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Cultura

IN SALVO RECITANDO L’AVE MARIA

PIERO VIOTTO - 31/07/2015

peguyScrivere un poema su di un poeta, ritmarlo, con una sequenza di testi di varia lunghezza, composti in quartine proprio come Eva di Péguy, sugli avvenimenti storici e biografici di poco più di un mese degli ultimi giorni del poeta, rigorosamente accertati ed insieme cogliere il significato profondo di quella morte in battaglia, è stato il modo migliore per Roberto Gabellini (“L’ultima marcia del tenente Peguy”, Ares) per ricordare il centenario del sacrificio di Charles Pèguy il 5 settembre 1914. Il poema è preceduto da una introduzione di Alessandro Rivali e chiuso da un saggio di Pigi Colognesi; una breve biografia a cura di Flora Crescini e una dettagliata cronologia dei fatti accaduti dal 1 agosto 1914 al 5 settembre 1914 permettono di comprendere ogni momento di questa narrazione poetica, che trova la sua chiave interpretativa nelle parole che lo stesso Pèguy, poco prima di imbarcarsi sul treno che lo portava a fronte, disse a Geneviève Favre, la madre di Jacques Maritain: “Parto soldato della Repubblica, per il disarmo generale e l’ultima guerra”. Questo testo è inserito nel poema di Gabellini, come altri frammenti delle poesie di Péguy, che vengono amalgamati nella interpretazione degli avvenimenti di cui si parla in un dialogo continuo ed affettuoso con il tenente Pèguy.

Pèguy socialista non rinuncia al suo ideale di pace, rifiuta il pacifismo utopistico, sa che bisogna difendere la Repubblica e spera che la tragedia imminente sia l’ultima guerra, convinto che una democrazia reale possa migliorare le condizioni di vita del popolo. Scrive Bolognesi “per lui la          Repubblica significava la sintesi degli ideali del popolo francese, quelli della rivoluzione, della democrazia, del socialismo; in definitiva quelli della <Città armoniosa> da lui sempre perseguita”. p. 140.

Ma con il dramma collettivo dei popoli in guerra di annoda con una crisi personale, che Gabellini analizza con tenerezza nei suoi versi. Pèguy milita nel Partito socialista e dirige una rivista socialista. Nel 1897 sposa con matrimonio civile Charlotte Badouin, sorella del suo migliore amico, da cui avrà diversi figli. Scrive articoli, molto violenti per difendere l’ufficiale ebreo Dreyfus ingiustamente condannato. Ma quando il Partito decide una censura preventiva sugli articoli, lascia il partito e fonda i “Cahiers de la Quinzaine”, una rivista indipendente che dirige tra mille difficoltà finanziarie. Nel 1908 ritorna alla fede cattolica, si confida con Maritain ed un vecchio amico, diventato benedettino, Louis Baillet che lo informano della necessità, per essere cattolico, di regolarizzare con il sacramento il suo matrimonio e di battezzare i figli. La moglie non è d’accordo e Peguy per rispettare la sua libertà rinuncia e rimane fedele al suo matrimonio, anche quando si innamora di Blanche una giovane ebrea che lo aiuta ai “Cahiers” e ispira la sua poesia; la rispetta e rimane fedele al suo matrimonio. Commenta Bolognesi “In un paradosso che solo la concezione cristiana di verginità riesce a contemplare, Peguy fu contemporaneamente fedele alla moglie e alla donna dei suoi sogni (che, tra l’altro aiutò a trovare un buon marito). Fu probabilmente per tale purezza, unita ad un profondo rispetto, che Charlotte, dopo la morte del marito si convertirà al cristianesimo e farà battezzare i figli“. pp. 137-8

Quest’avventura politica, questa travaglio affettivo che non ha nulla delle svenevolezze romantiche, questa fede, senza sacramenti, sofferta nel mistero della grazia di Dio è tradotto da Gabellini in testi poetici scanditi in quindici giornate di concreti avvenimenti spirituali. Accenno a qualche passaggio particolarmente significativo.

1 agosto 1914: La Francia, a causa della dichiarazione di guerra della Germania, decreta la mobilitazione generale, inizia il primo conflitto mondiale, i richiamati alle armi debbono abbandonare le loro famiglie    “Come ci si prepara per partire, quali sono // le parole con cui potersi salutare, // dire addio, e offrire una speranza // senza dire una bugia; come si fa” (pag. 17). Peguy deve lasciare la moglie Charlotte, che attende il quarto figlio, è preoccupato ed inquieto, li ha affidati all’attenzione del suo maestro Henri Bergson. I versi struggenti di Gabellini fanno comprendere che forse Charlotte sarebbe disposta a fare battezzare il figlio nascituro, il tenente Peguy chiede solo un pellegrinaggio a Chartres e paragona il camminare dei pellegrini alla marcia dei soldati che stanno accorrendo al fronte per difendere la Repubblica: “in questi momenti si potrebbe ottenere // qualsiasi cosa, vincolare ogni cuore, // legare gli amici, la sposa, anche i figli // a qualsiasi promessa”. //. p.21

In questa stessa pagina c’è anche lo snodo interiore di questa avventura spirituale, bisogna conservare la fede e lasciare lavorare la grazia, che come l’acqua continua a colare, goccia a goccia, e scava la sua strada. Bisogna accettare la separazione dai propri cari e la solitudine. La salvezza non è opera nostra ma di Dio: “lascia la tua fede, qui, da qualche parte,// magari nascosta in un cappotto ad aspettare,// senza farsi vedere, il giorno in cui, chissà,// qualcuno dei tuoi vorrà sapere cosa sia;// lascia che sia la grazia a darsi da fare,// se vuole; lei che è insidiosa, è scaltra,//

che è sempre inattesa, è ostinata; // che se non viene diritta, certo, // trova sempre un qualche modo,// per quanto strano, d’arrivare alla meta.//. p.21

15 agosto 1914: “Qui, tenente Péguy, hai trovato un amico, // uno dei soldati migliori — dici – della tua compagnia; // un giovane frate, un cappuccino // accorso dall’Italia, subito, i sandali ai piedi. // L’hai fatto cappellano dei soldati e tuo personale.// Forse è stato lui stesso, oggi,// per la festa dell’Assunzione,// lui, che ti ha convinto // a partecipare di nuovo,// da quando eri bambino,// alla messa, a confessarti; // p.70

Non abbiamo documenti su questa probabile confessione, ma abbiamo una testimonianza di Raïssa Maritain che, nel suo libro autobiografico cita una lettera di Pèguy in data 16 agosto 1914 a Jeanne Maritain, sorella di Jacques: “Forse un giorno vi dirò in quale parrocchia ho ascoltato la messa dell’Assunzione. Se non ritornerò, andrete a Chartres una volta all’anno per me”. Raissa aggiunge un’ altra informazione. Il tenente Claude Casimir-Périer, che aveva preso il comando della compagnia, scrive il 5 ottobre 1914 alla moglie Charlotte “Péguy la sera del 5 settembre sembrava presentire la sua fine gloriosa. Tutti quelli che l’hanno avvicinato l’hanno sentito come me… la vigilia aveva stazionato con i suoi uomini in un vecchio convento e passato la notte ad accumulare fiori ai piedi dell’altare della Vergine”.

3 settembre 1914: “Signor tenente l’hai trovata; // come un caso,// una fortuna sulla strada // o come Dio, forse, ti ha promesso.// Piccola chiesetta, oggi // l’iscrizione che porti è diversa.// Racconta di un tenente di Francia,// che due giorni prima di morire, prima // della sua battaglia, della prova che aspettava,// trascorse la sua notte, qui, a raccogliere dei fiori//e a sistemarli con pazienza//sotto la statua di Maria. // p. 120

Gabellini chiude il poemetto su L’ultima marcia del tenente Péguy, che si legge come un racconto, rimandando alla preghiera dell’Ave Maria, nella quale chiediamo l’aiuto della Vergine “adesso e nell’ora della nostra morte”. 5 settembre 1914: cristiano senza sacramenti, irregolare, //

l’adesso e l’ora della tua preghiera speciale,// di quelle parole che hai conservate, le uniche// che non hai lasciato cadere,// che ti servivano ancora,// finalmente – ora – // coincidono esatte. Il seme muore, // Nunc et in hora mortis nostra// p. 133

Al di là di ogni intellettualismo, alla ricerca delle definizioni concettuali della propria fede, in un mondo dove la scienza è indifferente o negatrice della religione, Pèguy si salva recitando un “Ave Maria” ed è questa la metafisica del catechismo, come lui stesso la definisce in uno dei suoi ultimi libri, Il denaro, scritto nel 1914: “ Posso dire oggi senza temere di offendere nessuno che la metafisica dei nostri maestri non ha più senso, né per me né per alcuno; la metafisica dei parroci si è invece impadronita del mio animo con una profondità che mai neppure essi avrebbero potuto immaginare. Non crediamo più a una parola dell’insegnamento, della metafisica dei nostri maestri. E crediamo integralmente al contenuto del catechismo: esso è divenuto ed è rimasto parte quasi carnale di noi stessi”.

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