Widgetized Section

Go to Admin » Appearance » Widgets » and move Gabfire Widget: Social into that MastheadOverlay zone

Politica

FUORI LE MURA

EDOARDO ZIN - 16/07/2021

carderdo-papafrancescoE’ una serata settembrina del 2013 in cui tutto sembra profumare di nuovo se nell’aria freddolina non persistesse una vena pronunciata di una turbolenza tipica della Lorena, la regione che da alcuni giorni mi ospita per partecipare alle celebrazioni per il 50° anniversario della morte di Robert Schuman.

Sono seduto in macchina e alla mia destra c’è il cardinale Péter Erdo, arcivescovo di Budapest e presidente del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa. Ha partecipato alle manifestazioni e, conclusesi, ha chiesto di poter incontrare un gruppo di giovani per intrattenersi con loro. A me è toccato l’incarico di accompagnarlo presso la Gioventù francescana, dove l’attendono una quindicina di giovani.

Mentre la macchina s’inoltra nella campagna mosellana, tra me e l’illustre porporato s’instaura una conversazione. “Sa – mi dice a un certo punto il cardinale – non condivido il suo intervento d’oggi. Il cristianesimo in Ungheria è iniziato sì quando il re Stefano il Santo si fece incoronare dal Papa in cambio del dono alla chiesa di un vasto appezzamento di terre, ma quello che lei ha chiamato “cristianità” è divenuto successivamente un cristianesimo popolare che ha resistito ai tentativi di invasione islamica, ha subito la barbarie nazista, l’annessione sovietica, da cui ha tentato di affrancarsi con la rivoluzione del 1956.

 Con l’ingresso dell’UE, la nostra popolazione è venuta a contatto con l’Europa occidentale e da voi abbiamo conosciuto il nichilismo e il relativismo come premio della nostra adesione, punizione che deriva dall’aver voi dimenticato le radici cristiane dell’Europa. Noi ungheresi, come gli sloveni, i croati, i cechi, gli slovacchi, i polacchi, siamo profondamente latini e non bizantini, come talvolta ci credete. Noi non abbiamo vissuto la preistoria della Comunità Europea e abbiamo ereditato una struttura burocratica che ci tratta come gli allievi vengono considerati dal professore. Certi paesi non hanno ricevuto alcun vantaggio dall’adesione all’UE, al contrario il loro livello di vita è peggiorato. Altri paesi vivono una situazione di dipendenza simile alla dipendenza dei grandi imperi come quello romano-germanico, o dell’impero austro-ungarico, o della Russia o dell’impero ottomano. Così, nello spirito di qualcuno, l’adesione all’UE è vista come subordinazione e sfruttamento da parte di Bruxelles….”

A un certo punto interruppi Il mio autorevole interlocutore: “Eminenza, quando nella conferenza nel salone del Comune espressi il pensiero che la cristianità era finita e che il cristianesimo doveva rigenerarsi alle fonti del Vangelo e del Concilio non intendevo condannare la storia passata: non ne ho titoli. Pensi che noi in Italia abbiamo avuto uno stato pontificio fino al 1871 e che la questione romana ha diviso i cattolici tra intransigenti e liberali e ancor oggi c’è chi invoca un intervento più diretto di Benedetto XVI negli affari dello stato italiano e chi, al contrario, accusa il suo segretario di Stato di ingerirsi troppo nella politica italiana. Sì, le radici cristiane dell’Europa si sono avvizzite, ma in certi nuovi germogli scorre la linfa viva e vitale del Vangelo. Comprendo il senso di preminenza delle chiese cattoliche dell’est nei nostri confronti – “la chiesa del silenzio”, la chiamavamo fino a poco tempo fa – perché avete vissuto l’esperienza del martirio: siete chiese povere, con pochi mezzi economici, scarse strutture, ma è proprio questa povertà che costituisce una ricchezza per una comunione con le chiese dell’ovest. Temo che siate tentati di rinchiudervi nella vostra fortezza per custodire il prezioso dono della fede che desiderate non sia contaminato dalla nostra secolarizzazione.”

Se ho ricordato questo episodio di vita è per poter cogliere uno dei motivi dell’inesorabile processo di allontanamento dal sistema liberaldemocratico dell’ungherese Orbàn. Mentre in alcune parti dell’Europa, grazie al modo inclusivo di associare tutte i frazionamenti nell’unità, sono rifiorite le minoranze (penso ai gallesi, ai fiamminghi, ai bretoni, ai baschi…), e con esse le tradizioni culturali locali che stavano scomparendo nell’omologazione nazionale, in altri paesi dell’est sono prevalsi il localismo e il desiderio di riaffermare la sovranità della nazione sul senso di comunità e dei suoi corollari come la solidarietà e la sussidiarietà.

Anche con ciò si può spiegare la costruzione di frontiere e la negazione dei diritti civili alle minoranze dei “diversi” da parte di Orbàn. Sia ben chiaro: Orbàn non ha voluto concedere “l’identificazione sessuale percepita e manifestata in sé in relazione al genere, anche se non corrisponde al sesso” (come si vorrebbe qui in Italia!), ma ha negato i diritti umani e la protezione delle persone omosessuali, che hanno pari dignità delle altre persone. Con la domanda d’adesione all’Unione Europea ogni paese si impegna a rispettare la democraticità, non solo elettorale, ma anche costituzionale   fondata sui diritti universali dell’uomo. Da troppo tempo l’Ungheria manifesta tendenze non democratiche nella gestione del potere, nel controllo dei mezzi di comunicazione, nella manipolazione del sistema giudiziario, nelle modalità con cui Orbàn affronta il problema dei migranti. Da qui l’istanza di sanzioni chiesta alla Corte di Giustizia di Lussemburgo da parte della Commissione.

E la Chiesa? In Ungheria, la Chiesa Cattolica assume anche un ruolo civile. Il nazional-cattolicesimo di Orbàn, che fa parte della chiesa riformata, non è accettato dalla maggior parte dei vescovi, il cardinale Erdo ha ribadito l’autonomia della Chiesa e più volte ha ribadito che la nazione non va concepita in termini esclusivi. Per il momento temporeggia, ma molti cattolici attendono la visita di papa Francesco nel prossimo settembre con la speranza che sia l’inizio di una nuova evangelizzazione, il primo passo per seguire Gesù fino sulla croce, dove cielo e terra sembrano separati, fuori le mura, dove si incontrano gli altri non per fagocitarli, ma per incontrarli, dove si incomincerà con loro un dialogo, primo seme che, se interrato con amore, darà frutto e entrerà nell’orizzonte della cattolicità.

Facebooktwittergoogle_plusredditpinterestlinkedinmail

You must be logged in to post a comment Login