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Politica

BAGGIANATE

EDOARDO ZIN - 15/10/2021

Barriera al confine tra Ungheria e Serbia

Barriera al confine tra Ungheria e Serbia

La gioia scaturita per la concordia dimostrata da tutti i paesi dell’Unione nell’approvare il piano detto Next Generation EU rischia di essere offuscata dalla lettera inviata dai ministri degli interni di dodici paesi al presidente di turno, il ministro degli interni della Slovenia, nella quale si chiede che si possano innalzare barriere, reticolati ai propri confini esterni per proteggere le loro frontiere, i loro valori, la loro nazione dal pericolo dell’invasione di stranieri (non si sa se rifugiati o immigrati economici).

I paesi che vogliono recintare il loro territorio sono i paesi del patto di Visegrad (Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria e Slovacchia, l’unica che ha adottato l’euro!), Austria, Cipro, Grecia, Lituania, Lettonia, Estonia, che fanno parte dell’eurogruppo e Bulgaria e Danimarca, che pure continuano ad usare la moneta locale (il lev bulgaro e la corona danese). Questi paesi vorrebbero che a finanziare la costruzione di queste frontiere fosse l’UE.

Se ciò avvenisse, sarebbe il naufragio dell’Unione che potrebbe portare alle acque infide dello scontro degli interessi nazionali contrapposti, contrariamente a quella che fu l’intuizione vincente dei padri fondatori e che tale rimane anche oggi, specie dopo il lungo processo che ha rafforzato la legittimazione democratica delle istituzioni europee. Non disconosco o minimizzo le ragioni per le quali fasce crescenti delle opinioni pubbliche europee fanno valere la loro insoddisfazione o la loro delusione per non aver ancora l’Europa istituita una comune politica dell’immigrazione, ma vorrei ricordare che fu il Consiglio Europeo, cioè i capi di governo dei paesi membri, che nel luglio 2018 bocciò la riforma dell’articolo 2 del trattato di Dublino e un’equa distribuzione dei migranti fra tutti i paesi membri. Invece di scialacquare fondi europei per l’edificazione di muri non sarebbe più degno di un’Unione distribuire quei fondi per accogliere e integrare quanti abbandonano i loro paesi in guerra o cercano scampo dalla fame e dalla violenza o subiscono condizioni climatiche impossibili e sono costretti a lasciare la loro terra e i loro affetti?

Sia ben chiaro: l’UE non discute la tutela dei legittimi interessi nazionali in un quadro di non prevaricazione con quelli, altrettanto legittimi, degli altri paesi. Il problema non è di adattare taluni aspetti della vita dell’Unione, ma quello del metodo con il quale 27 paesi possono convivere ed avanzare insieme senza che la sola dimensione nazionalista lo renda impossibile. “Gli stati hanno il diritto e le responsabilità di tutelare i loro confini. E si trovano nella migliore condizione per decidere come farlo, fintanto che rispettano le regole dei Trattati. Se uno Stato membro ritiene che sia necessario costruire una recinzione, lo può fare”. – ha dichiarato la commissaria agli affari interni, la svedese Ylva Johnsson. È sottinteso: purché lo stato di diritto e i diritti fondamentali, tra cui il diritto d’asilo, vengano rispettati, così come hanno dichiarato di attenersi tutti i paesi al momento dell’adesione all’Unione.

Se in Europa tutti volessero imporre la propria visione, alla fine non solo non vi sarebbe una visione condivisa nemmeno tra coloro che oggi credono di avere, ma lo scontro sarà prima o poi inevitabile. Non credo che all’Europa integrata d’oggi esistano altre alternative valide, stretta come essa è tra la risolutezza di Putin per il consolidamento globale della Russia e la potenza economica cinese.

La sentenza, infine, della Corte Costituzionale polacca secondo la quale il diritto nazionale prevale su quello comunitario – subito applaudita dall’ungherese Orbàn – fa semplicemente sorridere. È una vera e propria baggianata, che uno studente universitario di diritto internazionale può smontare con due parole!

Se un paese membro vuol uscire dall’Unione, lo può fare liberamente. I britannici stanno già sperimentando il costo di questa decisione. Bisognerebbe spiegarlo alle opinioni pubbliche nazionali e – perché no? – ai sovranisti di casa nostra…

 

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