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Cara Varese

IGNORANTE NO, DISTRATTA SÌ

PIERFAUSTO VEDANI - 09/11/2018

utopiaHo solidarizzato con chi ha lavorato con grande impegno alla preparazione del Festival dell’utopia, per poi vedere tradita dal pubblico l’iniziativa.

Non ci si aspettava adunate, ma almeno attenzione da chi ha affidabili basi culturali o magari anche semplice curiosità, da chi non trascura incursioni nei mondi del sapere.

Tanta solitudine e un così triste abbandono hanno portato gli organizzatori del festival a pesanti giudizi su una Varese che mi è sembrata quella della metà del Novecento, impacciata tartarughina che faticava a lasciare il guscio di capoluogo di provincia, nel quale era stata ficcata non molti anni prima e dopo le battaglie indipendentiste di Giovanni Bagaini, fiero giornalista, e i clamorosi successi anche internazionali, delle industrie.

Capisco chi ha affermato che siamo una città ignorante, spero accetti alcune mie osservazioni nelle quali mi avventuro anche se so di non appartenere a élite culturali.

Inevitabile la forte reazione perché ci si è trovati davanti a una situazione inattesa. Chi ha lavorato ai vari e accattivanti temi del festival evidentemente giudicava la nostra comunità matura per una esperienza del genere: infatti in molte altre iniziative culturali non tradizionali a Varese erano state viste sensibilità e partecipazione, insomma nulla faceva presagire la tristezza della solitudine di conferenzieri- tra l’altro di livello molto elevato- e di organizzatori del festival.

Questa città l’ho vista crescere grazie ad alcuni suoi figli, raggiungere traguardi impensabili, ma ne ho conosciuto anche il declino in momenti storici e politici di grave difficoltà, ma ho constatato

che mai sono state tradite la sensibilità, la partecipazione a tutto ciò che è grande o piccola cultura. E in particolare mai sono stati lasciati soli i primi esploratori o innovatori del sapere: sempre infatti hanno avuto epigoni degni che hanno contribuito a dare spessore alla Varese oggi presunta ignorante.

Dall’ambiente alla musica, dal teatro al cinema e ai cineforum che sono di grande profilo, dagli scrittori ai poeti, dagli attori professionisti ai teatranti che non giudichi mai dilettanti, dagli storici, molti di livello nazionale, agli studiosi di mondi più piccoli, da una solida scuola tradizionale a un ateneo che in campo internazionale ha presentato autentiche stelle della ricerca scientifica e anche medici che aldilà dell’Atlantico fanno onore a chi li ha istruiti a Varese. Tutti, e sono tanti, hanno un invidiato “made in Varese”

Ma si è fatto cultura anche nelle espressioni di semplice divertimento come la movida con ricerche e studi su temi musicali e di canto.

Per una città piccola si è fatto molto, moltissimo se ricordiamo anche che lo sport professionistico ha attratto e attrae ancora i giovanissimi, salvandoli da illusioni e tentazioni drammatiche.

Non dico ignorante, ma un po’ troppo distratta Varese lo è, per esempio quando deve fare scelte di altro genere, ha una distrazione “politica” alla quale cultura, lavoro e professioni hanno cominciato a non dare più libertà incondizionata.

La conoscenza, che ha i limiti del cronista e non le capacità di analisi del sociologo, della nostra Varese mi induce a suggerire agli esploratori dell’utopia di non rinunciare, ma ricominciare magari dai primi passi, dalle scuole superiori e coinvolgendo altri mondi.

Varese non ha ancora un teatro dignitoso ma è solo per colpa chiara, inequivocabile di una ignoranza certa, quella di chi nei fatti non serve adeguatamente la città. Ma se il teatro da noi ha anche una storia positiva e soprattutto un futuro certo lo deve ad Anna Bonomi, splendida docente mai ricordata adeguatamente, che ha creato una scuola per i suoi ragazzi e l’ha poi aperta alla città e ai suoi giovani.

Oggi per vincere si deve pensare al domani. Che è sicuramente dei giovani intelligenti. Poco tempo fa il Rotary Bodio guidato dal professor Salerno ha fatto un primo passo per i nostri giovani. Non hanno tutti un adeguato senso civico? Nei licei il Rotary ha portato un grande personaggio per parlare della Costituzione, dei diritti e dei doveri dei cittadini.

Si comincia così, forse anche per far bene capire a più cittadini dove porta, ma anche a che cosa serve, l’utopia.

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