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Sport

SINCERITÀ E VERGOGNA

ETTORE PAGANI - 03/03/2012

Di tutto potrebbe necessitare il gioco del calcio meno che delle “Buffonate”. Il termine non vuol far il parallelo tra il cognome del prestigioso portiere della Nazionale e le dichiarazioni che lo stesso ha rilasciato in merito a quale sarebbe stato il suo comportamento dopo il gol (sacrosanto) non concesso al Milan nel corso dell’incontro con la Juve. Vuole, invece, riferirsi ai commenti o – se si preferisce – ai contorni che le stesse dichiarazioni hanno fatto scaturire.

È arcinoto che Buffon, nell’affermare di non essersi accorto se il gol segnato da Muntari fosse, o meno, regolare ha aggiunto che anche ove si fosse accorto che la palla aveva varcato la linea bianca non si sarebbe precipitato dall’arbitro a sottolineare la validità della rete rossonera magari supplicando di ritirare la sua precedente decisione di non convalidarla.

Insomma – ha voluto dire il giocatore – sincero, solitamente sì, ma in odore di beatificazione per il momento ancora no. Ora sulla serietà di Buffon come sportivo non si può, certo, discutere. E anche in questa occasione il giocatore ha rispettato un criterio di sincerità di assoluta normalità visto che proprio la dichiarazione opposta avrebbe potuto essere facilmente viziata del contrario: di essere di comodo, insomma. È pacifico, infatti, che il 100% degli interpreti di un’azione di gioco avrebbe pensato esattamente come Buffon peccando di insincerità ove avessero affermato il contrario.

Logicissimo e soprattutto sincero, quindi, il comportamento del portiere.

Tra le buffonate (senza virgolette) possono, invece, chiaramente classificarsi i contorni ancor meno accettabili se provenienti da organi preposti alla categoria arbitrale che si sono improvvisati censori di una dichiarazione chiara e semplice. Si è, quindi, tuonato sulle prossime radicalità degli interventi arbitrali (quasi ammettere che sin’ora ci si era adagiati su una – pur inaccettabile – permessività?) pretendendosi la collaborazione dei giocatori. Così ragionando, certamente tralasciando di valutare i casi specifici. Si fa per dire, insomma che un conto è la disponibilità del giocatore di dichiarare (a proprio danno) che la palla era finita in angolo contro la decisione arbitrale facendolo notare al direttore di gara e altro conto ammettere (ancora a proprio danno) che un gol non concesso era regolare. E al proposito del resto non pare proprio che alcun giocatore del Milan abbia fatto rilevare all’arbitro che la rete di Muntari annullata era regolare.

Vero è che la sincerità dovrebbe esprimersi a 360 gradi. Vero: ma tutt’altro che logico. Ben altre e diverse sono le situazioni in cui si può pretendere (e si deve pretendere) la collaborazione dei giocatori facilmente identificabili, per esempio, in quelle “fraudolentemente” messe in atto dagli stessi: le cadute volontarie nelle più svariate modalità soprattutto in area, il fallo di mano quasi sempre contestato così come il fuori gioco in una serie variegata e più che nutrita di “menzioni di fatto”. Su queste il signor presidente della classe arbitrale avrebbe dovuto soffermarsi promettendo misure punitive.

Queste e non la sincerità oltre tutto sostenuta dall’affermazione di un mancato accertamento, da parte dell’interessato di come i fatti fossero accaduti.

E chi come Cesare Prandelli, in fatto di serietà, sincerità e lealtà non ha mai scherzato ha riassunto il tutto rispondendo ad una domanda, per la verità anche un po’ risibile, circa la possibilità di togliere i gradi di capitano a Buffon con un preciso ed eloquente “non mi passa neppure per la mente”. Sincerità per sincerità.

Mentre tra una polemica e l’altra sua maestà Platini ancor più retrogrado di Blatter insiste a considerare fatto che costituisce reato la presenza della moviola in campo motivando il parere contrario con il fatto che il gioco viene spezzettato.

Meglio, allora, che i risultati (e, se del caso) i campionati siano falsati?

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