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Attualità

EXPO/4 NUTRIRE ANCHE L’ANIMA

don ERNESTO MANDELLI - 30/04/2015

fameIl tema dell’ EXPO 2015 “nutrire il pianeta, energia per la vita” ha suscitato fin dall’inizio reazioni diverse e contrastanti. Si è presentato con un proclama di altissimo livello, capace di aprire a grandi speranze, un salto di qualità nella storia della umanità, dei popoli tutti, l’eliminazione di quelle larghe fasce di umanità, costrette a vivere a livelli di sopravvivenza. Ma quasi subito, facendo memoria della storia degli uomini, delle tante dichiarazioni ufficiali, fatte e ripetute in tutte le sedi, ONU, FAO, UE è diventato d’obbligo chiedersi, non per pessimismo ma per realismo: sarà vero?

Detto questo, non deve comunque essere abbandonata la speranza che qualche passo venga fatto per un cambiamento. Di fronte al problema della fame nel mondo colpiscono anzitutto le contraddizioni documentate da cifre drammatiche. Sono 805 milioni le persone nel mondo che non hanno il sufficiente per mangiare. La scarsa alimentazione è causa della morte del 45% dei bambini sotto i 5 anni. Il Italia si contano 6 milioni di poveri assoluti, senza beni e servizi per una vita dignitosa (Fonte WFP). Il contrasto diventa sconcertante se si pensa allo spreco di cibo. Solo nei paesi industrializzati vengono buttate 222 milioni di tonnellate di cibo ogni anno, sufficienti per sfamare l’intera popolazione dell’Africa sub-Sahariana. In Italia ogni anno finiscono nei rifiuti dalle 10 alle 20 di tonnellate di prodotti alimentari, per un valore di 37 miliardi di euro, sufficienti per sfamare 44 milioni di persone ( Fonte Barilla center).

Le conclusioni sono amare: ingiustizie e sperequazioni perdurano e non si intravvedono soluzioni credibili all’orizzonte. L’EXPO di Milano saprà segnare realmente una svolta in ambito culturale capace di determinare scelte politiche ad ogni livello? Vogliamo sperarlo. A questo punto è da supporre che tutti possano essere d’accordo nel ritenere che un cambiamento reale possa avvenire solo se questa spinta culturale avrà coinvolto movimenti e istituzioni.

I cristiani sapranno dare il loro contributo ripensando le parole di Gesù: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”. Inoltre i vari episodi di moltiplicazione dei pani dicono con chiarezza che la strada è quella della condivisione dei beni del mondo. Soprattutto Gesù insegna che è il dono della propria vita che può creare una umanità fraterna. Sulle parole evangeliche esistono testi e riflessioni notevoli e approfondite. Ma il rischio che una comunità cristiana può correre è quello di fermarsi a livello di conoscenza senza far seguire ad essa una vita nuova e coerente. Il volto delle nostre comunità oggi può essere descritto con le parole che l’Apocalisse rivolge alla Chiesa di Laodicea “tiepido, né freddo né caldo” conseguenza di una ricerca del benessere materiale: ”Sono ricco, mi sono arricchito, non ho bisogno di nulla” (Ap.3, 14-22).

Questo clima ha contribuito a create quella indifferenza diffusa, alla quale più volte ha fatto cenno Papa Francesco. A questo punto nasce la domanda: le comunità cristiane fino a che punto si sentono sollecitate dalla predicazione forte, evangelicamente incisiva, dalle propose e dai gesti di Papa Francesco? Per non essere insignificanti nel contesto sociale le comunità cristiane devono compiere scelte coraggiose ed evangeliche.

Quando una comunità è chiamata a costruire il proprio Centro parrocchiale o l’Oratorio per i propri ragazzi, si verifica quello che si chiama concorso di popolo: nascono spinte e passioni straordinarie che ne consentono la realizzazione, con la soddisfazione di poter dotare la propria comunità di strutture idonee.

In questo momento storico ci sono emergenze umanitarie di notevole gravità, che interpellano tutti gli uomini di buona volontà e naturalmente anche i cristiani. In ogni comunità dovrebbe potersi trovare una casa per l’accoglienza dei bisognosi. L’indicazione ci viene dalle parole evangeliche “L’avete fatto a me”. Certamente non è in sintonia con il Vangelo lasciare strutture inutilizzate e appartamenti vuoti.

Quando una comunità si avventura in operazioni, che portano il segno della carità e della gratuità, oltre che offrire accoglienza e aiuto ai poveri, crea al proprio interno un circuito virtuoso per il quale le parole evangeliche più volte predicate e insegnate, vengono vissute e rese attuali nel segno di una gioia autentica e sorprendente. Mentre con ogni sforzo si dà vita a strutture e iniziative per poveri e bisognosi, si nutre e allieta lo spirito, si realizza la comunione fraterna, si eleva sensibilmente il livello della qualità di vita nella società degli uomini.

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