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Società

VITA E POLITICA ALLA LUCE DELLA FEDE

GIANFRANCO FABI - 19/12/2014

antiseriÈ stato presentato nei giorni scorsi a Roma, all’Università lateranense, il libro di Dario Antiseri e Flavio Felice “La vita alla luce della fede, riflessioni filosofiche e socio-politiche sull’enciclica Lumen fidei” (Ed. Rubbettino). Pubblichiamo uno stralcio dell’intervento svolto da Gianfranco Fabi

Papa Francesco ha cambiato i paradigmi con cui guardiamo alla presenza dei cristiani nel mondo. Lo si è visto con le parole forti e semplici che ha voluto dare come ispirazione del proprio pontificato. Lo si è visto nella problematicità aperta con cui ha affrontato il tema della famiglia nella preparazione del Sinodo dei vescovi. Lo si è visto nella sottolineatura ripetuta e convinta dei temi della misericordia, del perdono, dell’accoglienza.

Un richiamo alla semplicità dell’umanità e alla ragione ultima della fede. Si segue Cristo per essere felici, per dare un senso alla propria umanità, per mettere alla prova in modo positivo quella che è stata chiamata la tenerezza di Dio.

E non sembri di compiere un salto logico innestare sulla tenerezza di Dio, che non è per nulla un fatto privato, il tema sicuramente delicato e complesso, come quello dei cattolici in politica. Un tema che non è solo di strategia, ma che attraversa la dimensione degli obiettivi e dei risultati. Perché la politica deve essere giudicata anche dai risultati.

E allora è forse necessario riconoscere che negli ultimi anni c’è stata una velenosa frammentazione nella presenza dei cattolici nella realtà italiana. Vista dall’esterno la presenza dei cattolici si è divisa in due: da una parte quella dei cattolici adulti, quelli che rispondono al richiamo della laicità e si muovono quasi come se Dio non ci fosse, dall’altra quella dei cattolici che si presentano come rappresentanti dei valori non negoziabili, una definizione teologicamente corretta, ci mancherebbe altro, ma che è stata colta come la volontà non tanto di non scendere a compromessi (e su determinati valori non si può scendere a compromessi), quando di non accettare nemmeno un confronto, un dibattito, una collaborazione su altri fronti.

Tra cattolici adulti e cattolici chiusi quello che si è ottenuto è stata l’irrilevanza, come ha scritto Dario Antiseri, “presenti ovunque e inefficaci dappertutto”.

E allora la luce della fede è quella che fa ritrovare il cuore semplice del Vangelo, che fu superare il dogmatismo dei burocrati della fede e degli analfabeti del cuore.

Come sottolineava Bonhoeffer se l’atto religioso è qualcosa di parziale, la fede è qualcosa di totale, un atto di vita. Perché la fede è fortemente radicata nel mondo e nella storia: la salvezza è qui ed ora, non è un’evasione dalla realtà e tanto meno il risultato di una alienazione. Non ci interessa un divino che non faccia rifiorire l’umano, che non renda testimonianza della buona notizia, di un incontro possibile, di una realtà di Dio che parla il linguaggio della gioia, in fondo della grandezza del Natale. La buona notizia che è possibile vivere meglio, per tutti. La vita buona, come ama sottolineare il nostro cardinale arcivescovo ambrosiano.
La felicità è possibile, è vicina e Gesù ne possiede la chiave. Il piacere di vivere. Una gioia vera non può mai essere solitaria.

Ed è particolarmente importante la riflessione di Flavio Felice sulla centralità della famiglia come connessione tra la logica del bene comune, il fondamento della dottrina sociale della Chiesa, e la pratica del potere e della politica.

La famiglia è il fondamento originale e originario del rapporto tra una persona e un’altra persona, tra un uomo e una donna, un rapporto in cui si realizza e si esprime la dimensione più vera e centrale dell’umanità e della storia. Dell’umanità perché il fondamento della famiglia è l’amore, della storia perché la dimensione familiare è fondata sulla fecondità e quindi sull’unica garanzia di sviluppo del genere umano.

Ma la famiglia, nei suoi dati concreti, come sottolinea Flavio Felice, è la dimensione che determina ognuno di noi non solo geneticamente, ma anche psicologicamente, pedagogicamente e moralmente. La famiglia come scuola di vita, come centro di elaborazione etica, come luogo di insegnamento delle virtù civili, dell’iniziativa e del mercato, del risparmio e della solidarietà.

Felice cita Novak: la famiglia come linea di resistenza contro il totalitarismo, la famiglia come protezione dello spazio in cui individui liberi e indipendenti possono ricevere la necessaria formazione.

È forse questo il dramma del nostro tempo: l’attacco concentrico alla famiglia è in fondo la volontà di un nuovo totalitarismo di prendere possesso della persona. Per questo si attenuano i legami, banalizzando un matrimonio che è sempre più simile ad una associazione con un contratto di reciproca prestazione di servizi che non la ratifica giuridica e soprattutto sacramentale di un nucleo sociale basato sull’amore e la procreazione. “La bastonano da tutte le parti e la lasciano molto ferita”! ha detto nei giorni scorsi Papa Francesco riferendosi alla famiglia, e ha aggiunto “Ci sono tante convivenze e separazioni e divorzi: per questo la chiave di come aiutare è ‘corpo a corpo’, accompagnando e non facendo proselitismo, perché questo non porta a risultati: accompagnare, con pazienza”.

Accompagnare in modo costruttivo non per convincere, imporre o difendere dei principi, ma accompagnare per comprendere, sostenere, perdonare. La mia miseria, la misericordia di Dio scriveva Sant’Agostino “Quando la miseria altrui tocca e colpisce il tuo cuore, quella è misericordia”. C’è un cammino da compiere.

Ascolto, confronto, sguardo: tre parole che papa Francesco ha usato nella preghiera alla veglia di preparazione al sinodo straordinario sulla famiglia. Chiediamo, ha detto, “il dono dell’ascolto: ascolto di Dio, fino a sentire con Lui il grido del popolo; ascolto del popolo, fino a respirarvi la volontà a cui Dio ci chiama. Accanto all’ascolto, invochiamo la disponibilità a un confronto sincero, aperto e fraterno, che ci porti a farci carico con responsabilità pastorale degli interrogativi che questo cambiamento d’epoca porta con sé. Ma il segreto sta in uno sguardo: ed è il terzo dono che imploriamo con la nostra preghiera. Perché, se davvero intendiamo verificare il nostro passo sul terreno delle sfide contemporanee, la condizione decisiva è mantenere fisso lo sguardo su Gesù Cristo”.

Stiamo vivendo un “cambiamento d’epoca”, non si tratta di adattarsi, ma si tratta almeno di prenderne atto. Proprio perché è drammaticamente reale la crisi della famiglia ci impone non certo di rinnegare, ma di andare oltre alla riaffermazione dei valori non negoziabili. Andare oltre vuol dire scendere dal piedistallo del giudice per fare nostro quello sguardo di Gesù che esprimeva compassione e sollecitava prima di ogni cosa la fede.

La vita alla luce della fede rimette al proprio posto la gerarchia di valori, rimette al centro la persona immagine di Dio, offre una speranza oltre la fragilità e il peccato, riscopre la domanda di senso e di felicità di ogni persona. Senza i complessi di inferiorità dei cattolici adulti e l’argine che rischia di sempre più teorico dei valori non negoziabili. Siamo uomini come ogni altro uomo, ma con il sano orgoglio di sapere, come afferma Dario Antiseri in conclusione del suo saggio citando Thomas S. Eliot, che “se il cristianesimo se ne va, se ne va tutta la nostra cultura: e allora si dovranno attraversare molti secoli di barbarie”.

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