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Sport

BASKET SENZA LA NOSTRA GIOVENTÙ

ETTORE PAGANI - 14/11/2014

I varesini Ossola e Rusconi con il messicano Raga

I varesini Ossola e Rusconi con il messicanoRaga

Lo sport è bello perché è vario. Anche se di qualche varietà si dovrebbe poter fare a meno. Nel basket, per esempio, si pensa di ricorrere a un’incentivazione economica per alimentare la crescita di giocatori italiani che abbiano a praticare questo sport. Che sia cosa utile è di tutta evidenza. Il fatto poi che sia in Italia e che proprio qui, in questo nostro paese, si debba ricorrere a stratagemmi di questo genere sembra non contare nulla. Che diamine! E perché mai le società di basket made in Italy dovrebbero preoccuparsi i di faccenduole del genere; di crescere, cioè, nel proprio seno, giovani al fine di indossare, poi, la stessa maglia del sodalizio che li ha fatti crescere oppure di attingere a interessanti promesse nei vivai di società che sui giovani hanno sempre fatto conto? Perché mai?

Meglio continuare a seguire la strada del “facciano gli altri” piuttosto che quella dei “fai da te”, se poi – seguendo questa via – i risultati sul campo fossero soddisfacenti si potrebbe anche chiudere un occhio. Uno solo, ovviamente, s’intende! perché i riflessi negativi su uno sport senza giovani aspiranti a praticarlo sarebbero sempre indiscutibili. Ma il fatto è che i risultati di questa scelta esterofila del basket sono – a essere di buon cuore – men che mediocri.

È di tutta evidenza come l’incetta di nomi stranieri nel nostro massimo campionato abbia peggiorato il livello tecnico individuale insieme a quello generale. Eppure si continua a considerarsi quasi un obbligo questa raccolta di mediocrità purché vengano da altri confini.

E non conta neanche – per stare a casa nostra – ricordare come e quanto l’esempio di tempi andati sia stato produttivo di soddisfazioni proprio attenendosi a una politica di rispetto e di attenzione verso i giovani ben cresciuti nel nostro territorio con quella Robur a portata di mano che della cura dei giovani è sempre stata un autentico cantiere.

Si parlava – proprio poco tempo addietro – in un incontro presso Radio Missione Francescana dedicato – appunto – alla Robur e con la presenza di Gianni Corsolini della produttività continua di quel processo di trasferimenti di giovani campioni da via San Francesco ai campi della prima squadra varesina. E si sottolineava come, in presenza dell’attuale situazione opposta di mancata considerazione di tali scelte, anche la prima squadra cestistica locale avesse allora registrato vantaggi enormi. Inutile divulgarsi più di tanto sui singoli esempi: dagli Ossola, Rusconi, i Rodà per arrivare a quant’altri.

Oggi vige la regola contraria e questa preziosa, comoda ed economica tradizione viene cancellata per lasciare posto a rimarcata mediocrità. Eppure non solo a Varese ma anche nei dintorni il basket giovanile esiste ancora e continua ad esistere con esiti più positivi.

E così, ora, di qui l’idea di incentivare l’afflusso giovanile con premi in denaro. Un’estrema risorsa cui forzatamente – ma, se vogliamo, necessariamente – si è dovuto ricorrere. Accontentiamoci di questo. Salvo folgorazioni improvvise di ricordi passati. Altrimenti occorrerà affidarsi a un malinconico “ Buona notte caro nostro basket e, ancor più cara nazionale”.

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