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Cara Varese

IL GRANDE SONNO

PIERFAUSTO VEDANI - 13/02/2015

Beethoven fu inarrivabile con le sue sinfonie, ma non solo per il suo spessore musicale “L’incompiuta” di Schubert è tra le più citate. Infatti grazie al suo titolo, la si accosta a iniziative, situazioni, eventi, di portata significativa finiti in un flop, a volte sconcertante.

Varese non ha pochi pregi. Per esempio è culturalmente viva grazie alla presenza di un elevatissimo numero di appassionati della musica, alla qualità degli eventi di notevole spessore artistico o anche popolari che ricorrono praticamente in tutte le stagioni dando prestigio al cartellone. E non dimentichiamo la presenza, nel tempo, di autori e complessi che hanno lasciato tracce nei vari percorsi delle sette note.

La città ha dunque una bella cultura musicale ma anche una grande storia di flop. Non è facile spiegare come sia riuscita in questa impresa che di norma è impossibile, in comunità evolute. È accertato e inconfutabile che Varese abbia colto grandi traguardi: protagonista del miracolo economico italiano, la città, primatista da sempre nell’industria aeronautica, è ancora oggi riferimento dello sport nazionale.

Nella giovane e piccola Università varesina hanno inoltre insegnato e insegnano autentiche eccellenze della medicina internazionale che rafforzano così un pianeta cultura già ricco per una diffusa e secolare tradizione di amore e culto per il verde. La cultura del territorio si è data una bella dimensione anche grazie al Centro Geofisico, a una Scuola Europea che da sempre proietta i giovani nel futuro, all’attività di bravissimi storici, di scrittori e ingegneri.

Con un passato di questo livello e un presente ancora ricco di potenzialità, noi varesini in questi anni abbiamo trovato il modo di aggiungere alla crisi una serie di errori ingiustificabili.

Oggi la politica sembra finita in una discarica, non gode di rispetto alcuno e sicuramente tanti accidenti se li è meritati, ma se le possiamo imputare praticamente tutti i flop collezionati dagli anni 80 in poi, è pur vero che la Varese del boom non aveva messo in cantina la politica, anzi.

Ho dato nel tempo il mio piccolo contributo al racconto giornaliero di Varese, oggi non vado oltre una domanda, non mi avventuro in una analisi dopo la volatilizzazione di duecento posti letto al “Circolo”con conseguenti disagi e preoccupazioni inflitti a cittadini. Di tutti gli storici flop cittadini quest’ultimo è il più grande e il più doloroso. La domanda: ma i politici del quarto di secolo del boom di Varese erano di una razza diversa?

Ricordo che fu un periodo durante il quale certamente i partiti si giovarono, a Palazzo Estense e in altri ambiti del “pubblico”, di professionisti preparati e attenti alle esigenze della città, la politica locale sentiva la responsabilità del ruolo, si occupava dei problemi di Varese. Oggi è sempre così? Sicuramente ci furono segnali di crisi per la politica locale quando le Regioni si sostituirono in gran parte delle competenze allo Stato centralista. Accadde che con il trascorrere delle legislature i consiglieri regionali si sentissero importanti e potenti quanto i parlamentari e rincorrendoli soprattutto nella mentalità e nei comportamenti a loro volta cominciarono a perdere i contatti con il territorio, a preferire l’alta politica regionale ai problemi della gente che li aveva votati. Non fu e non è un fenomeno generale, abbiamo avuto rappresentanti di grande profilo a Roma e Milano, però in più occasioni, compresa la vicenda del “Circolo” ci sono stati distacco, disattenzione verso gli interessi del territorio. Atteggiamenti del genere possono essere considerati solo una concausa dei problemi di Varese: infatti va rimarcato il vuoto di anni sciupati a Varese in discussioni e progetti non realizzati durante l’era leghista. C’è stato un grande sonno appesantito dalla crisi nazionale e favorito pure dalle distrazioni di una opposizione che non sembra rappresentarci a Palazzo Lombardia. Già, c’era una volta il PCI.

È possibile che gli eventi, i grandi mutamenti politici,sociali e culturali abbiano trovato un’intera generazione politica non adeguata al momento storico. Una delle prove la troviamo in viale Borri: a otto anni dall’inaugurazione abbiamo una struttura ospedaliera che non risponde alle attese, “potata” da esperimenti amministrativi che sono espressione i di una cultura gestionale che incrina la diga dei cattivi pensieri e stabilisce il flop record della città.

Uno dei pensieri più cattivi è stato fatto all’annuncio di una riforma regionale della sanità. La fanno i soliti noti. Aiuto, chiamiamo la Protezione Civile.

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