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Sport

QUEL PALLONE SGONFIO

ETTORE PAGANI - 27/03/2020

Lo stadio Ossola negli anni ’30 del ‘900

Lo stadio Ossola negli anni ’30 del ‘900

Vivere pur vivendo nella paura.

Seconda guerra mondiale. A tenere in piedi il calcio di una zona nord dell’Italia letteralmente spezzata in due, c’era un pallone più sgonfio che mai e per il resto pieno di tristezza che ritornava per cercare di prendere per la coda una tradizione ed una passione che non si voleva abbandonare.

Brutta conoscenza lo “stop” sportivo.

Brutta ma non nuova appunto anche per il terreno di Masnago che come gli altri pagò con il suo scotto durante la seconda guerra mondiale.

L’Italia spezzata in due ma sempre in piedi nel nord con un campionato ridotto a pochissime squadre tra le quali, oltre il Varese, il Brescia, le milanesi e un paio d’altre.

Un campionato così per dire ma che pur pretendeva il diritto di vivere. Tristemente ma vivere.

Sempre per sport e per vivere la passione, anche fuori dallo stadio, con coraggio continuava pattinando sulla pista di ghiaccio che in attesa (lunga) ci si accontentava di sfruttare il freddo della “giazéra”.

Il tutto sperando che non arrivasse la maledetta sirena dell’allarme che avrebbe imposto la cessazione del divertimento cosa che non mancò di capitare una volta in cui interrotto il pattinaggio per l’allarme, mentre ci si dirigeva verso Varese si udì improvvisamente un caccia inglese che a una scivolata d’ala aggiunse una mitragliata che stese vicino alle ferrovie Nord uno sfortunato passeggero.

I pattinatori varesini erano sostanzialmente dilettanti che mai avevano pensato di unirsi in squadra e con appartenenza ad alcun sodalizio.

Accadde però del tutto casualmente, peraltro, ritennero di invitare l’ottima formazione milanese dei diavoli rossoneri per un incontro che fu il primo e l’unico della squadretta varesina.

Tutto continuava per passione quotidiana nell’ambito del quale si sperava addirittura in un freddo notturno (non certo gradito nelle abitazioni) per poter usufruire di un ghiaccio ben levigato e pattinabile.

Il tutto alla “giazéra” finchè non si riuscì a convincere (autentica battaglia) gli amministratori varesini a spostare la sede in località Bettole, in quel PalaAlbani che esiste anche oggi. Il trasferimento a nuovo venne anche per opera di chi scrive con pressanti richieste, come si diceva.

La stessa autorizzazione si ottenne con il passaggio della Casa dello Sport di Via XXV Aprile alla costruzione del Palazzetto di Masnago con adiacente lo stadio del calcio e anche qui si lottò fieramente con la presenza di chi scrive e con la spinta decisiva della “La Prealpina” e della Gazzetta dello Sport”.

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