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Politica

ULTRAMINISTRO

CESARE CHIERICATI - 21/12/2018

salviniÈ “il ministro di tutto”, o almeno come tale si accredita: dell’interno per legale investitura; degli esteri per timidezza e inconsistenza caratteriale del legittimo titolare Enzo Moavero Milanesi; dell’economia perché si vanta di tendere l’orecchio ai mercati, solo però a quelli di quartiere dove gli zero virgola non contano. È probabile che a breve si auto nomini anche ministro senza portafoglio alle curve ultras di tutti gli stadi italiani. Stiamo ovviamente parlando/ riparlando di Matteo Salvini che sabato scorso si è presentato all’Arena di Milano alla festa per i 50 anni della Curva sud del Milan, il cuore del tifo duro e puro, degli irriducibili, delle Brigate rossonere. Le cronache hanno riferito che gli onori di casa li ha fatti un certo Luca Lucci descritto come l’indiscusso leader curvarolo, con già qualche non lieve condanna a suo carico per spaccio e per lesioni gravi più un discreto numero di indagini aperte. “Indagato tra gli indagati” ha commentato “il ministro di tutto”, tra l’ironico e il compiaciuto, riferendosi ovviamente alla controversa vicenda della nave Diciotti (ndr:, qualche giorno dopo, ha fatto ammenda: “Se lo avessi conosciuto prima, avrei evitato”.

 Che i gruppi ultras siano da sempre un nervo scoperto delle società calcistiche è cosa nota. Nelle curve di tutte le squadre si sono consumati, accanto a un tifo rumoroso e, a volte, fantasioso molti/troppi episodi di protervia, prepotenza, razzismo e inaudita violenza. Con incidenti costati la vita, anche in epoche recenti, a giovani e meno giovani delle contrapposte tribù pallonare. Negli anni ottanta collaborai con un collega a un reportage per la TSI sulla violenza negli stadi, si dovettero ottenere lasciapassare delle locali tribù per poter filmare all’interno delle curve rispettivamente del Milan, della Fiorentina, dell’Ascoli evitando accuratamente di inquadrare – pena la salvaguardia delle apparecchiature di ripresa – alcuni soggetti già tenuti d’occhio dalle questure dei luoghi. Si aveva la sensazione di muoversi in una sorta di extraterritorialità non dichiarata, ma in qualche misura blandita dalle società e tollerata dalle forze dell’ordine. Ad Ascoli Piceno- dove al vertice della squadra sedeva un presidente ultrà come il sanguigno Costantino Rozzi – il Comune aveva dovuto provvedere a una doppia robusta protezione delle porte, con reti a maglia fitta, per evitare che sul portiere avversario di turno piovessero bulloni, biglie e ganci acuminati. Si respirava un clima da guerriglia permanente, un fuoco pronto a divampare per un rigore negato o subito, per un fallo di gioco o per semplice e ottusa contrapposizione di colori e di campanile. Non sembra che nel corso dei decenni ci siano stati apprezzabili cambiamenti di rotta. È infatti di pochi giorni precedente la pensata curvarola del “ministro di tutto” l’assalto a un carabiniere, da parte di ultras laziali, reo di aver difeso un tifoso dell’Eintracht di Francoforte al termine della sfida di Europa League. Le Tv e i social ne hanno dato conto persino in eccesso, ma forse solo Salvini troppo impegnato a twittare di suo non se ne è accorto. È stata l’ennesima guasconata o forse – e sarebbe peggio – l’ennesima provocazione di un ministro delle Repubblica che, per semplice buonsenso e per ruolo istituzionale, non dovrebbe con la sua presenza, avallare in qualche modo gruppi che si muovono sul sottile crinale della illegalità e della sovversione, sia pure originate da malintese passioni calcistiche. Se però, come ormai appare scontato, la visibilità e il consenso a poco prezzo sono la stella polare della sua condotta pubblica e privata aspettiamoci che il 25 prossimo salga vestito da Babbo Natale sui grattaceli di piazza Gae Aulenti a bordo di una slitta volante trainata da renne lapponi e il 6 gennaio appaia in Darsena travestito da Befana nostrana. Per una nuotata alla Mao Tse Tung nei Navigli riscoperti aspettiamo fiduciosi la primavera.

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