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Cara Varese

VIVA I “BEI TEMPI”

PIERFAUSTO VEDANI - 22/05/2020

Ernesto Redaelli

Ernesto Redaelli

Quando ero un ragazzino, roba da c’era una volta, accadeva che a fronte di situazioni, novità o comportamenti in ambito sociale udivo spesso gli anziani invocare la bellezza, la serietà dei “loro tempi”. Forte della lettura di libri o delle modeste nozioni di storia apprese a scuola, giravo alla larga da questi nostalgici, certo di avere ragione perché i tempi belli per parte degli italiani risalivano nei secoli, all’impero romano.

Oggi i tempi felici per noi lombardi sono stati quelli della prima vera rivoluzione italica, anno 1848, che aprì la lunga strada per l’autonomia politica nazionale, realizzatasi con la prima guerra mondiale, ma poi inquinata dalla dittatura mussoliniana.

La nascita della repubblica dovuta al referendum nazionale fece poi venire a galla la silenziosa, piccola destra industriale e finanziaria che ha sempre curato molto bene i suoi interessi. Lo dimostrano oggi vicende bancarie e la tragedia del ponte di Genova.

È anche un fatto che non si sentano anziani rievocare i loro “bei tempi”, ma addirittura rimpiangere un passato molto prossimo perché risale a pochi decenni e del quale hanno avuto in qualche misura conosciuto solidità e utilità sociale anche i giovani di ieri: gli anni ruggenti della nostra città.

L’occasione me l’ha fornita il ricordo dell’anniversario della morte di Ernesto Redaelli che fu uomo, industriale e varesino eccezionale, sempre pronto al miglior servizio alla comunità. Ricoprì diversi incarichi pubblici, fu sempre coerente nel ricordare la sua appartenenza al mondo del lavoro, e al pari all’avvocato Valcavi – nella società varesina memorabile come manager dell’ospedale – quando arrivava Natale faceva riscuotere dalla segretaria i compensi annuali che spettavano a chi aveva incarichi pubblici e poi li dirottava a chi aveva pochi mezzi di sostentamento.

Figlio e nipote hanno gestito molto bene la Lativa continuando la bella tradizione di avanguardia in un mondo, quello della tipografia, in continua evoluzione.

Noi giornalisti, tutti, abbiamo avuto un eccellente rapporto con questi varesini, parte attiva nello sviluppo e nel cammino della nostra città. Abbiamo sempre visto nella loro azione anche l’attenzione, l’amore per la collettività. Segnali ed esempi oggi determinanti ai fini di una ripresa che deve essere sostenuta da tutti se vogliamo ridare sicurezza al cammino di Varese.

Noi cittadini anziani oggi abbiamo diritto al positivo ricordo del nostro passato, ma non abbiamo il diritto alla lamentela per il tracollo della qualità e dello spessore politici.

Siamo gambe all’aria perché non abbiamo vigilato, perché abbiamo creduto ciecamente che l’avanspettacolo avesse poteri taumaturgici. Non solo non li ha, ma si è dimostrato fondamentale nel farci piangere, altro che ridere.

Ma il morbo dell’antipolitica ha scassato anche un partito che qui da noi era esempio di preparazione e conoscenza dei problemi.

Con che faccia il Pd si presenterà alle elezioni nazionali dopo aver viaggiato a braccetto con i grillini per mesi e mesi nel mondo del nulla. Togliatti si rivolterà nella tomba. Anzi – come sottolineò un tempo Gaspare Morgione, principe varesino degli umoristi – ha già trovato il petrolio.

Abbiamo buttato via decenni di cultura di governo, abbiamo delegato ai cittadini attivi in politica di scegliersi i loro successori. Così anche a Varese abbiamo visto cose inimmaginabili: gambizzata Luisa Oprandi, la più votata, persona degnissima, scaraventata fuori dalla giunta comunale.

Per quanto riguarda il governo cittadino oggi la situazione è diversa. È in vantaggio nettamente Galimberti rispetto a Fontana che di soldi per la città ne ha visti ben pochi.

Una storia che noi cittadini ben conosciamo e sopportiamo. E che andava chiusa.

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