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Società

TRAPIANTO DELLA PACE

SERGIO REDAELLI - 19/10/2018

Il dottor Mishaly di Tel Aviv

bambino Il dottor Mishaly di Tel Aviv

Quando la scienza vince le passioni. Non è il caso di scomodare Galileo e la teoria eliocentrica, la vicenda è molto più recente, è contemporanea, anzi notizia di oggi. In un ospedale di Tel Aviv, il cuoricino di un bambino ebreo ha salvato la vita a un piccolo palestinese (anche se la prognosi non è ancora sciolta data la complessità dell’intervento). Il trapianto della pace, lo hanno ribattezzato. E i familiari di entrambi i piccoli si augurano che possa contribuire a riavvicinare i due popoli che in queste ore registrano una recrudescenza di violenze sulla striscia di Gaza.

È accaduto nel centro medico Tel ha-Shomer dove l’equipe del dottor David Mishaly ha condotto il delicato intervento sul piccolo Mussa Assaqra, sei mesi, affetto da una grave malformazione cardiaca. Per lui, ricoverato in un ospedale di Ramallah in Cisgiordania dove i trapianti sono quasi inesistenti, non ci sarebbe stata speranza di salvarsi se un bimbo israeliano di diciotto mesi non fosse morto e i genitori non avessero acconsentito a donarne il cuore. Per quello che passerà alla storia come il primo trapianto di cuore tra neonati israeliani e palestinesi.

Al Tel ha-Shomer come in altri ospedali di Israele, le equipes mediche formate da dottori e infermiere sono miste, composte da arabi ed ebrei. “Da noi non c’è politica – spiega il dottor Mishaly – Qui siamo un’isola di pace, ci impegniamo a curare chiunque”. Ad una sola condizione. Mussa avrebbe potuto ricevere la donazione solo se non ci fosse stato alcun bambino israeliano in lista d’attesa prima di lui. Una circostanza che si è puntualmente verificata. Non è il primo caso da libro Cuore che si verifica tra i due popoli.

Yuval Nizri, undicenne israeliana morta in un incidente stradale salvò cinque persone con la donazione dei suoi organi, tra cui una bimba palestinese. Tre israeliani, due bimbi di cinque e sette anni e un uomo di cinquantacinque, sono guariti grazie alla donazione del fegato e dei polmoni di un bambino palestinese. E durante l’Intifada del 2001 i genitori di un giovane palestinese ucciso hanno donato gli organi del figlio a cinque pazienti di un ospedale israeliano.

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