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Società

RICONOSCERSI

EDOARDO ZIN - 09/04/2021

predica

Il cardinal Cantalamessa alla Predica del Venerdì Santo

“La causa più comune delle divisioni tra i cattolici non è il dogma, non sono i sacramenti e i ministeri: tutte cose che per singolare grazia di Dio custodiamo integri e unanimi. È l’opzione politica, quando essa prende il sopravvento su quella religiosa ed ecclesiale e sposa una ideologia, dimenticando completamente il valore e il dovere dell’obbedienza nella Chiesa”. La voce chiara, dal timbro deciso ma dolce, del cardinale Cantalamessa risuona nello spazio dell’altare della Cattedra, ove si svolge la funzione del Venerdì Santo presieduta da Papa Francesco e concelebrata dai cardinali residenti a Roma. La denuncia del predicatore della Casa pontificia si espande in tutta la grande navata, si divulga in ogni parte del pianeta, trasmessa dagli organi di informazione.

Le parole sono rivolte a tutta la cattolicità, ma chiama in causa i cattolici di quei paesi in cui hanno militato o militano in partiti che amano definirsi “cristiani”. Anche alla fulgida stagione politica italiana, in cui molti cattolici hanno operato in politica illuminati dalla fede, sono subentrati, in alcuni casi, credenti non certo credibili per maturità umana e cristiana e per la loro competenza. Talvolta, alcuni di loro sono stati coinvolti in reati personali e collettivi di notevole gravità, creando relativi scandali nella comunità cristiana. Non sorprende che l’impegno politico dei laici sia sottoposto a miopi logiche di collocazione politica e, molto spesso, a prassi clientelare o mafiosa. Don Milani diceva che nei cattolici italiani molte parole politiche non sono state apprese né confermate: politica come servizio, politica come ricerca del bene comune, politica come gratuità. Senza contare i molti che, anche in tempi recenti, hanno fatto della fede un’ideologia da ostentare in pubblico piuttosto che tradurla in opere di misericordia.

Terminata la stagione dell’unità, l’opzione politica – soprattutto in Italia – è divenuta motivo di rivalità, di contrapposizione, se non di demonizzazione dell’altro che pur si dichiara cattolico. L’arroganza ha preso il sopravvento sulla fraternità, che è fondamento dell’unità, l’indifferenza sulla carità che si esprime in uno stile di vita che accoglie tutti, che ricerca il bene comune, che agisce con la pazienza dei piccoli passi e con la speranza che deve sorreggere tutti anche nei momenti bui che stiamo vivendo, durante i quali i credenti devono associarsi agli uomini che Dio ama per fecondare di bene la società.

La fine dell’unità politica dei cattolici in un unico partito è ormai accettata come fatto irreversibile. Paolo VI scrive nella Octagesima adveniens (1971): “Una medesima fede cristiana può condurre a impegni diversi”. Questo impegno, però, deve fondarsi su una sincera aspirazione a implementare i valori evangelici dell’uguaglianza fra gli uomini, i loro diritti inalienabili, la solidarietà e la condivisione dei beni, l’universalismo e non solo l’esclusivo contesto nazionale o addirittura locale, l’abbandono della sopravvalutazione del ruolo e dell’importanza dell’economia e del mercato, la valorizzazione e il rispetto del creato.

In poche parole, il cristiano impegnato in politica deve segue l’esempio di Gesù: stabilire uno stretto collegamento fra l’amore per Lui e l’amore del prossimo perché è “da questo che vi riconosceranno”.

Il card. Cantalamessa ha continuato: “Ai tempi di Gesù esisteva una forte polarizzazione politica. Esistevano quattro partiti: i Farisei, i Sadducei, gli Erodiani e gli Zeloti”.. I farisei erano nazionalisti, non apprezzavano le idee e le culture straniere, si arroccavano sul passato. Osservavano la legge in modo legalistico. Erano i nemici di Gesù perché predicava un Regno di Dio universale che, se attuato in terra, avrebbe distrutto la loro esclusività e cancellato i loro privilegi. Avversari dei farisei erano i sadducei, aperti alla cultura internazionale allora corrente. Per lo più rappresentavano i ricchi e i dirigenti. Gli erodiani erano coloro che sostenevano la dinastia di Erode, fedele a Roma. Gli zeloti erano zelanti difensori dell’ortodossia e dell’integralismo ebraico. “Gesù non si schierò con nessuno di essi e resistette energicamente al tentativo di trascinarlo da una parte o dall’altra. La primitiva comunità cristiana lo seguì fedelmente in questa scelta”. Oggi i cattolici possono schierarsi tra cattolici conservatori e cattolici democratici purché tra di loro regni il dialogo, abbandonino anacronistici e ridicoli atteggiamenti di rivincita; ci sia rispetto reciproco, tralascino il linguaggio incattivito e non venga mai meno la forza della carità, del seme sparso, del lievito che fermenta e del sale che insapora la storia quotidiana.

Alcuni cattolici desiderano dar vita a un partito d’ispirazione cattolica. Atteso da molti, lo possono fare purché non coinvolgano la Chiesa e lo facciano come cittadini, guidati dalla loro coscienza, a loro rischio e pericolo, ma a tre condizioni: che il nuovo partito sia di alto profilo culturale ed etico, che i pastori non si interessino di forme e strategie partitiche rivolte a ottenere privilegi, ma a educare comunità e singoli fedeli ad essere autentici profeti nel mondo che cambia, che i fondatori vigilino nello smascherare la “malpolitica”,di cui alcuni sono stati anche complici. Non potranno mancare nell’eventuale nuovo partito l’amore preferenziale per i poveri che chiedono giustizia e non solo assistenza, il rispetto della laicità dello Stato che significa non assumere atteggiamenti arroganti e offensivi nei confronti di chi prende decisioni non sempre conformi alla morale cattolica.

Un’ultima osservazione. Nell’omelia del venerdì santo, il predicatore della Casa pontificia ha preso spunto dalla tunica indossata da Cristo “fatta a pezzi dalla divisione tra le Chiese – ma – quel che non è meno grave – ogni pezzo della tunica è stato suddiviso, a sua volta, in altri pezzi”. Perché non pensare ai nuovi movimenti che hanno conosciuto una forte crescita tra gli anni ottanta e novanta sull’onda del favore esplicitamente espresso da papa Giovanni Paolo II, il quale ha promosso piuttosto ampiamente il modello, senza troppo sottilizzare rispetto ad alcune situazioni critiche che i suoi successori hanno dovuto controllare a fatica?

In questo attuale momento di crisi non solo sanitaria, ma economica, sociale, educativa, morale l’impegno dei cattolici non consente né tentennamenti, né discussioni intellettualistiche, né rimpianti sul passato, ma responsabilità per agire da cattolici in politica perché il Vangelo e l’insegnamento di papa Francesco hanno molto di significativo e di urgente da donare a tutti gli uomini.

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