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Cara Varese

QUEI LETTI SCOMPARSI

PIERFAUSTO VEDANI - 27/05/2016

ospedaleNumero 1 di Lombardia con buone prospettive di durata sino alla prossima legislatura salvo disastri causati nelle campagne nazionali dal nuovo Balilla in camicia verde, il Salvini fiero l’occhio e svelto il passo, Roberto Maroni ha presentato la sua riforma regionale della sanità sostenendo che sarà di qualità ed efficacia tali da essere presa a modello dallo Stato.

È sicuramente una riforma rivoluzionaria essendo molti servizi assistenziali concepiti come una rete sul territorio a protezione di tutte le comunità; sui tempi del suo successo ci può essere qualche perplessità dal momento che il finanziamento statale indispensabile per la riforma è già stato potato, nonostante le promesse, dal solito Renzi.

Vero che l’ex principino Formigoni è di Lecco, ma a noi lombardi piacciono i fatti e la concretezza e Varese al Paese ha dato sicuramente personaggi di profilo se guardiamo alla loro capacità nel servizio. Roberto Maroni per esempio è stato uno dei migliori ministri dell’Interno della Repubblica; non è un parere personale, ma un riconoscimento confermato nel tempo ed emerso e condiviso nell’apparato, da prefetti ed ex prefetti, infine da chi nella Polizia ha operato e opera sul campo.

Questa maroniana rete protettiva della salute pubblica, è stata concepita anche come un efficiente filtro e perciò chiama in causa tutti coloro che svolgono attività sanitarie e, sempre relativamente al territorio, avrà un ruolo ovviamente importante il nostro ospedale che sarà centro di assistenza e cura per le fasi acute delle patologie.

Il che fa supporre per casi meno urgenti trasferte in altri ospedali anche di non abbienti, anziani, pensionati soli o appartenenti a famiglie che hanno al massimo la bici. Tutta gente per la quale i trasferimenti a Tradate, Cittiglio e Luino possono rappresentare un costo gravoso o addirittura un’impresa impossibile tenendo conto anche della scadente qualità dei mezzi pubblici in provincia.

Su questa selezione dei pazienti e dei loro parenti che li devono assistere potrebbe incidere anche il fatto che la presenza di grandi specialisti al Circolo da tempo richiama ammalati da tutta Italia e per curarli a volte si impone il loro ricovero.

La portata sociale della riforma nella nostra zona appare più preoccupante che entusiasmante in quanto prevede una grande centralità del nostro ospedale di Circolo che in meno di 15 anni da 1400 letti è passato prima a 757 e oggi ne offre forse qualche decina oltre quota 500. Vero che ci saranno posti per chi ha già avuto il trattamento previsto dalla fase acuta della patologia riscontrata, ma la nostra è già – lo sarà maggiormente negli anni a venire – una nazione di vecchi e dalle prospettive economiche non esaltanti.

È comunque positivo che si parli di riforma, ma per essere almeno oggi un tantino più credibile la Regione dovrebbe almeno dire che fine hanno fatto i posti letto che aveva garantito ufficialmente nel 2001 al nostro ospedale. Come è arcinoto erano 757, dopo anni di silenzio ufficiale nulla si sa della scomparsa di ben 200 letti, tanti sono quelli mai aperti e spariti durante l’impero formigoniano, il tutto senza dare spiegazione alcuna agli elettori varesini che con disagi notevoli o con attese vergognose nella barellaia del Pronto Soccorso hanno duramente pagato il loro tributo alla “migliore sanità d’Italia” (meno che a Varese, con buona pace per il Centrodestra bosino).

Quattro anni or sono rispondendo al Pd Alfieri che aveva chiesto chiarimenti, il direttore Bergamaschi aveva dato una versione molto abile e diplomatica: nella sostanza la carenza dei posti era collegabile… alla riforma che arriva oggi!

Adesso il miniCircolo l’è piscinin proprio perché c’è la riforma e non contano niente le lamentele, i disagi, i casini – la parola è volgare ma risponde a realtà vissute – in questi anni raccontati da noi giornalisti.

Si è anche in campagna elettorale, l’unico politico che ha parlato autorevolmente di sanità è stato Maroni e lo ha fatto come responsabile della riforma. Anche nella legislatura che volge al termine pochissimi i politici che si sono occupati della grave crisi dell’ospedale, crisi che si ripercuote su un altro tesoro cittadino, l’Università. E durante la campagna elettorale si è promesso di tutto. Meno che ricoveri e cure senza problemi al Circolo, come era avvenuto per un secolo prima dell’avvento della sanità-azienda e di sconsiderati in Regione.

In Consiglio Comunale, entrati nel nuovo secolo, venne presentato il progetto del nuovo ospedale: il direttore Carlo Lucchina ricordò a tutti che il nuovo Circolo avrebbe potuto far fronte alle esigenze del territorio al massimo sino al 2030. Ha sbagliato di una quindicina d’anni anche perché l’ospedale appena dopo l’inaugurazione è stato azzoppato, miniaturizzato da un clan di incoscienti.

E a ferirlo è stato anche il disinteresse della maggior parte dei politici, alcuni non so in che misura adatti al ruolo che hanno ricoperto, come quel carroccino che ha scambiato per diffamatori i cronisti che difendevano il Circolo!

Lo so che annoio con la vicenda dell’ospedale, il fatto è che per parecchi anni sono stato uno dei cronisti che per servizio lo frequentavano e ho avuto modo di valutarne nei dettagli anche la portata sociale fatta di interventi adeguati a tutte le necessità che si basano sulla preparazione, sull’umanità di tutto il personale più di quanto si possa credere disposto ad andare oltre il dovere per assistere gli ammalati. Ci sono i sindacati per le varie categorie di dipendenti, ma nella difesa che essi fanno dei loro assistiti sempre tengono conto dei diritti degli ammalati. Credo che sia così in tutti gli ospedali, comunque il Circolo l’ho visto e considerato una grande famiglia e anche per questo motivo non ho capito le difficoltà create dalla Regione al Cral che conta tremila ex dipendenti. Ma è assolutamente zero quello che noi giornalisti abbiamo fatto per il Circolo rispetto al grande cuore di Varese, a persone che hanno permesso all’istituzione di diventare un vero riferimento per tutti. Con donazioni strepitose, con presidenti abilissimi nella gestione e non condizionati dai politici il Circolo ha offerto un servizio eccezionale alla comunità. Quando la politica ha visto incarichi e potere a dismisura nella sanità se ne è impossessata, ma con il potere centrale a Roma la sua azione non ha avuto il carattere di una occupazione militare. Con l’istituzione delle regioni la situazione invece di migliorare è peggiorata perché il potere non è mai stato esercitato come espressione e interpretazione dei piccoli mondi locali, ma come repliche, spesso peggiori dell’originale, dei massimi riferimenti istituzionali in quel di Roma. E se siamo arrivati a politici dello stesso partito che fregano i loro amici – elettori di provincia significa che l’Italia delle regioni non è stata un passo avanti nella democrazia.

Questo è accaduto anche da noi e proprio per l’ospedale e dopo che Giuseppe Adamoli aveva ottenuto dalla DC il finanziamento, indispensabile, per programmare dopo un secolo la realizzazione di un “Circolo” nuovo e adeguato ai traguardi scientifici e assistenziali raggiunti e messi a disposizione di tutta la comunità. Poi sono arrivati gli inventori della sanità più efficiente d’Italia.

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