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Chiesa

IL “VARESINO” MONTINI

GIAMPAOLO COTTINI - 16/05/2014

L’inaugurazione del monumento a Paolo VI di Bodini al Sacro Monte

La notizia della prossima beatificazione di Paolo VI ad ottobre al termine del Sinodo sulla famiglia e a ridosso della recente canonizzazione dei due Papi, è un importante messaggio di continuità che la Chiesa propone come chiave di lettura dei recenti pontificati. G.B. Montini è il Papa che realizza nella sostanza il Concilio ed è colui che ha reso possibile alla radice il mutamento profondo del tessuto ecclesiale, guidando l’attuazione equilibrata dell’aggiornamento della Chiesa in una perfetta ed armonica continuità con la Tradizione. Naturale successore di Giovanni XXIII (che diceva sempre all’arcivescovo Montini “io sono qui a tenerle il posto”, visto che Pio XII non lo aveva creato cardinale in vista del conclave del 1958), profondo estimatore dell’allora cardinale di Cracovia Wojtyla durante il Concilio (che peraltro Paolo VI volle in Vaticano a predicare gli esercizi spirituali nel 1976), fu proprio Montini a creare cardinale il teologo Ratzinger nell’ultimo concistoro prima di morire: insomma il suo pontificato fu il cardine della storia successiva e fa da cerniera con il passato nel guidare la Chiesa in mezzo alle tempeste del post-concilio, mantenendo ben direzionato il timone della navicella di Pietro. E solo una santità vissuta nella pazienza e nella saggia letizia dell’uomo giusto ed affidato a Dio ha condotto l’uomo Montini ad una vita di cui ora vengono riconosciute le autentiche virtù eroiche.

Oggi esulta della sua beatificazione la diocesi ambrosiana che lo ebbe arcivescovo dal 1955 al 1963, ed in particolare l’intera Chiesa varesina che ebbe con lui un rapporto privilegiato anche grazie all’intercessione del suo segretario, il varesino monsignor Pasquale Macchi.

I rapporti del cardinal Montini con Varese sono stretti e frequenti, come ampiamente documentato nel bel volume di Francesco L. Viganò Come padre e fratello (ed. Lativa 2000) che racconta con documenti dell’epoca le varie visite dell’Arcivescovo a Varese e soprattutto al Sacro Monte da lui tanto amato. Sin dai primi giorni dalla sua presa di possesso della diocesi nel giorno dell’Epifania del 1955, il nuovo pastore ha contatti con la Chiesa varesina (allora guidata dal Prevosto monsignor Francesco Rossi nominato poi nel 1963 vescovo di Tortona e consacrato il 26 maggio di quell’anno dallo stesso cardinal Montini nella Basilica di san Vittore), e compie uno dei suoi primi gesti ufficiali in città (dopo aver presenziato in precedenza a raduni delle ACLI e dell’Azione Cattolica) partecipando il 18 novembre 1955 all’inaugurazione solenne della Casa della Cultura Giuseppina Cattaneo sita in Piazza Beccaria, in cui trovarono posto le più importanti associazioni educative cattoliche dell’epoca (dai Laureati Cattolici alla F.U.C.I.), ma che fu soprattutto dagli anni ’60 la storica sede di Gioventù Studentesca dove si formò il nucleo fondante di quel movimento rivitalizzato in Diocesi dall’opera di don Luigi Giussani che darà poi origine alla storia di Comunione e Liberazione in Varese.

Piace ricordare l’episodio perché testimonia l’attenzione tutta particolare dell’Arcivescovo Montini verso la formazione culturale (oltre che spirituale) di quella gioventù cattolica da lui vista come il vero futuro della Chiesa, e perché da qui si sviluppò il più vivace ed interessante dibattito tra gli studenti cattolici varesini ed il mondo laico della città, capace di influenzare un’intera generazione e di motivarla negli anni successivi all’impegno pubblico.

Numerosi negli anni successivi gli incontri tra Varese e il suo vescovo, per cresime, inaugurazioni di edifici o nuove chiese, interventi in momenti significativi della vita ecclesiale, da cui emerge una particolare attenzione e benevolenza per quello che gli si presenta come uno dei centri più significativi della diocesi ambrosiana; ma molte sono anche le visite private al Sacro Monte con la salita in preghiera in compagnia del fedele segretario, o gli incontri con sacerdoti anziani e malati (visitò monsignor Sonzini prima della morte). Sino all’ultimo atto importante del suo episcopato milanese della consacrazione episcopale del Prevosto monsignor Rossi, cui seguì la decisione di nominare monsignor Enrico Manfredini, uno dei suoi collaboratori più stretti e di fiducia, nuovo prevosto di San Vittore, proprio pochissimi giorni prima della sua partenza per il conclave da cui sarebbe uscito Papa (smentendo peraltro il detto che chi vi entra Papa ne esce cardinale!).

Inizia così l’avventura pontificale di Paolo VI, che sceglie il nome dell’apostolo delle genti e non dimentica il legame con Varese e la stima verso il Prevosto Manfredini, che guida nel settembre 1966 il pellegrinaggio in occasione del 150° anniversario dell’elevazione di Varese a città. Passando gli anni, dopo la sua morte fu compito di monsignor Macchi tener viva la memoria di Papa Montini in tutti i modi, ma sempre con l’occhio volto all’amore di Paolo VI per la montagna sacra di Varese. E dal 1986 campeggia la grande statua di Bodini che sembra ritrarre Montini in atteggiamento di abbraccio accogliente dei fedeli in quella Chiesa da lui tanto amata, cui nel testamento spirituale chiedeva di aver coscienza della sua natura e della sua missione, avendo il senso dei bisogni veri e profondi dell’umanità e camminando povera, cioè libera, forte ed amorosa verso Cristo.

Tantissimi sarebbero ancora i ricordi, ma l’essenziale è riconoscere la straordinaria statura di un uomo cui la Chiesa riconosce oggi il titolo di beato perché integralmente donato all’obbedienza a Dio nel piano che Egli ha preparato per lui, nella fedeltà suprema alla fede nel periodo storico in cui si è trovato a vivere, che è certo uno dei più tortuosi ed insidiosi dell’intero Novecento.

 

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