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Cara Varese

IL POLLO DELLA ZITA

PIERFAUSTO VEDANI - 17/04/2020

polloLèguigno non è capoluogo comunale, solo una frazione con consistente numero di abitanti e ricca dei valori ambientali che si incontrano nelle numerose località della catena appenninica, dalla Liguria alla Calabria.

Di questo terzo loro patrimonio, dopo il mare e le Alpi, gli italiani se ne sono accorti da non molto tempo, da quando cioè l’assalto agli altri tradizionali luoghi delle nostre vacanze è uno stress continuo, insopportabile per chi è arrivato alla mezza età.

L’Appennino reggiano da tempo non è solo recupero psicofisico fatto di frescura, passeggiate e alimentazione basata su prodotti di fama mondiale, ma anche l’incontro con la storia nazionale di ieri e di oggi, e con odierni comparti civici, politici e produttivi che convivono in un ambiente ricco di amore per la cultura e di un passato fatto di eventi che furono e sono pilastri della storia occidentale. Uno per tutti, Matilde di Canossa, per più di 40 anni riferimento della grande storia europea.

Un passato vastissimo con infiniti protagonisti quello del nostro continente, a volte male ricostruito e analizzato: tutti gli storici infatti sono oberati dagli impegni di ricerca su un fronte quasi trimillenario.

È allora normale che in Italia si legga su qualsiasi testo di storia che il primo progetto di cogestione dei massimi poteri venne sancito dalla Magna Charta Libertatum, concessa dal re inglese Giovanni Senza Terra nel 2115 agli inglesi.

È meno normale che sia rimasta in ambito locale la vicenda della piccola Carta di Vallisnera, centro abitato dell’Alto Appennino che difendeva la sua integrità dalle pressioni dei popoli liguri e toscani. La “carta“ democratica con la quale la signoria locale anticipava di ben 8 anni l’iniziativa del re inglese, meritava e merita approfondimenti e almeno la citazione da parte di storici degni della loro qualifica.

Leguigno ha ospitato per anni la famiglia di un grande pilota collaudatore di aerei da caccia, i RE 2000 e RE 2OO1, prodotti dalle Officine Meccaniche Reggiane, tradizionali… “avversarie” della nostra Macchi nella conquista di record di velocità e dei mercati militari.

Il pilota collaudatore leader dei reggiani era Pietro Scapinelli, di origine veneta, ma fatto conte di Leguigno, la cui famiglia era ospite di Virginia Grisanti, madrina di mia moglie (la voleva con sè durante le vacanze estive). E accadeva più volte, durante l’estate, che Scapinelli andasse a fare qualche capriola con l’aereo sopra i giardini dove giocavano i suoi cinque bimbi e la mia futura consorte. Le capriole si concludevano sempre con precisissimi lanci di caramelle per i bimbi.

È molto ricca e serena la storia di Pietro Scapinelli, autentico eroe dell’aria: la si può trovare facilmente con l’ausilio di Google. Reggio Emilia gli ha dedicato una piazza per la sua morte avvenuta nel 1941, all’aeroporto della città a causa di un guasto tecnico durante un atterraggio. L’Italia che chiedeva ai giovani di cercare la bella morte non è riuscita a ottenere risarcimenti da parte dei responsabili dell’incidente.

Ma non è giusto collegare Leguigno solo a una storia dolorosa, ricorderò allora un evento modesto, ma che ebbe le virtuali prime pagine estive degli eventi della montagna.

Grande allarme al “Monte” di Leguigno dopo una telefonata: sarebbe arrivata una persona vicina ai Savoia, per i quali Virginia Grisanti per anni aveva lavorato come assistente. Il cibo in Emilia è cosa sacra, si decise il sacrificio del pollo più bello dei Grisanti: Zita, collaboratrice fidata, l’acchiappò: sapiente e letale tirata di collo seguita da accurata spennatura, infine gas acceso per la tradizionale eliminazione delle piccole piume, operazione che precede l’atterraggio del pollo in una pentola dove sfrigolava il ricco condimento.

Suona il campanello di casa, Zita corre, liquida il visitatore, ritorna in cucina: il pollo non c’è più!!! Ma c’è però un indizio a carico del gatto che se ne sta troppo soddisfatto sulla sedia, accanto alla finestra.

Anche allora non si poteva essere abili come le investigatrici che oggi ci offre la tv: Zita si toglie una ciabatta, si avvicina sorniona al gatto e gli appioppa una botta secca, subito seguita da un miagolio di dolore e terrore del micio che infila la finestra pensando all’imprevedibilità e alla stupidità degli umani.

Zita deve comunicare la brutta notizia alla signora Virginia: esce nel cortile e si avvia verso il giardino, ma si blocca di colpo: il pollo, ovviamente nudo, sta becchettando tranquillo nel gruppo delle galline, per niente scioccate dallo strip-tease fatto dal giovane collega prima di incontrarle. Era successo che la tirata di collo della Zita non era stata fatta come da regola e il pollo era solo svenuto. Ma fu l’inizio di una vita nuova e lunga: sarebbe morto di vecchiaia, trattato sempre come un re. E per parecchio tempo in casa Grisanti non si mangiò pollame. E Zita, che era una collaboratrice aggiunta, continuò a godere dei benefici, consistenti in una camera da letto vicina a quella della padrona e in una botte di vino, 4 quintali circa, che le garantivano il suo nettare preferito per un anno. E nessuno mai la vide ubriaca o non attenta al suo lavoro.

Si dice che nel tardo autunno, Zita avesse invitato il gatto al brindisi inaugurale della nuova botte, ma il micio declinò cortesemente dicendo che nel suo corredo c’erano ancora abiti molto leggeri.

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