Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Spettacoli

FESTIVAL DA STADIO

MANIGLIO BOTTI - 19/02/2016

stadioAvrebbe potuto vincerlo una donna – com’era stato pronosticato – il sessantaseiesimo Festival di Sanremo, perché la schiera femminile era ben folta, a partire dall’ex “ragazza del Piper” Patty Pravo che celebrava coraggiosamente il mezzo secolo di attività nel mondo della canzone (ma nel 1966, lei così trasgressiva, a Sanremo non sarebbe venuta manco morta; lo fece però abbastanza presto, nel 1970, cantando con Little Tony, la bellissima “La spada nel cuore”), per continuare con Noemi, con Arisa, con Annalisa… E in effetti una donna – la giovanissima Francesca Michielin – è stata quella che ha sfiorato il podio. Avrebbe potuto vincere una coppia, Giovanni Caccamo e Deborah Iurato, come cinquant’anni fa accadde a due “mostri sacri” come Mimmo Modugno e Gigliola Cinquetti: “Dio come ti amo”…

Al di là delle aspettative iniziali, invece, hanno vinto gli Stadio, un gruppo abbastanza stagionato ma ben forgiato da trentanove anni di musica, relegando a distanza un altro gruppo che da subito aveva conquistato qualche critico: Elio e le Storie Tese. Bravi, simpatici, sperimentali… Molto folklore. Ma quando la voce prima quasi sussurrata e poi dirompente, dalla ballata lenta al rock urlato, di Gaetano Curreri di Bertinoro, 63 anni, il leader degli Stadio, ha invaso in crescendo la platea dell’Ariston s’è capito che la canzone – “Un giorno mi dirai” – avrebbe potuto e dovuto vincere, e ha vinto. E non già per conferire agli Stadio un premio alla carriera – per loro onesti mestieranti il Festival nel passato era stato gioie e dolori – ma perché era una bella canzone. Da gran Festival, appunto.

Perché poi c’era il “Festival vero” con il suo direttore artistico e presentatore – Carlo Conti, che quest’anno ha fatto il bis –; e con i suoi inevitabili ospiti – da Elton John a Nicole Kidman; da Aldo, Giovanni e Giacomo a Nino Frassica; dal talentuoso pianista Ezio Bosso, oltre la malattia, a Enrico Brignano, a Renato Zero, a Roberto Bolle, alla ragazzina di una volta Cristina D’Avena… E il Festival con le sue inevitabili polemiche, che sono un po’ il cacio sui maccheroni, come la vittoria tra le Nuove proposte di Francesco Gabbiani, bocciato e poi “ripescato” con la canzone “Amen” (e mai titolo fu meno azzeccato, visto come s’è conclusa la vicenda); una vittoria che ha in sé anche una parte di bosinità, dato che il brano – premiato come miglior testo – è stato scritto dal varesino Fabio Ilacqua.

Carlo Conti, si diceva ha replicato. Ma mentre lo scorso aveva tenuto il profilo basso, sfruttando quasi una “presenza per caso”, stavolta ha giocato forte, da padrone della scena, da operatore maestro di “mamma Rai”, madre sempre generosa. Fin dalla prima sera, quand’è apparso sul palco dell’Ariston come un faraone, continuando poi con un “controllo” che ha superato anche il Pippo Baudo dei tempi migliori, la cui ombra ha sempre aleggiato sull’Ariston – e gliene è stato dato merito – come quella di Banco nel Macbeth scespiriano.

Precipuamente sue, di Carlo Conti, con grande probabilità, certe scelte di programma e di scaletta: fare passare, nella prima serata, un ampio back-stage dei cantanti protagonisti; i richiami di collaborazione quasi d’obbligo: la bella stangona Madalina Ghenea e la “sorpresa” Gabriel Garko, per accontentare un certo palato, che è apparsa, come si dice, la classica barca nel bosco; oppure farsi affiancare dalla presentatrice-imitatrice-pseudovalletta Virginia Raffaele (sue le “figure” di Sabrina Ferilli, di Donatella Versace, di Carla Fracci, della Belén, sé stessa solo nella serata finale). Richiami, neanche tanto vaghi, ispirazioni forse al Tale Quale Show che a maggior ragione di un Festival è nelle corde di Carlo Conti. Un pregio per gli spettatori di bocca buona, che sono sempre tanti nonostante le critiche, i proclami e i grandi rifiuti. Ma anche un limite, dato che le canzoni italiane (?) vagavano nell’etere attraverso l’Eurovisione, che magari avrebbe giustamente preteso qualcosa di più.

Qualcosa di più e di meno scontato, per esempio, ci si poteva attendere invece dell’arrivo sul palco, il sabato sera, degli amici di una vita di Carlo Conti: Giorgio Panariello e Leonardo Pieraccioni. S’è ricostituito così a Sanremo il Clan dei Toscani con ormai un cappello su quasi tutte le sedie. E con un “padrino” silenzioso ma evocato. Seduto da qualche parte, magari a Roma, a perpetuare la saga.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login