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Cara Varese

IL “VAFFA” AL POTERE

PIERFAUSTO VEDANI - 30/01/2015

“Oddio mi prende il mal di mare – quando penso a chi andrà al Quirinale – all’altezza di Napolitano – c’è solo Curcio, Vallanzasca e Provenzano – per carità tutte rispettabili persone – peccato che siano già in prigione”. Con questo versetto, sgrammaticato e pieno di errori, un lettore ha commentato alcune notizie, pubblicate da una testata nazionale dell’online, che riguardavano l’ex presidente Napolitano.

È un versetto inaccettabile per più motivi, ne cito solo due. Il primo: Napolitano non ha più lo scudo della legge che lo tutelava nell’esercizio della sua carica e oggi chi lo diffama evita l’accusa di vilipendio che ha conseguenze pesantissime. Oggi Napolitano è quindi facile bersaglio di attacchi dai quali si può difendere per via legale come cittadino. Già, la giustizia ordinaria? Una via tutta sassi, anzi macigni,dove si collezionano lentezze e ritardi incredibili che favoriscono pure le coraggiose imprese anche dei maramaldi da poco.

Il secondo motivo di disapprovazione del versetto, ancora più grave, direi angosciante, è facilmente collegabile alla nuova cultura della libertà di informazione, al calo del senso di responsabilità e della conoscenza di regole fondamentali proprio quando esse dovrebbero essere invece ben richiamate e diffuse perché legate al dirompente, oceanico utilizzo del web.

È dunque un versetto che evidenzia negativi aspetti culturali della concezione dei limiti delle libertà individuali in un Paese che ha come grande riferimento una Costituzione ad alta democrazia. Anche eventuali nuove regole non possono essere diverse da quelle varate per la carta stampata quando è in gioco il rispetto delle persone. Se oggi la libertà di stampa è rappresentata dalla pubblicazione dei versetti, la democrazia sta per finire sicuramente nella pattumiera.

Recenti cronache di eventi riferibili anche alla realtà varesina, offrono altri spunti per sottolineare la portata di un problema che ha fatto discutere per secoli filosofi, pensatori, giuristi, politici. La libertà di opinione è affiorata anche nelle vicende siriane della nostra Greta Ramelli. Giustamente il papà della cooperante di Gavirate con una risata ha allontanato l’ipotesi giornalistica di un comportamento in Siria della figlia e della sua amica Vanessa tale da far nascere ombre di contiguità con il terrorismo. Condividiamo la sua presa di posizione, ma la pubblicazione delle notizie relative a controlli e intercettazioni dei carabinieri era comunque libertà in ordine alla completezza dell’informazione, completezza sorvolata da altre testate. Accostare Greta al terrorismo si è rivelata, ed era prevedibile, solo una strumentalizzazione. Anche alla luce di come è finita la vicenda. Greta e Vanessa potranno riprendere la loro attività a favore del popolo siriano, travolto dalla tragedia della guerra, stando lontane da dove si spara. E non dimenticando mai che in Siria, proprio tra le gente che meritava di essere aiutata, le ragazze hanno trovato altri paladini della libertà che le hanno usate come bancomat.

C’è sempre un diritto alla libertà nei più diversi rapporti umani, in particolare quelli delle gerarchie in ambiti sociali. È un diritto previsto dai principi generali, da salvare nell’interesse della comunità quando è oggetto a volte di contestazioni clamorose come avvenne, era il 1968, nelle università e nelle scuole di mezza Europa dove si sviluppò il primo focolaio apparso in California.

La rigidità del rapporto docenti-studenti fu sovvertita, anzi ribaltata, poi negli anni si sarebbe attenuata, lasciando però spazio nel tempo per un peggioramento dovuto all’ingresso delle famiglie nei difficili territori dell’educazione e dell’ insegnamento scolastici. La famiglia ha infatti vestito inopinatamente i panni di chi ha a cuore solo interessi individuali e non sociali riuscendo così di fatto a determinare nelle scuole un nuovo ridimensionamento di aspetti dell’azione educativa dei docenti. Per fortuna mamma e papà non hanno messo becco negli atenei dove i rapporti tra i principali attori si sono ricostituiti in ambiti più equilibrati e tuttavia tali, purtroppo, da non incidere in eventuali raid presessantottini o baronali di docenti autorevoli, ma nel contempo autoritari al punto di bloccare eccellenti carriere di giovani e preparati discepoli. È  successo anche a casa nostra

Ci saranno sempre docenti dal carattere non facile, con accentuate capacità di nutrire simpatie o antipatie, ma limitarsi agli atenei sarebbe sbagliato, lontano dalle realtà della vita quotidiana, dalle infinite gerarchie che tutti i giorni incontriamo, subiamo o noi stessi i imponiamo. in moltissime situazioni. Per non poche di queste situazioni, in presenza di supposti abusi, ci sono regole e percorsi per la tutela della libertà dell’individuo.

Ma libertà è anche rispetto dei valori della comunità in cui viviamo. Valori che peraltro mutano nel tempo perché legati a tendenze, abitudini, nuove frontiere culturali e sociali. A volte però ci sono cambiamenti di impatto forte, inatteso, per certi versi rivoluzionario in termini di abitudini, costumi, modelli educativi che guardano in particolare ai giovanissimi.

Dopo che anni fa Cesare ZavattinI – a sinistra applaudito liberatore da una censura per la verità in molti casi ridicola – ebbe ad avviare il turpiloquio in RAI: il culto della parolaccia, della volgarità esplose in tutte le varie forme della comunicazione. Ai giorni nostri ha trovato praticanti pure nel mondo politico, addirittura in Parlamento, dove tra l’altro vengono combattute legittime, anzi doverose battaglie per eliminare barriere e pregiudizi che da sempre accompagnano la vita degli omosessuali.

Beppe Grillo non è in Parlamento, ma come leader del suo movimento logicamente fa dei comizi uno dei momenti più importanti della sua attività politica, soprattutto quando sa di apparire in TV. Grande comunicatore, sabato scorso Grillo dai teleschermi ha massacrato il primo ministro, ma ha terminato il suo discorso con un teatrale, poderoso “vaffa” all’indirizzo di Matteo Renzi mentre il suo popolo scandiva in coro una richiesta al potere di onestà. Un “vaffa” che non è di particolare sensibilità per persone che conoscono la ghettizzazione e delle quali pure i “grillini” si occupano.

Anche noi giornalisti non siamo diversi dai politici, da coloro che non frenano la lingua però si cerca sempre di rispettare il limite oltre il quale si urta la condizione altrui e soprattutto si corre il rischio di nuocere ai giovanissimi. Il Grillo al potere sarà comunque una grande novità anche per il progresso educativo personale. Molti lo vedono bene alla guida di un ministero per la cultura popolare. Ne abbiamo avuto già uno. È vero, era di matrice fascista, noto a tutti come Minculpop. Per niente maliziosi a quei tempi italiani e fascisti. Oggi c’ è grande disincanto.

E poi Minculpop è termine anche foneticamente adatto alla delicata, rispettosa oratoria del Nostro.

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