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Economia

FORZIERE

GIANFRANCO FABI - 29/10/2021

risparmioVenticinque miliardi di euro. Una cifra importante. È il livello dei depositi affidati alle banche in provincia di Varese. Un livello che è cresciuto del 10% negli ultimi dodici mesi a causa delle minori spese dovute alle misure adottate per contrastare la pandemia. Una tendenza che si è registrata in tutta Italia e che ha visto crescere i depositi molto più velocemente degli impieghi saliti solo di poco più del 2%. Si è confermata così una tendenza già presente prima del Covid: la sempre minore propensione agli investimenti. Il rapporto tra impieghi e depositi è sceso al 79% (cioè ogni cento euro risparmiati 79 sono ritornati come finanziamenti alle famiglie o alle imprese), un livello che fino a tre anni fa era superiore a cento (le banche cioè finanziavano le attività economiche anche attingendo ad altre fonti).

Questa fotografia della realtà finanziaria varesina ha qualche luce e molte ombre. La luce è data dal fatto che il risparmio è ancora una virtù e che questo risparmio nasce da un’ancora forte capacità di produzione del reddito. Le ombre sono costituite dalla sempre più scarsa capacità di mobilitare le risorse finanziarie per sostenere le imprese e la ripresa dell’economia: i capitali restano inerti e lo stesso mercato finanziario non offre grandi prospettive con un livello dei tassi di interesse che si mantiene ai livelli più bassi.

Mobilitare il risparmio sarebbe particolarmente importante in questo periodo in cui sono fondamentali gli investimenti nell’innovazione per mantenere la competitività delle imprese. In un momento in cui torna a crescere la domanda globale e aumentano le opportunità di conquistare i mercati esteri.

Peraltro Varese e la sua realtà economica hanno grandi tradizioni sia sul fronte dell’imprenditorialità privata, sia su quello del finanziamento degli investimenti di pubblica utilità.

Si può ricordare come la linea ferroviaria Gallarate-Varese che completava il collegamento con Milano, fu inaugurata il 26 settembre 1865 e fu uno tra i primi casi in Italia di ferrovia costruita a spese delle comunità amministrative locali, sostenute sotto varie forme dal risparmio privato e, in piccola parte, anche dai banchieri Rothschild che già quell’epoca erano un punto di riferimento per la finanza.

Le Ferrovie dell’Alta Italia, società pubblica del neonato Regno d’Italia, ritenevano più utile il collegamento con Sesto Calende per realizzare la linea del Sempione. In effetti Varese a quel tempo aveva poco più di diecimila abitanti e non appariva finanziariamente produttiva una linea ferroviaria per così poche persone. La scelta dei varesini di forzare la mano mettendo mano al portafoglio si è poi rivelata molto utile contribuendo alla crescita economica e sociale di tutta la provincia.

Un esempio da seguire anche per continuare a far fruttare quello che i nostri antenati hanno seminato più di centocinquant’anni fa.

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