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Cara Varese

PRONTO SOCCORSO ALL’UNIVERSITÀ

PIERFAUSTO VEDANI - 25/10/2019

psCi sono modi molto diversi per leggere e interpretare la stessa notizia, si va da attenzione semplice, come la pregressa conoscenza dell’argomento, al “tifo” tenue o forte per una delle parti in causa, per continuare poi con l’ attenzione ai risvolti sociali, economici e culturali riferiti alla comunità o alle persone coinvolte nell’evento.

C’è oggi una azione legale di chi tutela i medici ospedalieri a livello regionale: si impugna la legittimità del trasferimento in ambito universitario della gestione del Pronto soccorso, reparto da sempre ospedaliero. Una svolta non da poco.

Il “Circolo” infatti all’inizio degli Anni 70 aveva voluto ospitare i “corsi pareggiati” di medicina e chirurgia dell’ateneo pavese-di grande e meritata fama- per poi accogliere e sviluppare una nuova e indipendente università, l’Insubria, ricca di due poli, Varese e Como.

L’Università con medicina leader a Varese non solo all’interno dell’ospedale di strada ne ha fatta, è stata ed è una eccellente scuola per migliaia di giovani essendosi sviluppata infatti anche in altri ambiti professionali.

Il nuovo ateneo ha peraltro sviluppato molto la vocazione per la quale era stato chiamato e lo ha fatto superando non poche difficoltà. Quali? Eccole riassunte in un episodio singolare.

Mentre raccoglievo notizie al Pronto soccorso, reparto che contava su una organizzazione formidabile, il primario dottor Ermanno Montoli mi invitò nel suo studio dove mi lesse un articolo di durezza rara sui contrasti tra i medici ospedalieri e quelli universitari. Rimasi sbalordito perché non mi risultava ci fosse da noi una situazione così tesa. ”Infatti – mi disse il dottor Montoli –, questa è una copia dell’ ”Arena “ di Verona di una decina di anni fa”.

Come a dire che il problema delle due anime in un ospedale era vecchio e che tutto sommato a Varese con buona volontà si sarebbe arrivati a una coesistenza molto utile alla collettività.

La grande pace al Circolo non è mai scoppiata, ci sono stati momenti di imperialismo accademico dopo la crisi politica della Prima Repubblica e lo scarso profilo del regionalismo durante il quale il Centrodestra si è rivelato una frana, seguito a ruota da una Sinistra che poco aveva a che fare con quella sostanziosa di anni precedenti. Cessato anche l’apporto di cittadini emeriti alla gestione della sanità, Varese, il suo ospedale e l’ateneo patendo le conseguenze di una riforma sanitaria all’americana (solo chi ha soldi non deve preoccuparsi) ci hanno servito un’assistenza non sempre da primato. Tanto che a volte sulla stampa oggi appaiono lettere di compiacimento di pazienti soddisfatti. Come se non ci fosse guerra per trovare un posto libero nei reparti. E al Pronto soccorso non si trascorressero nella famigerata barellaia ore se non giorni in attesa del ricovero.

Ecco perché leggendo del trasferimento del reparto all’Università pensai subito al colpo gobbo del “Circolo” che si era liberato di un grattacapo tremendo. Lo riconosco, una malignità inaccettabile in un vecchio cronista.

L’azione sindacale è al vaglio degli organi regionali competenti. Un’azione impensabile anni or sono quando ci furono passaggi di gestione di altri reparti: c’era sicuramente più coesione, la scuola medica aveva esigenze di uomini e spazi all’altezza. Una scuola che al Pronto soccorso non si è mai arresa ai mutamenti, agli errori della politica regionale e della sua difficile attuazione, in particolare in un reparto di prima linea dove per i traumi e le patologie internistiche in anni di impegno e di sacrifici si formano silenziosi eccellenti “specialisti”, vera garanzia per la comunità e lo stesso ospedale.

Sono medici che hanno fatto una scelta di vita precisa, e per quanto in anni ho visto io garantiscono il funzionamento migliore del reparto nelle 24 ore. Perché tutti, personale paramedico compreso, sono in grado di affrontare situazioni al limite.

Che sia ospedaliera o accademica la guida non ha importanza se viene rispettata la cultura della formazione medica e del servizio che in oltre mezzo secolo hanno fatto del Pronto soccorso un sicuro riferimento in ambito sanitario e sociale.

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