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Cara Varese

IL GIANÈLA

PIERFAUSTO VEDANI - 20/10/2017

vedani

Pierfausto Vedani ai microfoni di Radio Missione Francescana

Quando lasciai la Prealpina dopo 23 anni di un’attività che mi aveva fatto crescere professionalmente ci furono conoscenti e amici che incontrandomi pensavano di dovermi in qualche modo consolare. Moltissimi se non tutti si dovettero ricredere, può darsi che qualcuno abbia pensato che dietro la mia allegria ci fosse un bel magone, ma non era così. Infatti perché mai avrei dovuto essere triste quando il mio editore mi aveva trattato signorilmente e mi mancavano pochi mesi alla pensione? Erano tempi felici per chi faceva una professione abbastanza logorante. A 55 anni noi giornalisti si poteva uscire dai ranghi attivi: per i fanatici del lavoro c’era sempre la prospettiva di dedicarsi a una interessante variante di riposo.

Mai io avevo preso in considerazione questa ipotesi dal momento che nel passato …remoto lavorare in un quotidiano di provincia comportava un arco di impegno giornaliero raramente inferiore alle 12 ore.

Il mio piano di riposo attivo prevedeva il trasferimento sulla collina reggiana dove mi attendeva un battaglione di bon vivant, gente di provincia fondamentalmente non oziosa come quella raccontata da Piero Chiara, ma che sapeva interpretare e quindi godere la vita senza fanatismi professionali, attenta al lavoro, per esempio quello degli altri, i mezzadri, che si svolgeva nelle proprietà terriere della famiglia.

Il no di mia moglie fu fermissimo, poi “Il Giorno” mi arruolò di nuovo acchiappando pure l’indimenticabile Gaspare Morgione, vignettista e umorista superstar; di me si preoccuparono in seguito Rete 55, Luce, l’Unione Industriali, il Comune con il Premio Chiara. La chiusura del Luce mi vide poi dirottato a Radio Missione Francescana, ma poco prima del secolo XXI la prospettiva di anni positivi, dedicati a un otium romano, fatto di pensieri e opere tutti di grande serenità, andò in fumo per la nascita dell’online Varesenews, del quale si stanno celebrando i 20 anni di successi dalla fondazione. Fu il direttore Marco Giovannelli a reclutarmi forse per vedere che effetto faceva un prudente amico delle certezze della tradizione in mezzo a una banda di scatenati progressisti.

Sono passati tanti anni, ho capito davvero poco della spietata tecnica del mondo web e fatico pure con i telefonini che a volte hanno più programmi e istruzioni che sistemi sicuri per aiutarmi.

I primi giovani della redazione di Varesenews di fine 900 sono già padri e madri di stormi di figli e mi trattano con la pazienza che è tanto gradita dai vecchi nonni. Questa è la prima voce del mio bilancio in Varesenews, adorabile clan che ha avuto un incredibile pregio: mi ha fatto scoprire di essere vecchio senza che me ne accorgessi.

E lo ha fatto assieme a RMFonline.it, a padre Gianni, al mio secondo direttore Lodi, Max, e a persone che, in buona parte della loro vita e in più settori, con lealtà e convinzione hanno servito la comunità.

Insomma un bel collettivo dell’esperienza dove mi trovo a mio agio perché una volta di più non mi fa sentire il peso degli anni e mi aiuta a rinfrescare sempre, come a Varesenews, la mia laicità di cronista. Laicità che nulla ha a che fare con la religione e tutto invece con il sereno distacco da ideologie e fanatismi.

Molto hanno contribuito a questa mia formazione gli anni vissuti a stretto contatto con un gruppo di figli degli operai della più grande azienda tessile di Como, della quale mio padre è stato dirigente.

Amici per la pelle dal 1942 al 1963 quando mi trasferii a Varese ma ancora oggi, siamo davvero un gruppetto di reduci, legatissimi come sempre.

Il nostro viaggio nel tempo ha avuto picchi anche entusiasmanti, ma da qualche anno per tutti noi dello stormo specialista in malestri di inizio anni 40, il cammino è mica male deludente, come quando si andava a pescare nella torbiera del “Bassun” sognando prede eccezionali e catturando al massimo dei “gubbit”, buoni solo per la gatta del Fredo che era sempre incinta.

Oggi credo possa tornare d’attualità la filosofia del “Gianela” al quale a vent’anni era riuscito di farsi l’auto, una scassatissima Topolino che come minimo finiva dal meccanico almeno una volta al giorno. Al “Gianela” venne evidenziata l’antieconomicità del suo acquisto. Rispose, in dialetto: “Spendo troppo dal meccanico? Io mi abituo e poi compro una Giulietta”.

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