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Economia

I NECESSARI ‘ANIMAL SPIRITS’

FEDERICO VISCONTI - 11/12/2020

imprenditoriFlashback. Nel 2011, nel libro “Gli imprenditori – Il valore dei fatti”, scrivevo con Guido Corbetta: “Nel 2020 ci saranno ancora gli imprenditori in Italia? La domanda è ovviamente retorica, perché il nostro sistema economico avrà sempre bisogno di un incessante processo di creazione di nuove imprese e di sviluppo di micro, piccole, medie e anche grandi imprese, guidate da una o più persone capaci di convivere con i rischi connessi all’esercizio dell’innovazione”.

Ed eccoci quà, sul finire dell’annus horribilis. Senza troppi fronzoli: che ne è degli imprenditori?

Francesco Giavazzi sul Corriere del 21 novembre affermava: “Gli imprenditori sono il grande assente nei progetti del governo per far ripartire la nostra economia. La strada prescelta è tutta centrata sullo Stato: purtroppo è facile prevedere che essa porterà a tanto debito e poca crescita. Non c’è infatti crescita senza imprenditori, pronti a rischiare in proprio, questo almeno ci insegna la storia recente”.

Pienamente d’accordo. Senza animal spirits, soprattutto in Italia, non si va da nessuna parte. Ma la strada è in salita! Già la Grande Crisi aveva rovesciato sul sistema manufatturiero un vero e proprio tsunami. La pandemia sta completando l’opera e il rischio che qualche imprenditore decida di cambiare mestiere c’è. Basta guardarsi intorno.

Le variabili che condizionano il futuro della classe imprenditoriale sono tante e non è questa la sede per dissertarne. Per non saper ne leggere ne scrivere, metto sul tavolo la vexata quaestio della legittimazione sociale dell’impresa. Lo faccio prendendo le distanze da valutazioni “polari” sul mestiere dell’imprenditore, tipicamente ideologizzate. Esempio numero uno: “quelli che portano i soldi all’estero, che campano di rendite, che sfruttano i dipendenti”. Esempio numero due: “quelli che se comandassero loro avremmo risolto tutti i problemi del Paese”.

Riconoscere il ruolo dell’impresa significa approfondirne la missione competitiva, indagarne i meccanismi di funzionamento, identificarla come un “luogo” dove si generano posti di lavoro (o si prova a difenderli). Una evidenza dal particolare valore simbolico. Tempo fa ho partecipato ad un convegno in cui il sindaco di Cittareale, paese vicino ad Amatrice, ha testimoniato l’importanza di un piccolo birrificio locale. Per un territorio di duecento abitanti, in un’area così disagiata, cinque posti di lavoro rappresentavano una specie di manna. Tornando verso casa, ho fatto una pensata su come portare la manna al quadrato, puntando alla ventina di dipendenti. Lanciando nuovi prodotti? Aprendo nuovi punti di vendita? Investendo sull’e-commerce? Alleandosi? … Di opzioni strategiche, avrei potuto generarne decine e sono certo che l’imprenditore ne abbia di ben più fondate delle mie, magari non dormendoci la notte, preoccupato dalla scarsità di risorse o dal timore delle reazioni dei concorrenti o da chissà che altro. Il messaggio però deve essere chiaro: a domande di tale tenore non risponde il vuoto pneumatico dei tweet, dei post e dei like! Non risponde la panna montata che ricopre un giorno i banchi con le rotelle e il giorno dopo l’apertura degli impianti sciistici. Non rispondono i navigator, ormai da tempo destinati a prendere il posto di Carneade. Rispondono gli imprenditori, con i fatti, sempre e comunque, lockdown compreso.

A questo punto, non si sfugge: guardando avanti, cosa sosterrà le motivazioni degli imprenditori? La passione? L’ambizione? La ricerca di visibilità? La creazione di un futuro per la famiglia? …..

Per come li conosco, mi giocherei due carte: coraggio e senso di responsabilità.

In sintesi: mestiere difficile quello dell’imprenditore, rischioso e meritocratico, a maggior ragione da quando il vento dell’economia non soffia più a favore. L’Italia è cresciuta attorno a questo “mestiere” e non ne può fare a meno. Dovremmo ricordarcene più spesso.

Post scriptum. Il libro finiva citando Churchill (“Molti vedono l’impresa come una vacca da mungere, altri come un nemico da abbattere. Io la vedo per quella che è: un cavallo robusto che tira una carretta molto, molto pesante”) per poi commentare: “Con la crisi, il cavallo si è indebolito e la carretta si è ulteriormente appesantita. Per questo, oggi più che mai, gli imprenditori in Italia hanno bisogno dell’aiuto di tutti. Non lasciamoli soli” …… Trascorsi quasi dieci anni, che dire de “l’aiuto di tutti”? Che si stava meglio quando si stava peggio? Se si guarda all’inflazione di “vedute corte”, alla fertilità della burocrazia, alla rigidità dei sistemi formativi e della rappresentanza …… la risposta è una sola. E non necessita di grandi spiegazioni.

Federico Visconti, Rettore Liuc

 

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