momento che guidare l’Italia è un tantino più complicato rispetto allo studio di un piano regolatore o all’asfaltatura delle strade, vista la qualità attuale dei team in azione, almeno una rigorosa preparazione dei concorrenti alle più alte istituzioni nazionali dovrebbe essere prima di tutto un obbligo morale.

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